Il Re di Carnevale viene scortato dai cavalieri in costume e prende in consegna le chiavi dal sindaco della città per dare inizio alla festa e ai divertimenti. “Semel in anno licet insanire”, ovvero “Una volta all’anno è lecito impazzire” dicevano i romani e così a Ronciglione, in provincia di Viterbo, si è ripetuto il rito folcloristico più famoso della Tuscia.
L’evento che caratterizza questa antica tradizione del viterbese, vicino al lago di Vico, è la Corsa dei Berberi che si è tenuta nella città di Roma fino al XIX secolo. Quel tipo di cavallo proveniente dal Nord-Africa era stato importato dai Romani ed utilizzato nelle competizioni al Circo Massimo. Lì la corsa si svolgeva per otto volte, quanti erano i giorni della durata del famoso carnevale, e si concludeva il martedì grasso con l’avvento della Quaresima. I cavalli senza fantino venivano lanciati al galoppo al tramonto. Da Piazza del Popolo percorrevano Via del Corso fino a Piazza Venezia. Al proprietario del cavallo vincitore andava in premio un drappo di stoffa ricamata. In quegli otto giorni era lecito trasgredire rispetto al resto dell’anno (addirittura a ridosso della Quaresima le commedie teatrali venivano proibite per salvaguardare lo spirito pasquale).
Nei giorni del carnevale torna a rivivere nel comune del viterbese la corsa dei Berberi, abolita a Roma e a Siena. Per circa 1 km, 18 cavalli, senza sella e senza fantino, sono lanciati al galoppo e si contendono lo stendardo per le vie della città. Due sono i momenti culminanti della corsa. Il Cantone del Gricio una curva particolarmente impegnativa che l’animale dovrà affrontare e la ripresa ovvero la cattura dei cavalli una volta che hanno oltrepassato il traguardo. Le maschere, i balli e la sfilata dei carri allegorici con i pupazzi in cartapesta e in vetroresina sfilano per la città che ha circa 9.000 abitanti e che sorge sui Monti Cimini. Sfilano anche le otto squadre mascherate ognuna proveniente dai paesi della provincia accompagnate da bande. Sfilano anche gli Ussari a cavallo in ricordo delle invasioni napoleoniche ed i Nasi Rossi, una confraternita di buontemponi con camicia da notte e zuccotto e naturalmente i bambini con le loro maschere. Con la simbolica cremazione del Re di Carnevale, che ritornerà comunque l’anno prossimo, si conclude la festa folcloristica ronciglionese.