CINQUE STELLE PER UN’EUROPA PIà™ VERA? OPERAZIONE FATTIBILE

Quando il Movimento 5 Stelle si è aggiudicato lo scalpo del Partito Democratico alle Politiche del 2013, sottraendogli il primo posto nei suffragi, almeno alla Camera, i fronti che si schieravano massicciamente contro il voto grillino erano essenzialmente due: quello che, da Sinistra, mirava a sottolineare le contraddizioni del movimento (sui temi della cittadinanza e della partecipazione), anche perché privo della rappresentanza tradizionalmente occupata da Rifondazione Comunista e altre forze di Sinistra, magari più legalitariste; quello dei “riformisti”, che criticava con la stessa veemenza e la stessa ansia da “principe esautorato” il gruppo dei grillini, ma per ragioni diverse: dove arriveranno mai questi cialtroni? Che farà di buono questa massa di illetterati, di personaggi all’oscuro dei sottili segreti della meravigliosa vita politica?
Un anno dopo, bisogna pur riconoscere che il Movimento di Beppe Grillo ha saputo dare incisive batoste simboliche ad entrambi i fronti della saccenteria politicista, dimostrando, sui temi controversi, una grande varietà di opzioni e di posizioni interne (che meriteranno, forse più in là, di giungere a sintesi), e, sugli aspetti legali di riforma legislativa, una grossa produttività e cura agli organismi e ai compiti del Parlamento, sconosciuta a quella stessa filiera dei transitati dalla Prima alla Seconda Repubblica.
Le Europee, anziché fiaccare le attese del Movimento, sembrano rinfrancarle, con buona pace di tanti teorici che dicevano “sarà dura dire -no casta a Bruxelles-… chi se ne accorge?” e che predicavano l’ascesa di movimenti collaterali di varia natura, a canalizzare il dissenso di massa contro una classe dirigente europea buona a dare diktat e a togliere risorse e a pretendere la bisaccia degli Stati nazionali.
Sarà, probabilmente, difficile ribadire il 25% e oltre dei voti: più di un quarto dell’elettorato non è uno scherzo; la grande stampa ha massacrato ogni volta che ha potuto i briganti dei “Cinque-Stelle”. Godono di grandi favori, invece, gli esegeti del nuovo Renzi-pensiero, che è un “ma anche” in stile Veltroni, però meglio digeribile, per la minore età del Premier e per quell’ombra (sin qui solo tale: ombra) di franco pragmatismo. Ma anche i piccoli colonnelli della Sinistra greca, che cercano di restituire a un progetto altermondialista i gradi della rappresentanza in Parlamento e delle risorse politiche e mediatiche, ma con un progetto vago e che enorme presa non sta avendo.
In questo scenario, ogni stabile inserimento del popolo grillino nel novero delle forze che muovono, almeno o all’incirca, il venti percento dell’elettorato in Italia sarà un successo epocale. Persino in un voto d’opinione, di solito poco amato, come quello delle Europee. L’impressione, però, è che, se Beppe Grillo centrasse un rinnovato e più omogeneo sorpasso al Partito Democratico e alle macerie del vecchio PDL (voti in libera uscita, ormai non drenati dalle istanze neodemocristiane di Alfano né dagli isterismi forzisti), sarebbe un risultato sorprendente e da sottrarre all’astiosa e antipatica retorica dei critici di ogni risma. Se il voto ha una sua speranza nella democraticità, di certo non è il Movimento Cinque Stelle l’ostacolo ad essa: al contrario, avrebbe il pedigree per innervarla di un sincero contenuto popolare. Rimosso troppo volte a Sinistra, strumentalizzato o brutalizzato a Destra.

Domenico Bilotti

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