Un lettore, su L’Espresso.it del 6 novembre, a proposito delle parole di Papa Francesco: “Se una persona gay cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarlo?”, osserva: “Questa frase é stata considerata come una grande apertura ed é stata addirittura utilizzata per sponsorizzare il matrimonio gay. In realtà il Papa non ha detto nulla di nuovo. Fin dal catechismo si apprende che va distinto l’errore dall’errante e che nessuno ha il diritto di giudicare le persone. La Chiesa non esclude nessuno perché tutti siamo peccatori, ma non possiamo pretendere che cambi il Vangelo o i 10 comandamenti di Dio”. E’ evidente che il lettore conosce poco il Vangelo e poco i 10 comandamenti di Dio, giacché in essi non si trova una sola sillaba contro l'amore omosessuale. Il Catechismo della Chiesa cattolica, infatti, per affermare che gli atti di omosessualità sono peccaminosi, non avendo la possibilità di basarsi sul Vangelo o sui comandamenti, recita: “Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”. E quali sono i testi della Sacra Scrittura? L’Antico Testamento e le lettere di San Paolo. Ma l’Antico Testamento condanna anche un uomo che giace con una donna con le sue regole (cf Lv 15), possiamo sempre prenderlo sul serio? E se dovessimo prendere sul serio S. Paolo, quando parla di “turpitudini d’uomini con uomini” (Rm 1,27), dovremmo considerare seriamente anche l’affermazione: “E’ cosa buona per l’uomo non avere contatti con donna” (1 Co 7, 1). Se la Chiesa si basasse sulla ragione, anziché sulla Tradizione, comprenderebbe facilmente che agli occhi di Dio non può esserci differenza tra amore omosessuale ed amore eterosessuale. Ben altri sono i gravi disordini in questo povero mondo, ben altri i peccati gravi.
Renato Pierri