Qualche news fa abbiamo pubblicato gli interventi di Rocco Buttiglione e di Dario Antiseri, uniti nella riflessione di immaginare una formazione politica comune dei cattolici italiani. Personalmente incapace di analisi troppo complicate e poco avvezzo all’immaginare soluzioni originali, mi lascio vincere dal più comune buon senso e affermo semplicemente, candidamente e convintamente disarmato da 20 anni di inconcludenza politica che, dopo 20 anni (appunto dal gennaio 1994 al gennaio 2014): RIFACCIAMO la DEMOCRAZIA CRISTIANA! Non un partito che gli rassomigli e che vada oltre quell’esperienza, NO, dico proprio la vecchia e sempre giovane Balena Bianca. Essa forse sarà un piccolo delfino per dimensioni elettorali, ma, sarà l’unica cosa che sento mia. L’UDC gli è vicino per nome e tradizione e anche per tanti suoi aderenti che vivono di struggente e insopprimibile nostalgia democratico cristiana.
Per i giovani, i miei figli ventenni, sarà una novità assoluta avendo sentito parlare di DC solo nei libri di storia; per i più vecchi (come me!) sarà un ritorno ad un’esperienza critica e criticata, ma vera, produttiva di bene comune in mezzo a tante contraddizioni e peccati (ma chi non li ha avuti in questi vent’anni? Il PD? Il PdL? 5 Stelle?)
Un partito pesante di militanti veri: non mercenari , con 10000 sezioni territoriali fulcro di vita partecipata e democratica, una rete umana e fisica alternativa a quella telematica e virtuale; un partito guidato da gente eletta nei congressi e non di commissari nominati dal centro; un partito con rappresentanti nelle istituzioni che vengono scelti con le preferenze alle comunali e regionali, e con le primarie alle elezioni politiche nazionali se non ci sono preferenze. Un partito che discute di tutto, o quasi, insieme prima di decidere; un partito non verticistico, ma comunitario.
Un partito con poche idee di programma:
lavoro e libertà di impresa; primato della persona e della famiglia sullo stato che deve perdere il carattere di soggetto pubblico assoluto, per restare funzionale ai servizi che eroga (no al meno stato e più società, non basta più, ma niente stato, piuttosto una società che organizza strutture pubbliche finalizzate al bene comune); servizi sociali solidaristici; quasi totale abbattimento dell’IRPEF e dell’IRAP, sostituite da patrimoniali o da tasse di scopo verificabili con la diretta organizzazione di servizi e la realizzazione di opere pubbliche. Troppo radicale?! Sturzo e De Gasperi non sono stati da meno e la verità delle cose lo esige!
Luca Marconi