SEN. MONTI QUAL Ȉ STATO IL SUO AIUTO VERSO GLI ITALIANI ALL’ESTERO PER NON STACCARE LA SPINA SULL’IDENTITA? – di Luigi Reale

Riveviamo e pubblichiamo

Gent. Sen Mario Monti, in risposta alle sue dichiarazioni del 6 giugno 2013, fatte in occasione dell’iniziativa, presso la Camera dei Deputati, promossa da UNAIE e NIAF, dal titolo: “Associazionismo e Italiani nel mondo: rapporti e prospettive”, in qualità di italiani all’estero ci permetta qualche commento. Premesso che ci colpisce molto il fatto che anche lei porta l’esperienza famigliare dell’emigrazione, dice cose molto giuste, ma haimè , nella realtà il suo governo non ha aiutato molto la quotazione dell’aggettivo “italiano”. Citeremo qui tre casi specifici in relazione al suo passato governo:

IMU

Nonostante gli italiani all’estero avessero la parità di condizioni dei cittadini italiani, il suo governo ha imposto ai connazionali all’estero l’IMU come seconda casa, determinano una prima grave discriminazione”, se si tratta ovviamente di prima casa, dando poi l’opzione ai comuni di deliberare diversamente.

Il 20% circa dei comuni, infatti, a buon ragione ha deliberato diversamente dall’indirizzo generale. Però, tutto ciò ha determinato una seconda chiara discriminazione, tra stessi cittadini iscritti all’AIRE trattati in modo diverso, in cui si ravvisano profili di incostituzionalità e di violazione dei Trattati Ue.

Quello che ferisce sull’IMU applicato agli italiani all’estero, sono quindi le discriminazioni, non tanto il pagamento della stessa imposta, probabilmente necessaria in un momento difficile per l’Italia.

Un’altra cosa che ha infastidito gli italiani all’estero è stata la difficoltà nel pagare questa imposta. La gran parte, infatti, non ha potuto avere nessuna assistenza e molti sono dovuti rientrare in Italia, unicamente per sbrigare questa faccenda, spesso con spese di viaggio di superiori alla tassa stessa. Una delle conseguenza, a distanza di un anno, è l’impennata di case messe in vendita da parte dei residenti all’estero, in particolar modo nei piccoli comuni montani italiani; altro che rimesse dall’estero, effetto opposto.

Insegnamento della lingua e cultura italiana all’estero

Se con i tagli alle spese il Ministero degli esteri ha dovuto apportare una riduzione del 20% circa al suo buget totale, per i corsi di lingua e cultura italiana sono stati fatti tagli nell’ordine del 60% – 65%, questo ha compromesso gran parte della realtà scolastica italiana all’estero.

Lei giustamente affermava: “La riduzione delle spese pubbliche attraverso la ‘spending review’, non sarà lineare ma – si sottolinea – selettiva” e gli italiani all’estero sono stati ben selezionati in questo processo.

Non staremo qui a ricordarle come importante sia la promozione della nostra lingua e cultura nel mondo per lo stesso “made in Italy” e per la stessa immagine dell’Italia, ma ciò che sembra in contradizione è il suo accenno sull’importanza dei legami con l’Italia, lei dice: “è importante che coloro che passano un periodo all’estero non stacchino la spina sull’identità, sul loro sentirsi italiani” e se questi hanno figli la spina si stacca da sola, figli che non possono imparare neanche la propria lingua, figuriamoci il resto!

Servizi consolari

Tutti noi conosciamo le gravi difficoltà all’estero per rinnovare un passaporto o una cara d’identità (mesi e mesi) o per avere semplici servizi, anche pagare tasse ed imposte. Nonostante tutto si è proceduto ad un’ulteriore drastica riduzione di questi servizi, mettendo in grave crisi tutto l’apparato, sino al punto di violare, di fatto, il diritto dei cittadini ad avere un pur minimo diritto ai medesimi servizi. Le motivazioni, che hanno spinto anche il suo Governo a ridurre drasticamente molte strutture, in particolare in Europa, sono state: “il voler liberare risorse, in una valutazione comparativa degli interessi e delle priorità, per l’apertura di nuove Sedi in contesti emergenti ove la promozione d’interessi nazionali sta acquistando crescende rilevanza, tutto ciò in uno scenario di risorse ormai fortemente decrescenti”. Le voglio a tal fine ricordare una differenza fondamentale, come lei già sà, tra strutture consolari ed ambasciate. I consolati esistono unicamente per servire gli italiani all’estero, quindi dove sono gli italiani all’estero e non liberare risorse in aree dove non ci sono, cosa diversa sono le ambasciate, cioè la dipomazia classica.

