IL PUNTO n. 485 di Marco Zacchera

Un saluto ai lettori ! Su questo numero – oltre all'invito ad incontrare
Pietrangelo Buttafuoco venerdì a Verbania – alcune riflessioni sulla nostra
missione in Afghanistan che sta concludendosi nel disinteresse generale e
nessun riconoscimento per l'Italia, abbandonata per i Marò e “bocciata” anche
per la segreteria della NATO. Servono queste missioni in tempi di crisi? La
riflessione si impone, così come commentare i “tagli” di Renzi che non toccano
però – ad esempio – tanti sprechi RAI e – mentre si cancellano le province –
nessuno che cominci seriamente a pensare a “tagliare” gli sprechi regionali. Il
voto francese di domenica, che ha visto la vittoria del Front National, apre
prospettive e discussioni anche in Italia e propongo un intervento
dell'eurodeputato Carlo Fidanza.
Sul piano locale un incendio all'Isola Pescatori (dopo che è stata tolto
l'unico mezzo antincendio sul lago per la “spending review”) sottolinea
l'abbandono della periferia. Infine un rinnovato invito a collaborare con
l'avv. Mirella Cristina, candidata a sindaco di Verbania. Confermo infine che
martedì prossimo 8 aprile spiegherò nel dettaglio i motivi che l'anno scorso
portarono alle mie dimissioni (e che poi pubblicherò su IL PUNTO).

Buona settimana a tutti !
Marco Zacchera
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IL PUNTO
di Marco Zacchera
n. 485 del 29 marzo 2014
SOMMARIO:– ADDIO AFGHANISTAN – TAGLI, MA PER TUTTI! – INCENDIO “DOLOSO” –
PASTICCIO PROVINCE – FRONT NATIONAL – MIRELLA CRISTINA CANDIDATA SINDACO A
VERBANIA

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PIETRANGELO BUTTAFUOCO A VERBANIA
Sarà ospite a Verbania venerdì 4 aprile alle ore 21 nel salone di Villa Giulia
a Pallanza il giornalista e scrittore PIETRANGELO BUTTAFUOCO.
Autore di libri di successo come “Le Uova del Drago”ha scritto e scrive su Il
Giornale, Repubblica, Panorama, Il Foglio. E’ stato presidente del teatro
Stabile di Catania ed ha firmato numerose serie televisive su LA7, la RAI e
Radio24. La serata è organizzata da VERBANIA INCONTRA, ingresso libero.

BILANCIO IN AFGHANISTAN, OBAMA E LA BEFFA NATO
Dopo una missione durata oltre 10 anni, 43 caduti sul campo (53 quelli
comunque collegati alla missione), molte centinaia di milioni di euro spesi in
campo militare e civile l’Italia si appresta a lasciare l’Afghanistan. Il
risultato militare è nullo: formalmente si passano le consegne al nuovo
esercito afgano, ma c’è da temere che in poco tempo esso sarà incapace di
tutelare anche il poco territorio dove esercita una specie di superficiale
sovranità. Le lungimiranti e positive realizzazioni civili italiane (tra le
quali 83 scuole, 47 strutture sanitarie, 2 ospedali) saranno devolute alla
Cooperazione internazionale che in qualche modo le porterà avanti, sperando per
il meglio. Il quesito di fondo è: “Ma ne valeva la pena?” A parte il peso dei
caduti (tragedie, ma pur relativamente pochi in rapporto all’ecatombe americana
ed inglese) c’è stata una missione ultradecennale che non ha risolto nulla, non
ha fatto crescere l’Afghanistan in modo moderno ma anzi spesso ricondotto
indietro un paese dove la democrazia, il ruolo delle donne, il diritto e la
legge sono concetti che restano radicalmente diversi dai nostri.
Finimmo nel calderone afghano dopo l’attacco dell’11 settembre a New York
perché l’America doveva dare “una lezione al terrorismo”: non pare che i
successi abbiano minimamente compensato i costi e se è vero che i nostri
militari si sono comportati bene, con impegno ed onore e che sono stati
accettati molto meglio dalle popolazioni locali rispetto ad altri contingenti
internazionali è il fronte “politico” a piangere perché l’Italia non sembra
nemmeno meritare un “grazie” da parte degli alleati. Stiamo in Afghanistan (il
rientro è previsto per fine anno), abbiamo migliaia di uomini e donne impiegati
in Libano e su tanti altri fronti “caldi” dello scacchiere mondiale, spendiamo
ogni anno cifre imponenti per questa presenza, ma l’Italia conta meno di
zero.
A livello europeo nessuno tiene conto di questi costi che pur penalizzano il
bilancio dello stato, sul fronte della pirateria (dove pure abbiamo tuttora
diverse navi a presidio dell’Oceano Indiano) la vicenda dei “Marò” la dice
tutta sulla solidarietà internazionale verso l’Italia. Almeno sul piano di un
riconoscimento politico si ipotizzava che l’ex ministro degli esteri Franco
Frattini potesse diventare il nuovo segretario generale della NATO invece
proprio ieri è stato nominato l’ex premier norvegese. Ma allora perché l’
Italia deve continuare a impegnarsi e a pagare in termini economici e di vite
umane?
Poi arriva Obama e tutti a genuflettersi, con il Presidente USA che –
visitando il Colosseo – è stato capace solo di dire: “Però, è più grande di uno
stadio di baseball!” In quella frase c’è tutta l’ignoranza di oltre oceano, ma
europei ed italiani ormai certe sensazioni non le capiscono (e non le
“sentono”) più: pensiamoci, anche (o soprattutto) per questo siamo in crisi!

