Fino al 1970 se in una coppia si rompeva la necessaria armonia i coniugi erano costretti a rimanere uniti in quanto fino ad allora non esisteva una via di fuga come quella rappresentata dal divorzio.
Oggi oltre a questo strumento giuridico se ne affianca un altro,frutto dell’evoluzione dei tempi,rappresentato dal lavoro femminile. Sul punto si impone una considerazione di sociologia empirica dalla quale scaturisce come effetto una maggiore libertà delle donne nel rompere un’unione quando non è più tale.
Nel passato,al contrario,la posizione di dipendenza lavorativa della donna dall’uomo costringeva quest’ultima a rimanere,in quanto priva di mezzi di sostentamento economico, con il marito,pur essendosi rotta la comunione di intenti fondamento del matrimonio.
Ma cosa significa separarsi oggi,in tempi di crisi economica?
Persone che prima della separazione avevano redditi medi o erano benestanti,dopo la crisi del loro matrimonio sono diventati poveri.
Sono dovute ritornare nelle loro famiglie di origine o sono diventate frequentatrici dei dormitori; è infatti impossibile pagare un affitto dopo aver versato un assegno di mantenimento per i figli o l’ex coniuge se quest’ultimo non lavora.
Spesso a sfortuna segue sfortuna:così la fine di un matrimonio diventa catastrofe patrimoniale.
Per far fronte a questa nuova emergenza sociale sono nati degli speciali condomini ribattezzati “dei papà” destinati ad accogliere questi nuovi poveri.
Questi condomini particolari sono gestiti dai comuni o da associazioni private o ecclesiali.
Gli affitti sono realmente low cost,non potrebbe essere diversamente.
Una riflessione ironica ma amara su questa nuova emergenza sociale è stata la trama di un recente film di Carlo Verdone in cui tre padri separati,costretti a versare quasi tutto quello che guadagnano in alimenti e spese di mantenimento per ex mogli e figli,vivono grandi difficoltà economiche e si ritrovano a sbarcare il lunario come possono.
Una tematica su cui riflettere.