In attesa del divorzio la videochat può favorire il riavvicinamento allo scambio emotivo tra i minori refrattari e la madre lontana. L’impulso dalla Corte Europea di Strasburgo
Sicuramente una decisione che aprirà un ampio dibattito, non solo giurisprudenziale, l’ordinanza depositata il 16 aprile scorso del Tribunale di Milano in tema di diritto di visita dei genitori sui figli. Perché per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, dopo il provvedimento reso dal giudice della nona sezione civile Olindo Canali, le nuove tecnologie apriranno un fronte amplissimo sulle questioni che riguardano la delicata materia nelle controversie matrimoniali, se nell’ambito della causa di divorzio, all’esito di un rapporto molto conflittuale è stata concessa la possibilità di utilizzare Skype, la famosa applicazione di videoconferenza su scala globale, quando i figli minori hanno difficoltà emotive a incontrare il genitore non affidatario.
La soluzione prescelta dal tribunale è proprio quella di una videochat la settimana per sette volte in via sperimentale. Ciò in attesa che si concluda il processo relativo al divorzio nel quale le figlie che hanno difficoltà a rapportarsi con la madre, peraltro, lontana, sono collocati presso il padre. La donna, nel frattempo, è rientrata nel villaggio d’origine situato in Francia. Ed, in tal senso, Skype può essere lo strumento per favorire il “rapido riavvicinamento” allo scambio emotivo tra la madre lontana e i minori che hanno serie difficoltà a incontrarsi con la madre dal vivo.
L’ordinanza in questione, fra l’altro, fa espresso riferimento alla più recente giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha specificato che «le misure deputate a riavvicinare il genitore con suo figlio devono essere attuate rapidamente, perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui». L’Italia, infatti, è stata sanzionata da Strasburgo che ha puntualizzato come i provvedimenti dell’autorità non solo non devono essere costituiti da «misure stereotipate ed automatiche» ma soprattutto “devono essere attuate rapidamente, perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui” (Cfr Sent. Corte Europea Dir. Dell’Uomo, sez. II, 29 gennaio 2013).
Il giudice del Tribunale meneghino è intervenuto, quindi, puntualmente anche per predisporre gli obblighi a carico dei genitori per assicurare il collegamento Skype, le volte in cui dovrà essere garantita la connessione e le modalità, imponendo oneri ad entrambi i genitori anche in termini di collaborazione.
Ovviamente tale nuova modalità di approccio dovrà essere monitorata dai servizi sociali del Comune di Milano anche per giungere gradualmente ad un incontro “dal vivo” con la madre.