CEFALONIA: LETTERA DAL CILE

La tragica sorte de t. col. Ernesto
Cessari com. te il 17° rgt ftr a Cefalonia ucciso dai nazisti e del
figlio Franco assassinato dai comunisti slavi in Jugoslavia.
Il
Martirio di una famiglia in una lettera dal Cile.
di Massimo Filippini
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Il t. col. Ernesto Cessari (Avezzano 25/11/1891 – Cefalonia
22/9/1943) fu uno dei Comandanti di Corpo (17° rgt fanteria) che -al
pari di TUTTI gli altri- interpellato dal gen. Gandin si mostrò
propenso all'esecuzione dell'Ordine di cedere le armi pesanti ai
tedeschi onde evitare l' inutile spargimento di sangue avvenuto.
Ciò
non impedì ovviamente a Lui come a tutti gli altri di eseguire il
successivo infame ORDINE DI RESISTERE ai tedeschi inviato il 13
settembre dal fuggiasco governo 'Badoglio' che -una volta raggiunto il
comodo rifugio di Brindisi- non esitò ad inviarlo il 13 settembre al
gen. Gandin SENZA UNA PREVIA DICHIARAZIONE DI GUERRA ALLA GERMANIA
avvenuta solo un mese dopo (13 ottobre '43) dietro insistenza degli
Alleati scandalizzati da tale modo di agire nei confronti dei propri
soldati trasformati da tale ordine criminale in 'partigiani' o
'franbchi tiratori' come tali passibili di fucilazione al momento della
cattura come puntualmente avvenne ad opera dei tedeschi.
Testimonianze
d'epoca -riportate da Padre R. Formato- dicono che all'approssimarsi
dei tedeschi al suo comando, invitato dal suo attendente a togliersi i
gradi e confondersi tra la truppa, rispose: “Io sono un ufficiale
dell'Esercito italiano e tale rimango in ogni occasione”.
VENNE
TRUCIDATO SUL POSTO IL 22 SETTEMBRE 1943.
Quanto sopra doverosamente
premesso, ritengo opportuno dare pubblicità ad una email che ricevetti
dal Cile a maggio 2003 dal prof. Primo Siena compagno d'armi -nel
tragico periodo seguito all'armistizio- dei fratelli Antonio e Franco
Cessari figli dell' eroico Comandante che riporto integralmente:
“Egregio Avvocato Filippini,
ho incontrato il suo sito su Cefalonia e
letto con estremo interesse quanto in esso Lei va documentando, per
rendere giustizia ai Martiri di Cefalonia, sottraendoli alla settaria
speculazione partigiana che ha tentato di sfruttare quella tragedia
annettendosene il valore ed il sacrificio. Lei comprenderá quale
emozione abbia prodotto in me il suo sito, al dirle che il sottoscritto
appartenne, volontario sedicenne, al Btg. Bersaglieri “Musssolini”,
indicato anche nel suo sito come il primo reparto organico costituitosi
il 9 settembre nel nord d'Italia a difesa del confine orientale
insidiato pericolosamente dalla pretese territoriali del IX Corpus
partigiano jugoslavo di Tito.
Modenese di provenienza, mi arruolai al
Btg. bersaglieri assieme ad altri giovani fra cui Antonio Cessari,
figlio del Tenente Col. Ernesto Cessari, comandante del 17 Rgt.
fanteria “Acqui” fucilato il 22 sett. '43 a Cefalonia dai tedeschi.
Tanto Antonio, quanto il fratello maggiore Franco, (che lo raggiunse
qualche mese dopo sempre al Btg. “Mussolini” schierato a nord di
Gorizia), ignorarono per tutto il periodo della RSI la fine tragica del
padre ad opera dei militari di quelle forze Armate verso le quali essi
mantennero l'alleanza militare “Per l'onore d'Italia” come recitava
l'insegna del Btg. Essi ne vennero a conoscenza solo nell'agosto
del1945, nel famigerato campo di concentramento di Borovnica (Slovenia),
dove i componenti del Btg. “Mussolini” vennero rinchiusi, dopo la resa
