PRIMA L’ITALIA

Lo abbiamo scritto e, ora, lo ribadiamo. Sui risultati delle prossime consultazioni politiche, pur con una legge riformata, non spenderemo più neppure un rigo. Infatti, non andrebbe a modificarsi la realtà socio/economica che stiamo vivendo. Ed è proprio sulla realtà nazionale che desideriamo porre tutta la nostra attenzione. La Seconda Repubblica, di fatto, è finita. Cassata dai Partiti che ne hanno decretato un’ingloriosa fine. Ma la Repubblica Italiana, quella che è struttura inscindibile dal resto dell’Europa, per nostra fortuna, c’è ancora. Resta, però, la necessità di una svolta definita e che non possa essere fraintesa. Ed è proprio su questo concetto che intendiamo porre la nostra attenzione. A pochi mesi da probabili consultazioni politiche generali, la Penisola è ancora investita da un’incertezza che ci preoccupa non poco. Nei prossimi mesi, varato il patto di stabilità, il Parlamento sarà chiamato a prendere altre decisioni per garantire un orizzonte politico meno sofferto al nostro Paese; anche in ambito UE. Insomma, questa volta il Potere Legislativo dovrà essere messo nelle condizioni di dare a quello Esecutivo le premesse per una stabilità di governo che dovrà essere la struttura portante della XVIII Legislatura. Basta con le “stangate” camuffate da provvedimenti urgenti per “tamponare” la nostra Economia. Basta con le decisioni “impopolari” che, oltre a non risolvere, eccitano gli animi senza ottenere nessun risultato incoraggiante. Ed è proprio su quest’esile linea d’equilibrio che dovranno essere spazzate via le “incognite” che il Governo Letta ha lasciato proliferare sul campo. Per scriverla tutta, non ci dovrebbero essere più prese di posizione “impopolari”. Quelle che, in ultima analisi, potrebbero degenerare nelle frange “antipopolari” del nostro sistema politico. Tra le frasi compiacenti, e le riunioni “oceaniche”, non vorremmo che si concretizzassero le premesse per partorire un’altra “tegola” sulla testa degli italiani. Per sanare la nostra economia, non ci sono cure. Né drastiche, né miracolose. C’è, invece, da ritrovare quell’impegno imprenditoriale che potrebbe garantire una rinnovata fiducia nei confronti di chi, obiettivamente, potrebbe meritarla. Solo una “terapia” propinata nel tempo, inteso come anni, potrebbe risolvere i problemi della produttività nazionale e della competitività internazionale. Le terapie d’”urto” da noi non sortirebbero effetto apprezzabile. Meglio dare spazio ad interventi che tengano conto della “sintomatologia” dei problemi di Casa nostra. In ogni caso, i rischi d’insuccesso ci sono e non sono pochi. Le responsabilità di chi sarà chiamato a decidere restano enormi. Non vorremmo, però, che per il gioco delle “belle statuine”, si ritornasse ai compromessi diversi solo nel nome, ma non nella concreta sostanza. Prima di tutto, e soprattutto, ci sono le esigenze d’Italia e del Popolo italiano.

Giorgio Brignola

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