Mentre il Popolo italiano si prepara a dare fondo agli ultimi risparmi per onorare le scadenze di fine d’anno, ci si ostina a ripetere che la situazione nazionale stia lasciando la pericolosa china e che, dalla metà del prossimo anno, s’avvertiranno i primi segni di “ripresa”. La notizia, pur se intercalata tra tumulti e manifestazioni della più varia natura, continua ad essere all’ordine del giorno. Quando, in un Paese, com’è il nostro, dove il carico fiscale, diretto ed indiretto, supera il 40% dell’imponibile, d’illusioni non se ne fa più nessuno. Non a caso, più del 30% delle famiglie italiane sono a rischiosi “povertà”. Le forze sociali hanno smarrito il controllo degli scioperi e la gente, anche quella più “comune, ” non riesce più a trattenere il suo sdegno verso una classe politica incapace d’assumere precisi impegni nei confronti di un Popolo che è costretto a subire “tutto”, senza ottenere”nulla”. Non è che cambiando gli uomini alla guida dei partiti la situazione possa migliorare. E’ il sistema politico da modificare. Certo è che non è possibile un simile rimedio, quando al Governo restano ancora gli stessi che la “torchiatura” l’hanno, spudoratamente, favorita. I battibecchi e le polemiche di corridoio hanno lo spessore delle “sceneggiate”. Quelle che fanno “piangere” più di quanto possano fare “ridere”. Siamo alla bancarotta e l’anno termina con le consuete Festività che, per necessità, avranno ben poco di consumistico. Oltre gli aspetti religiosi, che rispettiamo, ci sarà ben poco da “augurare” e da “sperare”. La Povertà resta la prima donna di questo Paese che non sarebbe tanto “sfortunato” se fosse guidato da uomini meno vincolati ad una politica insulsa. Tutti, invece, hanno tirato l’acqua al loro mulino ed il “torrente” s' è prosciugato. Solo gli “illuminati” sono riusciti a correre ai ripari per evitare le “secche”. Per gli altri, che sono la maggioranza, il futuro è ancora più incerto. Quando l’imposizione vince sulla comprensione e la disonestà usurpa l’onestà, allora c’à da chiederci se non si stiano indebolendo i presupposti per una futuribile ripresa. La mancanza di lavoro e la difficoltà a far fronte ai comuni impegni della vita la dice lunga sulle reali condizioni della Penisola. E’ inutile tentare d’illudere chi ha già toccato il “fondo”. Le diatribe politiche, vere o presente, non hanno mai risolto. Oggi ancor meno che per il passato. I sacrifici a direzione unica non ci sono mai piaciuti e quelli imposti ancor meno. Troppo c’è stato tolto e sempre meno s’onorano i beni garantibili. Al punto in cui siamo, fare della filosofia di un problema irrisolvibile è un’offesa al buon senso. Non è più possibile prenderci carico di una recessione tanto incontrollata. Il futuro del Paese non è più gestibile. Ora basta!
Giorgio Brignola