Bologna e il dramma infinito delle morti da amianto, il commento della Cinti

La responsabile dell'Italia Dei Diritti per l'Emilia Romagna: “La volontà di andare oltre i paradossi e le contraddizioni, lesivi della dignità delle persone coinvolte, nella maggior parte dei casi costrette ad attendere un tempo infinito per ricevere delle risposte, deve ritornare ad essere centrale, riconquistare la dovuta priorità, per assicurare loro una ben definita tutela, anche a carattere previdenziale”

Bologna, 23 gennaio 2013 – A causa di un mesotelioma pleurico, è morto, all'età di 67 anni, Valter Nerozzi, caporeparto tecnico delle Officine Grandi Riparazioni di Bologna. Dopo una esposizione all'amianto per 37 anni, aveva poco più di un anno fa scoperto la terribile malattia. Secondo quanto hanno fatto sapere i sindacati, Valter è purtroppo una delle 200 vittime che nel corso del tempo si sono avvicendate presso l'OGR. L'amianto, usato sui treni, smaltito progressivamente dagli anni '70 in poi e bandito nel 1992, viene ancora realizzato in alcuni Paesi, come il Canada. A partire dal racconto del coordinatore regionale dei ferrovieri Silvano De Matteo, Nerozzi aveva lavorato fino a Natale, poi era stato ricoverato al Sant'Orsola di Bologna. E' morto in un hospice a Casalecchio. Sempre presso il Sant'Orsola, resta in fin di vita un suo collega di lavoro. Il sindacato ha voluto sottolineare: “Ancora non sono riconosciuti i benefici previdenziali del lavoro esposto all'amianto in OGR. Per i deceduti, e alla diagnosi, scatta l'indennizzo, ma chi non è ancora malato non ha alcun riconoscimento: ora abbiamo vinto cinque cause pilota e siamo pronti con un'altra trentina. L'esposizione all'amianto deve essere riconosciuta, non si può aspettare che ci si ammali, all'ultimo”. Spesso sono necessari diversi anni prima di una diagnosi, ma a quel punto è difficile arrivare a superare l'anno di vita. In merito a ciò, purtroppo, non vi è univoca tutela. E' un dato di fatto, che la dismissione delle suddette Officine è rinviata al 2016, ma nel frattempo i 330 dipendenti e i 150 lavoratori dell'indotto trovano a volte ancora tracce di amianto nascoste all'interno dei magazzini o in alcuni materiali acquistati all'estero dove non vige ancora il divieto.

Luana Cinti, esponente dell'Italia Dei Diritti e responsabile per l'Emilia Romagna, in merito ha commentato: ” La tutela dei lavoratori a contatto per anni con l'amianto, privi di protezioni ed inconsapevoli di fronte all'effetto letale dato dall'esposizione prolungata, deve essere parte integrante di un intervento che punti ad approfondire finalmente il drammatico tema in maniera chiara e univoca, con il coinvolgimento di tutti gli attori preposti a farlo, e superando definitivamente una concezione legata allo stato di emergenza, all'effetto a breve termine della trattazione, alle iniziative non inserite in un piano organico che invece miri a comprendere il fenomeno nella sua complessità, dal punto di vista della prevenzione, delle necessarie tutele per la salute dei lavoratori e rispettive famiglie, oltre che delle modalità attraverso le quali rendere effettiva ed incisiva l'opera di bonifica di tutti gli spazi sparsi sul territorio nazionale, potenzialmente compatibili con la presenza anche minima di amianto. Non parliamo infatti solo di treni, officine, magazzini e capannoni, ma di tanti altri luoghi impensabili, mai completamente liberati dalla pericolosissima presenza, appunto vietata dal 1992. Pure le aree scolastiche, ad esempio, non ne sono del tutto immuni, quindi totalmente sicure, in quanto anche qui sono state rilevate tracce di amianto anche consistenti, sui tetti, nei pavimenti e altro ancora. Qualche tempo fa si venne a sapere di un maestro morto di mesotelioma per le prolungate esposizioni all'amianto presente nei componenti di un fornetto che utilizzava da anni nel corso dei suoi laboratori d'arte. La volontà di andare oltre i paradossi e le contraddizioni, lesivi della dignità delle persone coinvolte, nella maggior parte dei casi costrette ad attendere un tempo infinito per ricevere delle risposte, deve ritornare ad essere centrale, riconquistare la dovuta priorità, per assicurare loro una ben definita tutela, anche a carattere previdenziale. E' oltremodo necessario intervenire, infatti, sui criteri di erogazione degli indennizzi che, a quanto ha ricordato il portavoce sindacale, vengono erogati a partire dalla diagnosi, oppure dopo il decesso. Il mesotelioma è un male che cova nel tempo, e quando viene individuato è troppo tardi. Pertanto bisogna rivedere assolutamente questo fuorviante meccanismo, che di fatto dopo l'immane danno si traduce in una ulteriore beffa per le famiglie. E poi un ruolo fondamentale è certamente rappresentato dall'impegno a favore di una maggior protezione di tutti i dipendenti sul luogo di lavoro, come segno tangibile di un percorso proteso al miglioramento, alla salvaguardia delle loro condizioni di salute, dunque prima che si giunga, purtroppo ancora in diversi casi, a parlare di malattia conclamata. Non si può più attendere, urge prendersi la responsabilità di portare avanti la battaglia in maniera consapevole. Lo si deve a tutte le famiglie che hanno in molti casi vissuto una vera decimazione all'interno del nucleo, a causa di contatti inconsapevoli con le polveri depositate sugli abiti da lavoro di un proprio congiunto, e che col tempo, in modo tanto silente quanto fulmineo, hanno visto portar via anche altri componenti, i quali con quel lavoro, pieno di sacrifici, non avevano nulla a che vedere. La verità come obiettivo e la concretezza negli interventi sono pertanto il punto di partenza indispensabile”.

Ufficio Stampa Italia Dei Diritti Emilia Romagna

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