TAGLI? ALLORA ANCHE IN RAI…
Giustissimo il tentativo del governo di mettere un tetto agli stipendi dei
supermanager di stato e a quei burocrati dalle non sempre certe capacità che
hanno fatto il loro nido nelle società para-pubbliche, di solito
autoreferenziali di sé stessi. Se però “tetto” deve esserci allora sia per
tutti. Perché invece – per esempio – un artista o un presentatore TV della RAI
(di fatto una azienda di stato) può guadagnare fino a 20 volte il Presidente
della Repubblica?
Se Mediaset (società privata e quotata in borsa) riesce ad essere in utile con
ottimi programmi ed è per di più un servizio gratis per l’utente, come mai
invece la Rai perde soldi pur imponendo il pagamento del canone? Se anche in
RAI si tagliassero i super-stipendi forse molti protestando se ne verrebbero
via ma – dopo poco tempo – ci sarebbe un normale riequilibrio di mercato e i
“big” (o presunti tali) tornerebbero a cuccia con la coda bassa. Certo che se
quegli stessi presentatori o dirigenti sono invece mantenuti per fare la ruota
a certi politici (guarda caso, quasi sempre di sinistra) ecco spiegato perché
non si vuole cambiare mai niente.

PASTICCIO PROVINCIE
Sono sempre stato contrario all’abolizione delle province il cui costo è circa
l’1% della spesa pubblica (le regioni costano 40 volte tanto ma chissà perché
nonostante gli scandali seriamente non le vuole riformare o tagliare nessuno)
soprattutto per la grande confusione che gira intorno a questa vicenda,
diventata tutto uno spot dalla poca sostanza. Ben vengano le “aree
metropolitane” perché tutti capiscono che Sesto San Giovanni, Monza e Milano
sono un’unica conurbazione urbana (ma allora ci dovrebbe essere anche un solo
comune) ma mi dite cosa c’entra Torino “area metropolitana” in cui è inserita
anche il Sestriere o il Parco del Gran Paradiso? Il problema – e lo ripeto da
anni – andava affrontato al contrario: PRIMA stabilire cosa devono fare le
province e solo DOPO stabilire la loro area ottimale sulla base delle loro
competenze. La scelta più saggia era di raggrupparle ma tenerle in vita per le
aree periferiche dove non ci sono comuni grandi e le città sono lontane perché
oggi le province servono per la manutenzione delle strade, lo sgombero della
neve, le scuole secondarie, l’ambiente, caccia, pesca, la formazione
professionale ecc. ovvero materie che non è logico vengano gestite da lontano
ma sul territorio. Macchè, demagogia assoluta e risparmi pari a zero, anzi
nuovi costi se i dipendenti (auguri!) passeranno con inquadramento regionale.
Nessuno comunque che abbia pensato anche ai servizi, quelli che in qualche modo
dovrebbero essere garantiti ai cittadini. Circa poi il pasticcio se il VCO sia
o sarà a meno una “provincia montana” il tutto è delegato ad una diatriba
politica con nel concreto – per ora – il nulla assoluto, come purtroppo
volevasi dimostrare.

