A Roma, sono state presentate tre sole liste di candidati.
In una di esse, i primi tre candidati sono proprio tre componenti del locale Consiglio dell'Ordine, due dei quali hanno -appena quattro mesi or sono- rinunziato alle funzioni in Cassa Forense, optando per mantenere le cariche rivestite in seno al Consiglio dell'Ordine.
Proprio, riguardo alla carica di consigliere di Ordine forense, la recente L.247/12 recita: “La carica di consigliere è incompatibile con quella di consigliere nazionale, di componente del consiglio di amministrazione e del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, nonché di membro di un consiglio distrettuale di disciplina. L’eletto che viene a trovarsi in condizione di incompatibilità deve optare per uno degli incarichi entro trenta giorni dalla proclamazione”.
É dunque evidente che, nella tornata elettorale di settembre, tali candidati null'altro intendano fare se non proporre la propria candidatura ai Colleghi elettori e ciò non già per dedicarsi alla Cassa Forense ed alle problematiche previdenziali della categoria, bensì soltanto per acquisirne il voto e poi rinunziare alla elezione, favorendo coloro che -seppure non direttamente eletti- subentrerebbero grazie al tanto vituperato meccanismo del voto a “lista bloccata”.
È lecito comportarsi così?
Io non lo credo.
Forse, tuttavia, può anche essere lecito: certamente, non é giusto.
Cosa pensare, allora?
“Bisogna che tutto cambi perché nulla cambi”: l'ironica e paradossale espressione del Gattopardo viene solo alla mente: non ci consola affatto.
Il rinnovamento dell'Avvocatura, così come quello del Paese, non passa certo attraverso la logica dell'equivoco e dell'ambiguità.
Necessitano, invece, sincerità, trasparenza e chiarezza, per poter guardare lontano anche quando siamo al buio.
Alessandro Graziani
Avvocato in Roma