Un caffè solidale

Un uomo entra in un bar e paga un caffè sospeso. In realtà l’avventore ne paga due ma ne riceve solo uno. L’altro viene lasciato in sospeso per chi, dopo di lui, entrerà in quello stesso bar e chiederà se per caso qualcuno ha lasciato un caffè sospeso. Chi chiederà di quel caffè, offerto da uno sconosciuto, sarà probabilmente una persona che non potrà permettersi di pagare ‘à tazzulella ‘e caffè più famosa al mondo.

Il primo cliente non conosce né vedrà mai il destinatario di quel caffè, così speciale, come anche il beneficiato non conoscerà mai il benefattore. Ma questo poco importa! Quello che conta è il gesto! In quel gesto si concentra la solidarietà umana, la generosità, la filosofia dei napoletani. In quel nobile gesto è racchiusa la consapevolezza delle difficoltà della vita e dell’arte di arrangiarsi.

Quell’atto, che si ripete ormai da anni e che sembrava caduto in disuso, ebbene torna a compiersi in quella che è stata la capitale del Regno delle Due Sicilie. E anzi si diffonde in Italia e all’estero. Complice, forse, la crisi torna l’usanza di lasciare un caffè pagato nei bar della città napoletana nella quale esiste un vero e proprio culto per la bevanda scura come recitava Eduardo De Filippo nella celebre scena della commedia Questi fantasmi. Nel monologo dedicato al caffè il protagonista, Pasquale Lojacono, dal suo balcone, parlava con il dirimpettaio, il Professor Santanna, della preparazione del caffè come di un rituale in grado di dare la felicità ad un uomo e anche una certa serenità di spirito. “..Io, per esempio, a tutto rinuncerei, tranne a questa tazzina di caffè…..Chi mai potrebbe prepararmi un caffè come me lo preparo io, con lo stesso zelo… con la stessa cura?… Capirete che, dovendo servire me stesso, seguo le vere esperienze e non trascuro niente… Sul becco… lo vedete il becco? .. “Sul becco io ci metto questo coppitello di carta… Pare niente, questo coppitello, ma ci ha la sua funzione… E già, perché il fumo denso del primo caffè che scorre, che poi è il più carico, non si disperde”. Così recitava Eduardo intendendo per “coppitello” il conetto di carta che viene posizionato sopra il beccuccio della vecchia caffettiera napoletana, ‘a cuccumella, per trattenere gli odori del caffè mentre è sul fuoco.

Il famoso monologo è un inno al caffè e alla sua preparazione intesa come abitudine che non può essere perduta perché rappresenta, sotto un certo punto di vista, la poesia della vita.

E allora, affinché non vada perduta l’abitudine del caffè sospeso, non dimenticate, quando andrete a Napoli, di pagarne uno. Con questo gesto contribuirete ad alimentare la tradizione e a compiere la vostra buona azione!

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