L’ISOLA BRUCIA, QUALI RESPONSABILITA’?
Lunedì notte un pauroso incendio ha devastato l’Isola dei Pescatori, sul lago
Maggiore. Una casa è andata completamente distrutta, ci sono stati sfollati,
danni ingenti, per la seconda volta in poco tempo sull’Isola si è veramente
rischiata una tragedia. In nome della “spending review” solo pochi mesi fa il
Ministro degli Interni aveva intanto avuto la bella pensata di togliere al
comando provinciale VVFF di Verbania l’unica motolancia operante sul Lago
Maggiore che serviva tre province ed era l’unico mezzo di pronto intervento non
solo per le Isole Borromee (pensate se un giorno mai prendesse fuoco il Palazzo
dell’Isola Bella…) ma anche l’unico serio mezzo di intervento lacuale in caso
di incendio per centinaia di ville ed edifici direttamente sul lago e non
raggiungibili facilmente dalla terraferma, oltre al rischio potenziale dato dal
trasporto ogni anno di milioni di turisti che viaggiano a bordo dei battelli in
servizio pubblico e privato dove, purtroppo, non sono rari i casi di
incendio.
L’incendio sull’Isola, con l’ idrante di cui era dotato il natante trasferito,
sarebbe stato spento in pochi minuti mentre in questo caso i vigili del Fuoco
sono arrivati con un gommone senza alcuna attrezzatura…e trasportati in piena
notte dal motoscafo di un albergo! . Quando ero parlamentare – protestando non
poco – ero riuscito a fare arrivare la motolancia (oltre ad altro materiale e
ad una autoscala che potesse intervenire ai piani alti degli edifici, prima se
c’era una emergenza in un condominio di cinque piani la scala doveva arrivare
da… Novara!) che nel disinteresse locale è stata appunto recentemente
trasferita a Ravenna nonostante che anche su IL PUNTO avessi sottolineato il
rischio incombente.
La domanda è: ma chi si assume la responsabilità di questi assurdi
“ripiegamenti”? Perché in Italia anziché tagliare i tanti uffici che pullulano
anche all’interno dei VVFF si tagliano invece le attrezzature di prevenzione
incendio? Il dirigente che ha firmato quel trasferimento non dovrebbe essere in
qualche modo responsabilizzato? Circa poi il mio successore on.le Enrico Borghi
(PD), quello che scriveva in campagna elettorale “Finalmente avremo un deputato
che si occupa del territorio”, di grazia, dov’è?

FINANZIAMENTI EUROPEI – IL SUCCESSO DEL FRONT NATIONAL
Venerdì 4 aprile alle ore 21 al Forum di Omega l’on.le CARLO FIDANZA (deputato
europeo fi Fratelli d’Italia – AN) terrà una conferenza sulle normative legate
ai prossimi finanziamenti europei come mezzo di sviluppo per il territorio.
Presenta Luigi Songa e parteciperà anche il tecnico Pier Luigi Genduso esperto
di bandi e finanziamenti europei. Dal suo blog traggo queste note, largamente
condivisibili, sul successo del Front National in Francia domenica scorsa.

