A 40 anni dal golpe, con Michelle Bachelet “primer mandatario” finirà  la lunga transizione cilena ? *

Il Cile oggi, come molti altri paesi, è alle prese con gli effetti della globalizzazione, che hanno limitato la capacità d’intervento degli stati nazionali condizionandone la piena esplicazione della sovranità e riducendone i poteri. Una questione, questa che si inserisce in un paese che, con la sua specificità storica e geopolitica, è alla ricerca delle sue soluzioni più adeguate per essere in sintonia con i cambiamenti .
La ricerca di nuovi assetti democratici è vissuta come fase di una transizione che più adeguatamente dia soluzione alle richieste nuove e talora inedite che emergono dalle classi sociali.
Il vero grosso nodo sociale che si presenta alle forze politiche nella campagna per le presidenziali è costituito dalla crescita di una classe media oggi molto estesa e resa timorosa dalla pauperizzazione incombente che ha già reso povera larga parte del ceto medio in Europa.
Lo sottolinea Jorge Insulsa** affermando anche che: “una clase media con miedo incertidumbre es también una fuente de inestabilidad política”. Cosa che si cerca di evitare tenendo in serio conto i cambiamenti avvenuti nel blocco sociale che si esprimeva attraverso la Concertation e che da tempo ha fatto emergere esigenze articolate e diversificate cui la presidenza di Pinera non ha dato sbocchi.
Sono molti a ritenere che l’area di centrosinistra può rinnovare la società cilena nel progresso e può raggiungere il risultato di una buona coesione sociale intorno ad un programma di cui si riconosce che garante possa essere la possibile presidenza di Michelle Bachelet.
Il misto di istanze liberali e progressiste, di libertà nella cultura, di libero mercato in economia, condivise nella pratica di governo dei partiti della Concertation alla fine di un lungo periodo ha portato larga parte del ceto medio sulle spiagge di Pinera il cui fallimento politico potrebbe, tuttavia, oggi, spianare di nuovo la strada alla socialista Bachelet.
Piñera sta provocando una perdita di legittimità dell’autorità tale da impattare, non solo sul governo, ma anche di riverberarsi sull’opposizione. La crisi del governo della destra cilena tuttavia non è una crisi di governabilità quanto una crisi politica, una crisi di contenuti politici.
Nel suo programma di governo Pinera aveva fissato ad un’altra data storica un obiettivo di lungo periodo:” Nos proponemos que para el año 2018, bicentenario de la batalla de Maipú, con la cual se inicia la real y definitiva independencia nacional, Chile tenga un ingreso por habitante superior a los 22.000 dólares al año y de esta forma iguale las condiciones de vida de los países del sur de Europa”. Nel 2012 il reddito per abitante era ancora fermo a 16.100 dollari all’anno.
Tra i membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), il Cile registra una delle peggiori performances quanto a eguaglianza nella distribuzione del reddito pro capite. Lo stesso sistema di tassazione non sembra riequilibrare la situazione. E’ la diseguaglianza sociale la questione irrisolta in un paese che pure ha visto ridursi il numero delle persone che vivono al disotto della soglia della povertà, che ha coniugato nel tempo sviluppo economico e stabilità politica e che ha ridotto moltissimo il disavanzo del bilancio dello stato grazie ai proventi della vendita del rame , risorsa nazionale.
Dalla crisi del modello politico occorre ripartire con una progettualità politica fortemente caratterizzata come progressista , adeguata ai tempi e coerente con il disegno di fondo, di avanzamento sociale, condiviso da una sinistra plurale che è andata via via trasformandosi e che a suo tempo si è identificata in Salvador Allende e nel suo progetto di trasformazione democratica verso il socialismo.
Il Cile è oggi un paese sviluppato alla ricerca di nuove basi, per un progetto di riforme di struttura, sostanza di una fase di transizione, per una saldatura convinta fra le aspirazione del ceto medio, oggi perno fondamentale di soluzioni riformatrici, ed una vasta area della società laica e liberale, che esige l’immissione di forti dosi di eguaglianza nelle scelte politiche, oltre la formula del diritto alle pari opportunità degli anni passati. Oggi- osserva Insulsa: “piuttosto che l’eguaglianza delle opportunità si sente l’esigenza molto maggiore di eguaglianza di risultati”.
