Ha ragione Papa Francesco ed aveva torto Benedetto XVI

Con il benestare della Santa Sede, e quindi di Papa Francesco, la Conferenza Episcopale Francese ha modificato la versione della parte finale della preghiera insegnata direttamente da Gesù. Il passaggio in cui si recitava “Non ci indurre in tentazione” diventa “Non ci lasciar cadere in tentazione” e la variazione sarebbe stata introdotta per garantire una traduzione dal latino più fedele, di modo che venga sottolineato maggiormente il libero arbitrio concesso agli uomini. Benedetto XVI, nel suo libro “Gesù di Nazaret”, riguardo a quel passo, scriveva: “Con essa diciamo: «Se tu decidi di sottopormi a queste prove, se…dai un po' di mano libera al Maligno…»”. Il che è irriguardoso verso il Signore, giacché gli si attribuirebbe il ricorso ad un mezzo cattivo, sia pure per raggiungere un fine buono. Errore teologico, ma anche esegetico. Così Angelo Lancellotti (Matteo – Edizioni Paoline): “«Indurre» traduce il termine usuale ebraico bô «entrare»…Ciò non allude ad un'azione diretta di Dio nella tentazione…Il senso di quest'appello al divino intervento è di far sì che noi non «entriamo» in tentazione, cioè non cadiamo”. Interpretazione, del resto, data anche dal Catechismo al paragrafo 2846: “Non lasciarci soccombere alla tentazione…Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male”.

Renato Pierri

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