Intervento in aula sen. Francesco Giacobbe

Presidente, Onorevoli Senatrici ed Onorevoli Senatori
Intervengo oggi in aula in discussione generale, su quello, che io considero il momento più alto che ci possa essere per un legislatore e cioè la riforma della costituzione.
E’ un momento storico per l’Italia. Numerose riforme, attese e necessarie, finalmente arrivano in Parlamento proponendo scelte coraggiose, innovative e, speriamo, in grado di rilanciare fiducia nelle istituzioni, nella politica, nel futuro del nostro Paese.
Io sono orgoglioso di far parte di questo Parlamento che discute, elabora, critica, propone, approva, cambiamenti radicali e fondamentali.
Onestamente, sono anche grato al Governo, ed al presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, che con entusiasmo e forza spinge, incoraggia, impone, questa grande spinta innovativa. Ci vuole coraggio e, nel mio piccolo, farò di tutto per sostenere e contribuire ad approvare i necessari provvedimenti legislativi.
Fatta questa premessa, occorre notare che non tutte le riforme potrebbero andare nella direzione sperata. A volte, eccesso di zelo ed urgenza, potrebbero contribuire a creare difficoltà e complicazioni. Diceva prima un collega, a volte la fretta è cattiva consigliera. Permettetemi di aggiungere che non è solo la fretta il nostro nemico ma anche, e soprattutto, l’atteggiamento di quanti, in nome della giusta esigenza di cambiare, non riescono a valutare le conseguenze di nuove norme e disposizioni.
Oggi stiamo esaminando una proposta di riforma della Costituzione che non solo cambia alcuni meccanismi di operatività del funzionamento del processo legislativo, necessario per modernizzare il sistema parlamentare italiano, ma intacca principi fondamentali della nostra carta costituzionale.
Numerosi colleghi ci hanno ricordato ieri ed oggi l’articolo 1 della Costituzione “La sovranità appartiene al popolo…”.
Quell’articolo (come gli altri) scaturì dalla durissima e lunga lotta antifascista, dalla vittoriosa Guerra di Liberazione, dalla trasformazione dello Stato in Repubblica Democratica con Referendum Popolare e dal voto di una Assemblea Costituente.
“La sovranità appartiene al popolo…”. Secondo me, queste parole hanno un significato semplice: il popolo è sovrano e la sovranità si esercita con il diritto dell’esercizio di voto per eleggere i propri rappresentanti nelle istituzioni di governo. Comuni, assemblee regionali, parlamento nazionale.
I Padri Costituenti lo vollero perché furono conoscitori sulla loro pelle della tragedia del fascismo e molti di loro pensavano ad una democrazia progressiva, cioè partecipata sempre più dal popolo.
La facoltà dei cittadini di scegliere i propri rappresentanti è la sola strada per garantire legittimità e fiducia popolare nella politica e nelle istituzioni dove essa opera. Fiducia che, molti notano, negli anni è venuta meno. Ha toccato oggi i minimi storici.
Io non sono convinto che togliendo il diritto al sistema di democrazia partecipativa, si riesca a ridare fiducia nella politica, nelle istituzioni.
Al contrario, oggi più che mai legittimità e fiducia debbono essere promosse incoraggiando la partecipazione popolare alla politica. L’elezione diretta dei propri rappresentanti ed il contatto personale con le persone elette sono la strada migliore per ridare fiducia e legittimità.
In parole povere, non solo eleggere direttamente i propri rappresentanti politici ma, e soprattutto, essere in grado di scegliere personalmente i propri rappresentanti ed evitare che vivano esclusivamente nei palazzi del potere ma siano continuamente presenti nel territorio in cui hanno ricevuto il proprio mandato.
La riforma costituzionale avrebbe potuto fornire un’occasione unica per cambiare in maniera reale e fattiva il rapporto fra la politica ed i cittadini.
Purtroppo temo non sia così.
Ovviamente passi avanti se ne fanno. Per esempio, il superamento del bicameralismo paritario mi trova in perfetto accordo. Così come sono d’accordo con la trasformazione del Senato in organo dedito anche al rapporto Stato-Autonomie, ma non solo. Il Senato dovrebbe anche essere un ramo del Parlamento e quindi un organo collegiale di carattere rappresentativo-politico mediante il quale il popolo esercita il potere. Come diceva ieri la relatrice Finocchiaro, dovrebbe anche essere una camera di controllo e garanzia.
Sinceramente penso che il nuovo Senato, così come concepito nel testo in esame in questi giorni, non sarà in grado di svolgere questo ruolo.
I doppi, ed in alcuni casi, tripli incarichi dei futuri senatori, la non eleggibilità’ diretta dal popolo, sono due dei motivi di questa mia sfiducia.
Mi sono sforzato capire come possa funzionare il nuovo Senato. Ne ho parlato con numerosi parlamentari stranieri. Ho consultato gli atti dell’assemblea costituente. Ho provato a “modernizzare” il pensiero fra gli altri di Don Sturzo e Gramsci. Non sono riuscito a convincermi.
Non riesco nemmeno a comprendere come un grande partito quale il Partito Democratico possa addirittura proporre una tale riforma.
Però Siamo ancora in tempo per correggere alcuni errori.
In una recente conferenza stampa, il Presidente del Consiglio e Segretario del partito Democratico, correttamente diceva che oramai siamo d’accordo su oltre il 90 per cento di questa riforma. Anch’io penso sia così.
Per arrivare quasi al 100 percento occorre rivedere alcune questioni fra cui i doppi e tripli incarichi, l’eleggibilità diretta da parte del popolo, la riduzione del numero dei deputati. Spero che il Governo si renda conto di queste necessità e che in quest’aula possiamo approvare i cambiamenti.
Io ho proposto e sottoscritto emendamenti al testo approvato dalla Prima Commissione che hanno il fine di:
• Garantire l’eleggibilità diretta dei senatori
• Ridurre il numero dei componenti della Camera dei Deputati
• Ampliare la platea dei grandi elettori per l’elezione del Presidente della Repubblica
• Garantire la presenza di senatori e deputati eletti all’estero nel parlamento italiano
• Garantire il diritto dell’esercizio di voto degli Italiani all’estero per tutti i livelli istituzionali: comuni, regioni, parlamento.
In conclusione, permettetemi di dire che io non penso abbiamo il diritto in questa Assemblea di sottrarre ai cittadini italiani il diritto di eleggere direttamente i loro rappresentanti. Non abbiamo il diritto di trasformare il Senato in un organo senza reali poteri di controllo e garanzia, quasi una Camera dello Stato e non del popolo.
Spero che prevalga il buon senso e non abbiamo a tradire i principi di democrazia partecipativa che hanno ispirato i Padri Costituenti, ispirano le forze progressiste che oggi compongono il Partito Democratico e mi danno la forza e l’entusiasmo di servire i cittadini italiani in Italia e nel mondo.

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