La crisi in atto, come anche altrove, non è soltanto quella del paradigma neoliberale ma anche la crisi dello stato del benessere. Quale welfare proporre ai cileni è una questione dirimente a partire dalla scuola pubblica per tutti, alla sanità pubblica al lavoro.
L’equità praticata quando si affrontano i dossier del benessere, dello sviluppo, il tema della eguaglianza sono il collante di un possibile, necessario blocco sociale cosciente della esistenza dei movimenti sociali che lo attraversano e che al suo interno agitano temi e pretendono soluzioni alle proprie rivendicazioni. La coesione sociale, un obiettivo ed al contempo un metodo nel pensare e realizzare scelte pubbliche vicine ai cittadini, ritorna come una questione sempre aperta come lo era, in condizioni sociali diverse, all’epoca dei governi di Unidad Popular.
Come nel dibattito politico di questi giorni in Italia appare evidente anche in Cile che il problema non è soltanto vincere, il problema è governare ponendosi obiettivi che siano sufficientemente ambiziosi, tali da determinare cambiamenti strutturali che, al contempo, siano credibili.
Il modello economico da lungo tempo adottato in Cile è imperniato sulla liberalizzazione dei servizi, sulla ridotta presenza dello Stato in ogni settore e su una tassazione favorevole agli investimenti esteri.
Si è formato e si sente un sentimento ampio, un malcontento che è diffuso in specie all’interno della classe media, la quale chiede più spazio politico e maggiore eguaglianza sociale .
Le forti lotte degli studenti ( generalmente provenienti da famiglie della borghesia) per un sistema educativo equo e più accessibile, per una scuola pubblica e gratuita per tutti sono state un indicatore della situazione . Il sistema educativo attuale – considerato, non a torto, dalla classe media come mezzo di ascesa sociale – rispecchia le differenze di classe e perpetua la diseguaglianza. Abbattimento delle rette e investimenti statali nell’educazione secondaria hanno il fine di soddisfare le aspettative di miglioramento sociale promesse da venti anni di crescita economica.
La riforma dello Stato e la maggiore qualificazione professionale dei suoi addetti esige risorse che possono venire da una riforma fiscale equa, così da non più vedere il futuro del paese condizionato dalle variazioni del costo del rame, un paese moderno in cui il sistema pubblico efficace abbia il giusto ruolo. Si può dire che se ciò avverrà allora si sarà chiuso un lungo ciclo con ritorno ai valori progressisti della giustizia sociale e della eguaglianza fra i cittadini . Il rinnovamento del Cile presuppone anche un passaggio dal valore profondamente simbolico al quale la Bachelet non può sfuggire come invece, in parte, per eccesso di realpolitik, è sfuggito il presidente Lagos, a trent’anni dal golpe, con la sua “Propuesta de derechos humanos del gobierno” dell’agosto 2003. La riaffermazione e la pratica per sempre dei diritti umani, la riconciliazione fra tutti i cileni è legata indissolubilmente alla riaffermazione di verità e di giustizia.
In questi ultimi anni anche in Cile è cresciuta la consapevolezza che l’autorevolezza non la definisce la capacità di porre in essere atti di forza o di mero potere quanto piuttosto la fiducia e la credibilità manifestate dai cittadini.
Fiducia e credibilità certamente sono riconosciute alla Bachelet, per la sua storia personale, impersonando la stessa una necessità di cambiamento sostanziale per gli anni a venire, di superamento positivo dei conflitti aperti nel corpo sociale, di recupero di in una visione progressista in cui si dimensioni il bene ed i beni comuni di tutti cileni, La coalizione che sostiene la candidatura della Bachelet ha il tempo , fino alle elezioni per convincere della sua volontà di voler far proprie, tutti insieme, pienamente, le nuove aspirazioni al cambiamento. Le forze politiche che sostengono Michelle Bachelet come “primer mandatario” hanno i prossimi mesi a disposizione per convincere che le risposta progressista alla insoddisfazione che attraversa la società cilena è quella giusta.

**Jorge Insunza.”Realidad Socio Política de Chile”
in Propuestas para un nuevo gobierno 2014-2018

*Rino Giuliani vicepresidente dell’Istituto Fernando Santi.
(santi news)

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