Va al medico che ha raccontato il genocidio in Rwanda, il XXX Premio Pieve Saverio Tutino

Folla per il regista Ettore Scola che ha ricevuto il Premio città del diario

È il maggio del 1994: Gaddo Flego è un giovane medico che, da poco tornato in Italia dal Ciad, decide di partire, insieme a Medici Senza Frontiere, per il Rwanda. La sua memoria di questa esperienza nel Paese africano devastato da una sanguinosissima guerra civile – che ha portato al genocidio della popolazione Tutsi – si è aggiudicata il XXX Premio Pieve Saverio Tutino.

Il riconoscimento è stato consegnato questo pomeriggio sul palco di Pieve Santo Stefano (Arezzo), al termine della manifestazione che ha visto, come ospite d’onore il regista Ettore Scola, al quale l’Archivio dei Diari ha attribuito il Premio Città del Diario 2014. La memoria scritta da Gaddo Flego ha conquistato la giuria nazionale che lo ha decretato vincitore con la seguente motivazione:

La Giuria Nazionale del Premio Pieve Saverio Tutino ha deciso di assegnare il premio della edizione 2014 a “Tra i sopravvissuti. Rwanda 1994”, memoria di Gaddo Flego. Ad appena trentuno anni, ma con una lunga esperienza già maturata in Ciad, l'autore, medico fiorentino al servizio di Medecins sans Frontières, parte per il Rwanda nel giugno del '94, nella fase più cruenta del genocidio dei Tutsi. Raggiunta la città di Nyamata, un piccolo centro nel sud est del paese che ospita inizialmente circa 8.000 profughi, Gaddo, insieme ad una ridottissima équipe, cerca di riorganizzare il sistema sanitario della zona, muovendosi tra l'ospedale locale, un nuovo ambulatorio e tre orfanotrofi di fortuna aperti per far fronte agli arrivi sempre più massicci dei profughi. La sua memoria racconta, con uno stile severo, asciutto e quasi cronachistico, una esperienza che lo porta quotidianamente a contatto con la sofferenza, l'ingiustizia, la morte, ma anche con le contraddizioni delle organizzazioni non governative. Senza mai cedere alla retorica del dolore e al cosiddetto “protagonismo umanitario” il testo ha il merito di offrire uno sguardo di prima mano sul genocidio dei Tutsi e di superare la logica dominante, fino allo scorso decennio, della equidistanza tra le due forze in campo. Tra le pagine della memoria affiora anche la denuncia esplicita del ruolo ambiguo e reticente svolto dalle grandi potenze europee, preoccupate non tanto di fermare il genocidio, quanto di preservare l'incolumità degli occidentali.

La giuria segnala inoltre il carattere sincero, autentico ed emblematico della autobiografia “Il vaccaretto” di Giuseppe Anice: il gesto di Giuseppe che a settacinque anni, dotato della sola seconda elementare, decide di raccontare per iscritto la propria vita per affidarla al ricordo dei figli e dei nipoti riassume in modo ideale il senso e la storia dell'Archivio Nazionale del Diario che proprio quest'anno compie il suo primo trentennio di vita.

Folto il pubblico ad accogliere il regista Ettore Scola, al quale è stato attribuito il Premio Città del Diario, riconoscimento che l’Archivio riserva ogni anno a esponenti del mondo della cultura che, nella loro carriera, si sono distinti per il contributo offerto alla conservazione della memoria collettiva.

Durante il pomeriggio è stata inaugurata anche la “Stanza di Rabito”, nuovo spazio espositivo che si trova all'interno del Piccolo museo del diario (palazzo Pretorio) e realizzata da dotdotdot. Presenti il sindaco di Pieve Santo Stefano Albano Bragagni, l’onorevole Marco Donati, l’assessore alla Cultura della Regione Toscana Sara Nocentini, l’arcivescovo della diocesi di Arezzo, Cortona e Sansepolcro Riccardo Fontana, la responsabile dell’Area patrimonio storico della Fondazione Telecom Italia Anna Rosa Galassi, il direttore generale per le biblioteche, gli Istituti culturali e il diritto d’autore del Mibact Rossana Rummo.
(seguiranno foto)

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