L’ "INCERTEZZA" DELLA PENA OFFERTA DA UNO STATO INCAPACE DI PROMUOVERE LA LEGALITA’ NELLE SUE CARCERI

L'aumento dei giorni in meno da scontare, da 45 a 75, con il beneficio della “liberazione anticipata” , rappresenta l'incompetenza a percorrere la strada maestra per ridurre il sovraffollamento.

Napoli, 28 gennaio 2014________________________Nelle carceri italiane si continuano a subire vessazioni e umiliazioni che giorno dopo giorno privano l'essere-detenuto della propria dignità, bene inviolabile di cui lo Stato non può disporre. Vessazioni e umiliazioni dovute al sovraffollamento dei nostri istituti, luoghi tra l'altro spesso non idonei ad ospitare persone nel rispetto dei principi costituzionali e delle norme dell'ordinamento penitenziario. Le condizioni igieniche precarie e la ridotta mobilità favoriscono patologie, che non trovano risposte adeguate, ma si aggravano a volte fino alla morte. Mentre per la disperazione si arriva spesso al suicidio. Tale situazione viene subita senza alcuna protesta, per non incorrere in rapporti disciplinari che non consentirebbero l'applicazione del beneficio della “liberazione anticipata”, quarantacinque giorni di detenzione in meno – di recente diventati settantacinque, grazie al decreto-legge varato la scorsa vigilia di natale – ogni sei mesi scontati. Lo Stato incapace e inerte aumenta l’offerta e, in cambio delle sofferenze patite, riduce ogni anno di pena scontata a sette mesi. Per comprendere: una condanna a 5 anni di reclusione, se scontata senza protestare, diminuisce a 3 anni e un mese. Non è poco.
Il Governo e il Parlamento, disinteressati e immobili per la vergogna nazionale delle nostre carceri, hanno reso ancora più appetibile il beneficio della “liberazione anticipata”, istituto previsto per incentivare la partecipazione dei detenuti a piani di recupero e rieducazione, ma nell'impossibilità di applicazione di tali programmi, diventato, nella prassi, metodo di repressione di proteste che sarebbero giuste e condivisibili da parte di coloro che ritengono che il carcere non deve godere di un'extra-territorialità dove non viene rispettata la legge dello Stato.
La recente cronaca, ha portato alla ribalta il caso di Vincenzo Di Sarno, detenuto di Poggioreale , gravemente ammala! to di tu more, che, solo grazie all'intervento del Capo dello Stato, ha ottenuto il trasferimento presso un Ospedale cittadino, dopo che numerose istanze portate all'attenzione della magistratura non avevano trovato accoglimento. Di Sarno non rappresenta un caso unico e speciale. In tutta Italia vi sono detenuti che andrebbero curati fuori dal carcere o che dovrebbero almeno scontare la pena in condizioni che non agevolino l'aggravarsi della malattia. Nulla viene fatto per loro. Il sovraffollamento, la mancanza di risorse, di mezzi e uomini, sono barriere insormontabili, ma anche, a volte, facili giustificazioni per non intervenire concretamente e presto per salvare vite private della libertà, ma non dei loro diritti.
Per i detenuti che non hanno la fortuna di ricevere l’occasionale visita del Capo dello Stato, che da anni , invano, invita il Parlamento a concreti interventi che necessitano di “prepotente urgenza”; per quelli i cui familiari non hanno il numero di telefono del Ministro della Giustizia, non vi sono speranze. Nemmeno l'ammonizione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che ha invitato lo Stato italiano a eliminare il sovraffollamento entro il prossimo 24 maggio, ha scosso i nostri politici che hanno in questi ultimi tempi emanato solo provvedimenti c.d. “svuotacarceri” che non hanno affatto risolto il problema, ma hanno solo sollevato l'indignazione di quella parte dell'opinione pubblica – purtroppo non minoritaria – che, sbagliando, ritiene che le nuove norme sono un “indulto occulto”, ignorando i principi costituzionali che rappresentano le fondamenta di un Paese Civile.
La strada da percorrere è stata più volte indicata dall'Avvocatura ed è oggetto di progetti di legge che vengono continuamente accantonati. Inutili le manifestazioni delle Camere Penali, che hanno proclamato anche astensioni dalle udienze per sollecitare interventi urgenti. Inutili i digiuni dei Radicali, da sempre portatori di questa battaglia di civiltà. Occorre, allora! , la mob ilitazione di tutti coloro a cui sta a cuore il rispetto della legge e la certezza della pena. Si facciano sentire, con forza e con azioni di protesta, anche la Magistratura, l' Università, tutte le eccellenze che applicano e insegnano la Legge, affinché venga recuperata la dignità nelle nostre carceri. Venga chiesto che il Parlamento si occupi in via di urgenza, esclusiva e senza alcuna interruzione, delle morti di cittadini a cui deve essere tolta solo la libertà e non altro, affrontando definitivamente la soluzione di questo cancro della nostra civiltà.
Avv. Riccardo Polidoro – Presidente “Il Carcere Possibile Onlus”

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