ddl copertura assicurativa degli infortuni in itinere in caso di utilizzo di velocipedi

Disegno di legge Modifica dell’articolo 2 del Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 giungo 1965, n. 1124, in materia di copertura assicurativa degli infortuni in itinere in caso di utilizzo di velocipedi D’iniziativa dei senatori: LO GIUDICE ONOREVOLI SENATORI. – Il sostegno della mobilità ciclistica dovrebbe ispirare ogni azione delle amministrazioni pubbliche nazionali e decentrate, in ragione dell’alto valore sociale e come soluzione efficace e moderna, a impatto zero, per gli spostamenti quotidiani di una platea di cittadini che in forma crescente utilizza la bicicletta per raggiungere i posti di lavoro, di studio o di relazione.Spesso assistiamo invece a orientamenti, scelte e atti che finiscono per penalizzare proprio la modalità di trasporto che, per le sue caratteristiche intrinseche, dovrebbe ricevere la massima attenzione e tutela. Nonostante l’attuale normativa impedisca una adeguata tutela dei ciclisti, si segnala la nota dell’Inail, Direzione Centrale Prestazioni, n. 8476 del 7 novembre 2011, con la quale si è inteso consentire il riconoscimento dell’indennizzo per infortunio in itinere, qualora il mezzo utilizzato sia la bicicletta, ma come previsto dalla norma soltanto in assenza o insufficienza dei mezzi pubblici di trasporto e per la non percorribilità a piedi del tragitto”.E’ evidente che l’Inail abbia cercato di ampliare le tutele a normativa vigente, tuttavia tale criterio, alla lettera, potrebbe paradossalmente escludere quasi sempre la possibilità del riconoscimento dell’indennizzo, lasciando eccessiva discrezionalità nella valutazione della “insufficienza” o della “percorribilità a piedi”, genericità, del resto, che caratterizza la stessa disposizione dell’articolo 2 del Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 giungo 1965, n. 1124, così come novellato dall’articolo 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38.Inoltre, la suddetta nota evidenzia come la legge ponga una ulteriore condizione restrittiva per gli utenti della mobilità ciclistica, ovvero che l’incidente avvenga esclusivamente all’interno di piste ciclabili o di zone interdette al traffico. Circostanza che rende praticamente quasi irrealistica la possibilità dell’indennizzo, tenuto conto del ritardo che si registra in molti centri urbani rispetto alconseguimento degli obiettivi di cui alla legge 19 ottobre 1998, n. 366, ovvero la realizzazione interventi per favorire la mobilità ciclistica e per la realizzazione di reti di percorsi ciclabili integrati. Le condizioni e le circostanze poste dalla normativa vigente sono talmente restrittive che finiscono per “disincentivare” l’utilizzo della bicicletta per raggiungere il luogo di lavoro, penalizzando proprio il mezzo che non inquina, non congestiona i centri abitati e non rappresenta quasi alcun pericolo per gli altri utenti della strada.La legislazione vigente in materia di infortuni in itinere per quanto riguarda il caso dell’uso della bicicletta non risponde più alle esigenze sociali ed economiche di uno Stato moderno che pone attenzione: – all’impatto ambientale (inquinamento acustico, atmosferico ed emissione del gas serra);– ai costi legati alla mobilità urbana (benzina, ticket parcheggio); – alla tutela della salute dei cittadini (aspettativa di vita più lunga, riduzione dello stress); – alla riduzione del traffico sulle strade (decongestione del traffico, riduzione degli incidenti in itinere). Inoltre, occorre tenere presente che l’attuale crisi economica e la dipendenza dall’estero in materia energetica impone all’Italia di promuovere delle forme alternative di trasporto che incidano positivamente sul consumo e sul risparmio energetico che in questo caso sono rappresentate dall’utilizzo della bicicletta. Nella società del terzo millennio occorre tenere conto dei fattori indicati e liberare dai condizionamenti normativi l’uso della bicicletta, specificatamente dall’utilizzo necessitato della bicicletta durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro quale condizione di indennizzo dell’infortunio in itinere. Si ritiene che la società italiana, considerato il consenso espresso in numerose occasioni da parte dei cittadini e delle associazioni dei ciclisti, sia preparata ad un cambio di paradigma che privilegi l’uso della bicicletta per recarsi al lavoro per i benefici che l’uso di tale mezzo di trasporto realizza a vantaggio delle comunità. In Europa l’uso della bicicletta per recarsi al lavoro è in ogni caso incentivato e promosso al fine di promuovere la qualità della vita dei cittadini. Numerose città europee (Amsterdam, Barcellona, Brema, Copenaghen, Edimburgo, Ferrara, Graz, Strasburgo, Londra ecc.) hanno applicato alcune misure a favore dell’uso delle biciclette con il risultato di ridurre l’uso individuale della macchina e l’emissione di gas con effetto serra, dimostrando così che l’uso sfrenato dell’automobile non garantisce la mobilità della collettività e la salute dei cittadini. Alcuni sondaggi rilevano che i cittadini europei ritengono giusto riservare alla bicicletta un trattamento preferenziale rispetto all’automobile e considerano favorevolmente l’uso della bicicletta rispetto ad altri modi di trasporto individuali. E’ urgente e non più procrastinabile riconoscere in ogni caso ai lavoratori che utilizzano la bicicletta nel caso di incidente la piena tutela derivante dall’infortunio in itinere per l’impatto positivo che tale mezzo di trasporto implica sul benessere sociale ed economico dei cittadini. Con la presente proposta non si chiedono incentivi ma si propone soltanto di eliminare la condizione di mezzo necessitato di trasporto della bicicletta, adoperata dal lavoratore per il collegamento tra abitazione e luogo di lavoro, nell’ambito della normativa vigente in materia di infortuni in itinere per la parte che disciplina l’uso di mezzi di trasporto privato. Sembra semplicistico, ma non lo è, affermare che l’utilizzo della bicicletta ha degli effetti positivi, riconosciuti dalla letteratura e dimostrati da specifici studi scientifici, sui cittadini che la usano, sulle città che favoriscono l’uso di tale mezzo e di conseguenza sugli stati e sul pianeta.Oggi le città ed i centri urbani sono profondamente cambiati e trasformati ed hanno bisogno sempre di più di risolvere alcuni problemi fondamentali, quali l’inquinamento e la congestione del traffico, che possono essere affrontati con una pluralità di interventi, tra i quali assume rilevanza la rimozione degli ostacoli di ordine legislativo che scoraggiano l’utilizzo della bicicletta per recarsi al lavoro.Si fa presente inoltre che le disposizioni del presente progetto di legge, che riprende un'analoga proposta depositata alla Camera dei deputati dall'on. Diego Zardini, non comporta oneri per lo Stato, poiché la copertura è automatica derivante dalla modalità di calcolo delle tariffe come previsto dalle formule normate dalla legge. Da tali considerazioni muove la presente proposta di legge volta a rivedere la citata disposizione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 giungo 1965, n. 1124, al fine di riconoscere comunque il diritto all’indennizzo per chi usa la bicicletta in caso di infortunio in itinere. Art. 1. 1. All’articolo 2, del Decreto del Presidente della Repubblica 30 giungo 1965, n. 1124, il terzo periodo è sostituito dal seguente: “L'assicurazione opera comunque nel caso di utilizzo di velocipedi, di cui all’articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e nel caso di altro mezzo di trasporto privato, purché necessitato.”

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