La lezione francese: serve un Partito della Nazione di Carlo Fidanza

Puntuali come orologi svizzeri partono i cronisti d'assalto dei giornaloni.
Destinazione: Henìn-Beaumont, il paesone di 26mila abitanti che ha eletto al
primo turno Steeve Briois, un sindaco del Front National di Marine Le Pen.
Successe più o meno lo stesso quando a metà anni '90, ancora saldamente in mano
al vecchio Jean-Marie e lontano dal rinnovamento impresso da Marine, il Front
National sbancò nel sud conquistando i sindaci di Tolone, Marignane, Vitrolle e
Orange (quest'ultimo riconquistato domenica). E via con le analisi sociologiche
e le domande capziose al bar del paese: cosa pensate degli omosessuali? Cosa
pensate del nazismo? Vi fanno schifo gli immigrati? Basta una risposta fuori
posto per far scattare la condanna: se hai votato il sindaco lepenista sei per
forza un estremista, populista, anti-europeista e un po' razzista. Nella
migliore delle ipotesi è l'antipolitica, bellezza.
Quando la realtà e il voto democratico non si conformano all'ideologia dei
salotti, è la realtà ad essere sbagliata: è il solito dogma giacobino, quello
che ha causato milioni di morti negli ultimi due secoli. E questa realtà sta
facendo vacillare i totem del politicamente corretto. Il governo Hollande si è
trasformato dal sogno di cambiare l'Europa a un incubo per i francesi; la
battaglia contro l'Euro e quella che MLP chiama l'EURSS, intendendo con essa il
super-stato burocratico europeo, ha uno spazio tutt'altro che marginale
nell'opinione pubblica; i candidati Bleu Marine non sono più visti come
impresentabili; il FN si conferma una forza interclassista, capace di dar voce
al ceto medio impoverito come agli operai che subiscono i guasti delle
delocalizzazioni; il richiamo al “fronte repubblicano” (l'unità di socialisti e
gollisti) contro il pericolo lepenista non fa più breccia nell'Ump post-Sarkozy
che non solo accetta i voti del FN al secondo turno dove parte in vantaggio ma
si rifiuta di offrire i propri ai socialisti; Marine Le Pen non sfonda soltanto
nelle roccaforti del sud afflitte da problemi di sicurezza e immigrazione
selvaggia, ma si afferma anche nel nord della desertificazione industriale;
Marine Le Pen non sfonda invece dove la destra repubblicana fa la destra,
vicina al popolo e lontana dalle tecnocrazie, come a Nizza con Estrosi e a
Bordeaux con Juppè.
La lezione francese, pur con tutte le inevitabili differenze, ci sprona ad
andare avanti nel percorso intrapreso: serve un Partito della Nazione. Porre
fine alla dittatura delle tecnocrazie e smontare la gabbia dell'Euro per
restituire ai popoli dignità e sovranità è anche la nostra battaglia. Farlo
partendo da destra ma in nome della Nazione, e non di una parte di essa, è
quello che ci distingue dagli altri

ELEZIONI A VERBANIA: MIRELLA CRISTINA
Forza Italia, Lega Nord, Fratelli d’Italia – A.N. ed Indipendenti per Verbania
hanno indicato nell’avv. MIRELLA CRISTINA il candidato a sindaco del centro-
destra per le prossime elezioni comunali.
IL COMITATO ELETTORALE HA SEDE IN VIA 25 APRILE n.7 A VERBANIA INTRA
Chiunque volesse collaborare alla campagna elettorale, avanzare proposte per
candidature o aiutare nella stesura del programma può contattarmi oppure
scrivere a mirellacristina@sindacodiverbania.it
Ricordo che la candidata avv. Mirella Cristina è stata eletta difensore civico
a Verbania dal 2001 al 2009. Non più rieleggibile al terzo mandato per statuto
comunale, è ora consigliera di parità a livello provinciale (ovvero tutela
uomini e donne che subiscono disparità nel mondo del lavoro) e quindi conosce
bene i problemi delle persone e della nostra città.
Mi è piaciuta la sua idea di proporre a tutti i candidati di stendere un
programma comune per le parti di programma condiviso da tutti: un “minimo comun
denominatore” sul quale comunque ritrovarsi. Il concetto di cercare di fare una
sintesi condivisa anziché una lite perpetua trovo sia saggio e positivo,
chiunque sarà eletto sindaco.

UN SALUTO A TUTTI
Marco Zacchera

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