Quando una grande città  come Roma non funziona, dovrebbe intervenire lo Stato

Gentile direttore, è chiederle troppo di provare un giorno a prendere la metro B dalla fermata del Colosseo, direzione Rebibbia? O, qualora non le fosse possibile, d’inviarvi un suo collaboratore? I convogli passano alla distanza di ben otto minuti (quelli della Metro A passano ogni tre minuti), ma entrarvi è impresa ardua, e se infine dopo estenuante attesa di un convoglio con qualche spazio in piedi ancora disponibile, riesce ad insinuarsi nella folla compatta, impresa ardua è resistere senza perdere i sensi. La gente dopo una giornata di lavoro non emana profumo di rose o di gelsomini, e in questi convogli antidiluviani non c’è aria condizionata, e non c’è quindi ricambio d’aria. In più, essendo le vetture piene all’inverosimile, si sta con l’ansia che anche un piccolo qualsiasi incidente possa provocare una tragedia. Dopo otto ore di lavoro, si vorrebbe tornare a casa in un tempo ragionevole, ed invece si torna in famiglia esasperati e stanchi e nervosi. Non è giusto. Si spera sempre, quando cambia un sindaco, che cambi anche qualcosa per i lavoratori costretti a servirsi dei mezzi pubblici, che la città diventi più vivibile, ed è invece sempre una grande delusione. Quando una grande città come Roma non funziona, dovrebbe intervenire lo Stato.
Francesca Ribeiro

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