ITALIANITA’

Dal 1890 al 1996 (dopo il Trattato di Schengen, la circolazione di persone è libera in Europa), ben 28 milioni d’italiani hanno lasciato, per necessità, il Bel Paese. Siamo, ormai, alla Quarta Generazione di nostri Connazionali nel mondo. Con i figli ed i nipoti nati all’estero, il loro numero ha superato i 60 milioni; anche se coloro che hanno mantenuto la nostra cittadinanza sono poco meno di 4 milioni. Una percentuale intorno al 7%. Per anni, poco considerati in Patria, molti nostri Emigrati hanno creduto, col riconoscimento del loro diritto di voto, politico e referendario, dai Paesi ospiti, che il loro profilo d’italianità si sarebbe ristabilito. Non è stato così. Se l’andazzo continuerà come lo conosciamo, non muterà neppure per il futuro. Per gli italiani oltre confine, non esistono diritti acquisiti in Patria e la loro rappresentatività a livello normativo è ancora tutta da dimostrare. Data l’attuale situazione nazionale, gli “Onorevoli” eletti nella Circoscrizione Estero hanno dovuto frenare i loro, già limitati, interventi. Neppure i recenti provvedimenti dell’Esecutivo Renzi hanno tenuto in considerazione le loro necessità, le loro preoccupazioni ed il loro oggettivo isolamento per le cose di pertinenza della Penisola. Certo è che, dopo tanti sacrifici, la nostra Comunità nel mondo è riuscita ad inserirsi. Pur con quattro Generazioni, gli italiani all’estero sono restati, “ufficialmente”, pochi. L’integrazione è riuscita a fornire una nuova dimensione di vita nei Paesi ospiti. Tant'è che molti hanno cambiato cittadinanza e per chi ha mantenuto quell’italiana, al voto nazionale non manifesta particolare interesse. (vedi le basse percentuali dei votanti all’estero). Eppure, limitandoci al Vecchio Continente, gli italiani “veraci” sono circa due milioni. Molti sono figli, se non nipoti, di chi, negli anni’ 50/60, si era recato al lavoro nelle miniere con contratti di “scambio”( braccia per carbone). Le Americhe erano lontane, ma l’Europa era vicina e le sue frontiere s’aprivano alla nostra gente che chiedeva solo pane e lavoro. La dignità sarebbe venuta dopo. Rammentiamo, con profonda amarezza, le scritte che apparivano in certi locali pubblici dell’Europa: “Divieto d’ingresso agli italiani”. Tutto, ora, sembra lontano. Eppure è storia di ieri. Oggi inimmaginabile, ma che ha segnato una Generazione. Ora, in UE, i problemi si sono modificati, pur essendo presenti ancora tutti. E’ di scena il Parlamento Europeo, la moneta unica, La Banca Centrale, ma i nazionalismi, anche in questo 2014, hanno il sopravvento sul concetto di diffusione nei problemi socio/economici del Vecchio Continente. Per noi, si chiudono i Consolati, si riducono i fondi per le scuole italiane oltre frontiera, si penalizza la stampa d’emigrazione; ma si continua a mantenere in vita CGIE e COMITES che dovrebbero, invece, essere adeguati alla bisogna con profonde ristrutturazioni delle quali abbiamo, più volte, espresso il nostro parere. Purtroppo, anche le contraddizioni interne si riflettono sugli italiani d’oltre confine; ma con ben differenti sviluppi. Il diritto d’informazione langue perché il “piatto piange”. L’apprezzamento per chi abbia conservato la cittadinanza d’origine, è indiscutibile, ma è anche inconfutabile, che la posizione d’italiano all’estero non dovrebbe essere equiparata ai residenti nella penisola unicamente al momento del pagamento d’imposte e contributi e, tanto per non cambiare, del voto. Ai Connazionali nel mondo spetterebbe un trattamento più consono al loro stato. Ma quando? E come? Sono interrogativi che non sono stati mai risolti; perché mai affrontati. Quelli che scarseggiano restano i “fatti”. Lo scriviamo perché la Squadra del Dott. Renzi se ne faccia parte diligente. Dentro e fuori al Parlamento della Repubblica.

Giorgio Brignola

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