Non c’è una legge che tuteli l’immagine dei minori morti, e c’è chi sguazza nel fango

Il 9 ottobre del 2009 il direttore di Avvenire scriveva: “Le vostre lettere, cari amici, sono ovviamente solo alcune di quelle piovute in redazione tra mercoledì notte e ieri sera. Un fiume in piena gonfio di lacrime e di indignazione, di sgomento e di ribellione. Spero che cresca sino a travolgere gli scintillanti argini dello stagno televisivo e giornalistico, ribollente di feroci o stomachevoli scoop e di troppe brutalità mediatiche. Si dia spazio alla buona tv e al buon giornalismo che, pure, esistono e sono ben possibili e non solo nel servizio pubblico. Ma soprattutto, prima ancora dello stile e dei contenuti, si ritrovi il senso della pietà umana”. Il direttore si riferiva alle numerose lettere di protesta e di indignazione per le trasmissioni spettacolo delle televisioni sull’uccisione di Sara Scazzi. Come accade che dopo un terremoto arrivano puntuali gli sciacalli, così accade che dopo un omicidio soprattutto di bambine o bambini, arrivano i conduttori televisivi. Non devono fare informazione, giacché questa si fa nei telegiornali e sui quotidiani, devono fare trasmissioni di approfondimento. Ovviamente perché ci sia suspense è necessario che non si conosca subito l'autore del delitto. Bruno Vespa, il signore dei plastici di Cogne, del mestolo e dello scarpone di Cogne, ha fatto scuola. Ieri, in una sola giornata, gli appassionati sono potuti entrare nel salotto di Vespa, nel salotto di Marco Liorni e nel salotto di Gianluigi Nuzzi. Questa volta il cibo succulento, il miele, la linfa delle trasmissioni di sprofondamento nel fango, è la disgrazia di Santa Croce Camerina. Non c’è una legge che ponga limiti a questo sciacallaggio, non c’è una legge che tuteli l’immagine dei bimbi morti, e i conduttori televisivi possono sguazzare indisturbati nelle sventure altrui.

Renato Pierri

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