Il suo Governo affermava anche: “ridurre le strutture dove vi sono meccanismi comuni di tutela del cittadino (come nell’area UE)”. Anche qui mi permetta , ma sembra che non si conosca la realtà quotidiana di questi “meccanismi comuni” e della pedante burocrazia italiana, che chiede cose che altri non chiedono. Oppure lei saprà bene ad esempio che la Gran Bretagna, da dove le scrivo, non ha aderito all’accordo di Shengen e dove la carta d’identità spesso non è bene accetta, quindi l’importanza ad esempio di avere e rinnovare il passaporto è fondamentale. Tutto ciò senza aspettare mesi e mesi, rinnovo che può costare ad una famiglia più dell’imposta IMU su una casa (circa 90 euro a persona); Gran Bretagna dove la presenza dei nostri connazionali aumenta costantemente insieme alla Germania e alla Svizzera, molti di loro sono proprio quei giovani talenti cui lei fa riferimento nella sua dichiarazione e che ben presto si scontrano con servizi realmente poco efficienti.

Circa i tagli alle spese sui servizi consolari le porto come esempio un caso che fa scuola, quello dell’ex area consolare di Bedford (la città da cui le scrivo), dove vi rientra anche Cambridge, una delle aree dove giovani talenti, ricercatori e professionisti, da lei citati, si stanno muovendo in gran numero.

Bedford, città già sede di un Vice consolato declassato nel 2008 a Sportello consolare. Sin qui condivisibile in un’ottica di riduzione dei costi. Sportello che è stato chiuso nel mese di settembre 2012, con grande disappunto per migliaia di persone residenti nell’area, 16mila con solo passaporto italiano, ma oltre 50mila se si considera gli oriundi. Ufficio che produceva, solo con le tasse per i rinnovi dei passaporti, introiti tre volte superiori alle spese (come dimostrato nelle interrogazioni parlamentari 4-17559 e 4-15846, calcolo tecnicamente mai contraddetto dallo stesso Ministero). Dove sono qui i tagli agli sprechi che hanno giustificato la chiusura di quel servizio vitale per migliaia d’italiani?

Le ricordo, come altrettanto lei saprà, che per rinnovare un passaporto italiano c’è bisogno della presenza fisica al consolato, si è quindi costretto di fatto l’intera Comunità di Bedford ad esonerosi viaggi (circa 60 euro per raggiugnere il Consolato Generale nella capitale). Tra questi oltre 3mila aziani – pensionati, della prima generazione, che hanno un’eta’ compresa tra i 75 e i 90 anni e che sono spesso impossibilitati negli spostamenti.

Non solo, ma delle 16mila persone con passaporto italiano prima citati, circa 10mila hanno l’opzione della doppia cittadinanaza. Questa specificità è diventata una valvola di sfogo verso i disservizi, causando una grave emoragia di rinnovi di passaporti italiani a favore di quelli inglesi, quest’ultimi si fanno senza andare fisicamente in una sede consolare, tramite posta e di certo non bisogna aspettare tre mesi per avere un appuntamento negli uffici consolari e poi altre settimane prima che il passaporto arrivi.

Queste storie non favoriscono affatto una maggiore attrattività verso l’Italia, tutt’altro, demotivano e creano un’immagine di un Paese burocraticamente arretrato. A che valgono i sistemi elettronici se poi bisogna passare gran parte dei dati tutto su carata e viceversa? Ed il poco personale che c’è, fa il meglio che può, tutto sotto pressione. Prima di snellire le strutture si sarebbe dovuta snellire la burocrazia (semplificarla), ma sembra che quella aumenti e quindi il sistema non può regge. Si arriva ad ottenere, in poco tempo l’effetto opposto, cioè si perdono anche quelle entrate che c’erano prima, ed i tagli si trasformano in tagli agli introiti non alle spese, come nel caso di Bedford. Una visione, a nostro parere, miope che nel medio e lungo periodo non porta vantaggi a nessuno nè agli italiani all’estero, nè agli italiani in Italia, nè alla quotazione dell’aggettivo “italiano” e tanto meno alle finanze. Un’altra percezione che emerge e che, pur di garantire alcuni privilegi si sia andata ad intaccare una parte sana.

Siamo invece pienamente d’accordo con lei nell’elogio all’impegno profuso da parte di associazioni come UNAIE e NIAF nel promuovere e rafforzare l’immagine dell’Italia all’estero. Associazioni che costituiscono un modello di successo e d’organizzazione unico e importante, cui noi stessi ci ispiriamo.

Il suo governo Senatore, invece, non ha realmente aiutato gli italiani all’estero, seppure nessuno di noi si è sottratto ai prorpi doveri, ma che ci si dia almeno la possibilità di farlo e senza essere discriminati. Questo è quello che al momento percepiamo, certamente la sua opinione sull’argomento (puoddarsi) sia diversa, se lo è ci convinca del contrario, ci dica che le cose non stanno così come sono state esposte, saremo veramente ben lieti d’ascoltarla.

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