La risposta di don Antonio Sciortino sul senso del dolore innocente

Su Famiglia Cristiana (n. 51 del 21 dicembre) è apparsa questa mia lettera: “Storiacce, buon Dio, storie terribili che ti restano addosso, che ti si imprimono nella mente. L’immagine degli occhi innocenti del bimbo di otto anni ucciso, forse, dalla sua mamma nel Ragusano, ti resta dentro, buon Dio, ti resta dentro. Lo sai, buon Dio? Se tu mi avessi detto prima della creazione: «Voglio creare l’universo e su un piccolissimo sperduto pianeta mettere gli uomini a mia immagine e somiglianza, e le piante e gli animali. Però… questo comporterà grande sofferenza per tutte le creature, e potrà anche accadere che una madre possa uccidere il suo bimbo. Potrà anche accadere», lo sai buon Dio? Io ti avrei risposto di lasciar perdere. Ma quel che è fatto è fatto, non si può tornare indietro. Però, una preghiera voglio rivolgertela: «Buon Dio, se questo povero mondo deve ancora, per troppo tempo, essere afflitto da tanta sofferenza, se milioni di creature innocenti dovranno ancora patire le pene dell’inferno, fa’ che la fine del mondo venga al più presto, porta tutti con te in paradiso, assieme agli angeli e non se ne parli più»”. Il direttore, don Antonio Sciortino ha risposto così: “Di fronte ai mali del mondo, soprattutto quando il dolore si accanisce su piccole vittime innocenti, viene spontanea la voglia di ribellarsi e chiedere conto dell’ingiustizia della sofferenza a un Dio che sembra sordo, silenzioso e impotente alle nostre suppliche. La stessa fede è messa a dura prova. Come Giobbe saremmo tentati di maledire il giorno stesso in cui siamo nati. Ma come lui, così torturato e trafitto negli affetti e nelle cose più care, sappiamo di poter ritrovare un senso in quel grande amore di Dio, che ha assunto il dramma della sofferenza umana nel Figlio crocifisso”. Ed ecco la mia replica: “No, caro direttore, io il senso del dolore innocente nel grande amore di Dio, non lo trovo. Leggendo il vangelo, comprendo il senso della sofferenza del Cristo innocente, capisco che cosa voleva dire Gesù con queste parole: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore ci rimette la sua vita per le pecore… E io ci rimetto la mia vita per le pecore… Per questo il Padre mi ama, perché io ci rimetto la mia vita per riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma io ce la rimetto da me stesso» (Gv 10, 11ss). Capisco che cosa voleva dire con queste parole: «E' necessario che il Figlio dell'uomo soffra molto…sia messo a morte e risorga il terzo giorno» (Lc 9,22). Ma poiché non vedo la necessità che un bambino soffra e muoia, non posso comprendere il senso della sua sofferenza e della sua morte”.

Francesca Ribeiro

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