avvenuta il 30 aprile 1945. Qui nel luglio-agosto dello stesso anno
incontrarono alcvuni superstiti di reparti di Camicie Nere che
proveniano da Cefalonia e che li informarono della tragedia colá
consumatasi. Franco Cessari, universitario di giurisprudenza (classe
1925) aveva costituito con altri giovani del GUF la federazione del PFR
di Modena, nel settembre 1943 integrandone il primo triumvirato fino al
gennaio 1944, quando raggiunse il fratello al Btg. bersaglieri.Sergente
A.U. durante la RSI, Franco durante la prigionia assunse, nell'agosto
1945, il comando interno del campo dei prigionieri di Borovnica e nel
novembre dello stesso anno, accusato di aver ordito un piano di fuga
dal campo (accusa del tutto inventata), dopo aver subito bestiali
percosse, venne assassinato con un colpo alla nuca, alla presenza di
tutto il campo schierato per l'esecuzione, ivi compreso il fratello
Antonio.
Io non fui testimone di quel brutale episodio che s'aggiungeve
a tanti altri, perché nel frattempo (fine ottobre) ero stato
rimpatriato con un piccolo gruppo di prigionieri di quel campo compreso
in un elenco della Croce Rossa Internazionale che stava tentando il
rilascio del maggior numero possibile di prigionieri.
Conobbi
l'accaduto, da Antonio Cessari, dopo il suo rimpatrio avvenuto solo nel
1947.
La famiglia del Ten.Col, Ernesto Cessari – che nel 1943 risiedeva
a Modena – perseguitata dopo la fine della guerra dai comunisti
emiliani che ne confiscarono gli averi, dovette spostarsi in provincia
di Como. Antonio, una volta rimpatriato, dovette lavorare
come manovale
della costruzione per alcun tempo, per aiutare la madre e la sorella,
arruolandosi infine nella Guardia di Finanza nella quale prestó
servizio per alcuni anni, essendo destinato durante un periodo proprio
al confine orientale.
Cefalonia, come dimostra quanto Le ho qui
narrato, non segnó – come affermó purtroppo il Presidente Ciampi – la
rinascita di una nuova Patria dopo l'8 settembre 1943. Costituí invece
la morte dell'unitá della patria, lacerata da una dolorosa guerra
civile.
Tale morte fu sanzionata purtroppo da Martiri puri, caduti sui
due fronti. La tragedia della famiglia Cessari costituisce il doloroso
emblema di una lacerazione che – dopo piú di mezzo secolo – non é stata
ancora suturata, soprattutto per colpa del settarismo che,
specialmente
a sinistra, su quella lacerazione ha speculato e continua a speculare
nel tentativo di mantenere il propio potere politico.
Riceva con la mia
stima il piú sincero apprezzamento per la sua azione di
disintossicazione storica.
Mi creda, suo
(Prof. Primo Siena)
bersagliere d'Italia, fidelis fidei
Santiago del Cile, 18 Maggio 2003.

P.S.- Le segnalo il libro di Lionello Rossi Kobau, Prigioniero di Tito,
1945-1946. Ed. Mursia, Milano 2001, in cui da pag. 100 a 105 é
descritto l'assassinio del mio camerata, sergente A.U.,
appartenente al
Btg. bersaglieri volontari della RSI, Franco Cessari (figlio del T.Col.
Cessari, fucilato a Cefalonia) avvenuto alla fine di novembre del 1945
nel campo di concentramento di Borovnica (Slovenia) definito dal
vescovo di Trieste Mons. Santin: “l'inferno dei morti viventi”
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CHE DIRE SE NON CHE OGNI COMMENTO E' SUPERFLUO ?
Chi
vuole capire ha già capito da un pezzo e chi si ostina a non farlo
merita solo disprezzo e compassione.
Massimo Filippini

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