LEGGE 459/2001: REFERENDUM ABROGATIVO

Se ne parla bene o male; ma se ne parla. Da tempo, la discussione si è fatta politica, anche sotto il profilo critico, ma nulla di più. I contenuti della Legge 459/2001 sono stati votati da un Parlamento italiano a nome e per conto di Connazionali all’estero che non sono stati messi nelle condizioni d’esprimere, in modo ampio, il loro parere su una normativa che, di fatto, ha prodotto più danni che vantaggi. Lo hanno accennato anche i “saggi” presidenziali. Il voto per i Connazionali all’estero non è stato, mai, negato. Bastava che rientrassero, a spese agevolate, in Patria per votare nella Circoscrizione nazionale d’appartenenza. Poi, si è voluto ratificare un “distinguo”. Vale a dire la presenza di 18 parlamentari da votare in una Circoscrizione Estera suddivisa, poi, in 4 Ripartizioni geografiche. Con l’applicazione di un sistema di voto, anacronisticamente postale, già condizionante. La Legge in questione prevede, infatti, che per ogni Ripartizione Geografica spetti, comunque, anche votassero in pochi, un Senatore ed un Deputato. Solo la rimanenza, per un totale di 8 Deputati e 2 Senatori, è distribuita tra le varie Ripartizioni geografiche in proporzione al numero di cittadini italiani ivi residenti. Il tutto tramite verifiche incrociate con le Anagrafi Consolari e, conseguentemente, presso i Registri AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) in essere nei comuni italiani di pertinenza. Con successiva cancellazione dai Registri APR ( Anagrafe della Popolazione Residente in loco ). Il meccanismo che abbiamo, sommariamente illustrato, s’è affermato, appunto, con l’entrata in vigore della Legge 459/2001. Ad oltre dieci anni di distanza dalla fatidica data, non è cambiato nulla. Forse, il sistema è anche peggiorato. Con problemi di complessa natura non facilmente gestibili anche per i troppi passaggi delle schede elettorali oltre frontiera. Si sperava in un cambiamento della Legge elettorale italiana; con conseguente adeguamento anche per il voto politico e referendario degli italiani dall’estero. Non ci sembra, però, che la XVII Legislatura sia così propensa a porre la questione tra le prioritarie. Allora, se il voto dall’estero non funziona come dovrebbe, e non sembrerebbero esserci all’orizzonte soluzioni alternative, suggeriamo la strada di un Referendum abrogativo della Legge Tremaglia. Con la certezza che, poi, il nostro Parlamento sarebbe messo nelle condizioni di rivedere gli emendamenti costituzionali correlati. E’ vero: i tempi saranno lunghi; ma se nessuno provvede, è inutile piangere sul “latte versato”. Gli aventi diritto di voto oltre frontiera sono più di tre milioni e possono essere messi nelle condizioni per la raccolta di firme atte a proporre un referendum che interesserebbe unicamente loro; senza nulla togliere alle “prerogative” degli italiani residenti nel Bel Paese. Il nostro concetto di base, ben noto a tutti da anni, è ancora quello: il diritto di voto nasce dalla cittadinanza e non dipende dalla residenza. I Parlamentari italiani, residenti o meno sul territorio della Repubblica, non possono che far parte delle Circoscrizioni Elettorali nazionali. Certo, il passo ipotizzato implicherebbe un impegno politico su vasta scala. Siamo certi di non averlo compreso solo noi. Se manca la volontà, allora ci sembra superfluo lamentarsi.

Giorgio Brignola

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