Il racconto ancora vivo e palpitante dei mass-media sui 50 anni dal disastro del Vajont in cui hanno perso la vita 2000 persone , l'ho vissuto in prima persona, come allora impiegato Comit presso la Filiale di Mestre.
Forse allora non sapevo neanche chi fosse il giovane capitano d'artiglieria Angelo Baraldo, ora Generale, attualmente in pensione come me: ricordo solo che, il giorno dopo il disastro, il comando dei Carabinieri di Trento e Bolzano mi dette un permesso per poter “circolare” nelle macerie a bordo della mia ” FIAT 600 bianca”, con la quale ero partito da Mestre.
Dico subito che ero partito da Mestre per accompagnare una mia amica della “TELVE” (così si chiamava la SIP-TELECOM allora) per il ripristino delle linee telefoniche. Alloggiavamo tutti all'Hotel Torino di Pieve di Cadore, ove la “Telve” aveva stabilito il suo quartiere operativo.
Sulla piazza, per terra, centinaia e centinaia di casse da morto…: lo splendore quasi beffardo del sole sembrava allora voler rischiarare la zona operativa, ma si vedeva ..buio, come nel momento in cui si preannuncia un temporale. Il silenzio poi era quello cupo della morte. Dico subito che in questa vicenda di morte mi son trovato lì per caso e cioè, come detto prima, per accompagnare un'amica.
Ma quando mi trovai lì, mi è venuta spontanea una forza ed un desiderio di fare qualcosa anch'io: mi sono aggregato ad una squadra di persone che ora potrebbero definirsi “volontari”.
Fra la puzza dei disinfettanti che mi bruciavano gli occhi, mi sono messo a girare qua e la per rendermi utile. Non solo per devianza professionale (allora lavoravo in banca a Mestre), mi sono avvicinato alle macerie della Banca Cattolica del Veneto (così si chiamava allora) e, senza neppure preoccuparmi di chiedere autorizzazioni o, peggio, di venir scambiato per uno sciacallo, mi son messo a raccogliere vari cartellini in cui c'erano le informazioni sulla “bontà” dei clienti. Per i non addetti ai lavori, è necessario sapere che ogni istituto di credito raccoglie le informazioni della clientela che già possiede e di quella potenziale, allo scopo di conoscere se un nominativo è “gradito” oppure no, oppure per fornirle ad altri istituti.
Ebbene, il mio primo pensiero, fu quello di raccogliere questi cartellini di informazione ove erano segnalati i nominativi a posto, quelli protestati, i falliti ecc.ecc., in modo da “perpetuare” la segretezza. Come ? Ho messo tutto in una grande busta e, rientrato a Mestre, ho consegnato il tutto al Direttore Generale della Banca Cattolica del Veneto, allora il Dott. Lovisetto, il quale, ringraziandomi a nome dell'Istituto, penso abbia poi “triturato” il tutto anche per il pericolo di epidemie. Detti cartellini infatti sapevano da disinfettante che irritava occhi, narici e persino le labbra. Di questo odore, la mia povera FIAT 600, rottamata solo qualche anno fa, ne è rimasto traccia per almeno un mese…
Un ricordo ed una riflessione finali.
Ciò che non potrò mai cancellare dalla mia mente, a parte il dolore dei tantissimi morti gonfiati dall'acqua (un mio amico medico faceva loro delle punture per evitare epidemie), è una foto scolpita nei miei occhi: quella dell'erba stirata come un fazzoletto a ridosso della strada che era stata lambita dalle acque della diga.
E la riflessione è questa:
” Sarei ora in grado, di affrontare uno scenario simile di morte e di dolore ?
Alla mia età, penso proprio di no.