Le tragedie del Medio Oriente e l’incomprensione di un amico ebreo

Gentile direttore, a seguito di una mia lettera pubblicata dal vostro (e nostro) quotidiano, in cui mostravo indignazione per i massicci bombardamenti israeliani su Gaza, e per la conseguente devastazione e sofferenza e morte di tanti innocenti, un amico ebreo, indignato per la mia indignazione, mi ha fatto a mo’ di rimprovero la seguente domanda: “Hai scritto a qualche quotidiano a proposito dei massacri dei Cristiani in Iraq?”. Non l’ho fatto, potrei anche farlo, ma come spiegargli la differenza? Il pensiero che la mia modesta voce, unita a quella di mille altri, possa giungere al governo israeliano e persuaderlo di cercare vie pacifiche per fermare Hamas, è pura illusione. Il pensiero che la mia voce, unita a quella di mille altri, possa giungere ai fanatici islamici e persuaderli a non perseguitare i cristiani in Iraq, è pura follia. L’amico ebreo non capiva inoltre perché criticassi il governo d’Israele e non Hamas. Ma da chi dovrei aspettarmi maggiore responsabilità, senso morale, se non da chi presumo abbia a un dipresso la mia stessa cultura, la mia stessa visione del mondo, il mio stesso Dio? A chi dovrei parlare?
Elisa Merlo

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