Trascrivo un paio di lettere che noti quotidiani mi pubblicarono al tempo del terremoto a L’Aquila. Alla madre della seconda lettera i nostri politici non hanno restituito il figlio, e questo era impossibile, ma neppure l’amata e bella città. «”Il ramoscello d’olivo sotto le macerie”. E' difficile celebrare questa Pasqua. L'ombra cupa del venerdì santo si è estesa sulla domenica; nella primavera è rimasta la sensazione del gelo invernale; l'olivo ha perso il suo argento. E' difficile festeggiare. Alle mamme private dei loro figli a L'aquila, non possiamo dire: “Non temete…non è qui…è risorto…Rallegratevi!” (cf Mt 28, 5ss). Sotto le macerie è rimasto il ramoscello d'olivo benedetto». «”Chi potrà mai restituirmi mio figlio?”. «Pensieri la sera tardi di venerdì santo in una tenda da campo”. Sono venuti in tanti gli uomini politici. Sono venuti a consolarci, a portarci aiuto, a farci le condoglianze. Molti si sono commossi; qualcuno ha persino pianto. Lacrime di commozione, non di pentimento. Non sono venuti, infatti, a chiedere perdono; non sono venuti a scusarsi, ché nulla hanno da rimproverarsi: il terremoto non l'hanno provocato loro, e gli edifici che sono crollati non l'hanno costruiti loro. I politici innocenti sono venuti a consolarci a portarci aiuto e a farci promesse. Tante promesse. Ci restituiranno l'amata e bella città, le amate case e le belle chiese e le belle strade. Ma chi potrà mai restituirmi il mio adorato bel figlio?».
Renato Pierri