Una legge anti omofobia non mette i gay in una posizione di privilegio

La professoressa Gabriella Schina, su La Repubblica del 12 agosto, in una lettera intitolata “Non creiamo categorie protette”, riguardo ad una legge contro l’omofobia scrive, tra l’altro: «Non si tratta di gay, di rom, di extracomunitari, di donne e poi, a me impegnata da sempre non piace affatto che le donne ricompaiano tra le “categorie protette” come certe specie di piante o di animali… Le categorie protette sono sintomo di una società incivile, non si comincia da lì, si finisce inevitabilmente per riconfermare una ghettizzazione». A me sembra che sintomo di una società incivile, è la necessità di ricorrere a leggi contro l’omofobia o il femminicidio o altro ancora. Se non ci fossero incivili che considerano gli omosessuali, le donne o altri, esseri inferiori, categorie da schernire o maltrattare, non ci sarebbe bisogno di leggi. Misure contro l’omofobia o contro il femminicidio mirano ad evitare le ghettizzazione, non a crearla. Riguardo alle donne, la protezione non è quella di cui parla Gianini Belotti Elena in “Prima le donne e i bambini”. Nessun “privilegio” particolare, infatti. Essere difese da chi le maltratta in quanto donne, non è un privilegio, ma un diritto. Una legge in tal senso non mette le persone difese in una posizione di privilegio. Ciò detto, è ovvio che le leggi non bastano, giacché occorre educare al rispetto non in particolare degli omosessuali o delle donne o d’altri, ma al rispetto del prossimo.

Renato Pierri

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