di Fabio Agostini
Forse a Roma l’aria condizionata non funzionava, fatto sta, che tra Luglio ed Agosto 2011, qualcuno ebbe il coraggio di nominare Einaudi. L’aria condizionata invece funzionava benissimo; quel barlume di ritorno alla ragione, di speranza, era causato dalla paura. La paura prendeva il nome di spread che veniva iconizzato come il boia alla ghigliottina con noi in ginocchio. Si, in ginocchio, perche’ in ginocchio lo era e lo e’ il paese.
Il tentativo di divincolarsi dalla morte fu affidato a Monti che, con pratiche medioevali, ha curato l’Italia per sanguinamento: lacerandola prima per poi lasciarla morire, sia economicamente sia fisicamente. Gli impiccati abbiamo smesso ormai di contarli, e Massimo Del Papa nel libro In Questo Stato, fa una descrizione cruda, quanto vera, di quello che e’ significato realmente per il paese la cura Monti. Un costo enorme, dettato non da un’ispirazione ideologica (quella sarebbe almeno comprensibile anche se non condivisibile) bensi’ da un’ispirazione preservatrice dello status quo che e’ ormai insostenibile.
Il trascorso anno e mezzo ha visto l’Italia annaspare nelle paludi delle politiche economiche nocive, mentre le istituzioni sono oggetto di contesa e/o distruzione da parte di chi dovrebbe garantirle. Questa ressa – io la chiamo teatrino della politica – provoca la deviazione dell’attenzione e la sua focalizzazione su problemi in realta’ inesistenti e/o secondari.
I dibattiti sono su argomenti piu’ disparati: Enrico Letta, il PD, evocavano gli Stati uniti d’Europa ed Eurobond quando lo spread era sopra 450, sotto quella soglia non se ne parla piu’; la legge elettorale andava cambiata senza che nessuno dicesse come; le liberalizzazioni, che in una sorta di orgia di numeri senza senso tutti le davano, prese singolarmente, come contributrici alla crescita del PIL del 2%, cosicche’ potevi fare come quando vai al supermercato: due liberalizzazioni al prezzo di una e il PIL fa il 5% in 5 anni.
Lo scopo, quello del vecchio parlamento, soprattutto quello del PD, era di arrivare alle elezioni. A votare ci siamo arrivati con di tanto in tanto qualcuno che ci ricordava del boia, costringendoci quindi a genufletterci a qualsiasi soppruso che prendeva il nome di politica economica.
Il PD voleva arrivare al voto con lo status quo preservato, davano Berlusconi morto e Grillo come uno spauracchio da 15%. Avrebbero dominato, nella loro testa a Natale stavano gia’ pensando ai ministri. Ad un mese dalle elezioni, incontrai a Londra, negli studi di un broker, Maurizio Cotta; spacciava per sicuro un Governo PD-Monti. C’erano Hedge Fund, Gestori, e in uno scambio abbastanza animato gli dissi che secondo me un’alleanza non avrebbe retto a lungo e che si sarebbe tornati a votare entro un anno e che veniva troppo sottostimato Grillo mentre non venivano fatti i conti con una legge elettorale che garantiva l’ingovernabilita’ cosi’ come la garantiva il Mattarellum. I fatti hanno dimostrato che avevo ragione: il malessere del paese, il cancro che lo sta uccidendo, hanno prodotto un parlamento ingestibile che fara’, giocoforza, affidamento su un governo PD che dovra’ pettinare Monti mentre smacchia Berlusconi.
Lo stato di caos istituzionale in cui versa l’Italia e’ palpabile. Lo stallo ha prodotto un’anomalia del tutto Italiana con la nomina di 10 saggi che, nella pratica, hanno partorito quanto segue:
una riforma costituzionale: via una camera perche’ altrimenti non si governa;
una riforma di legge elettorale indicandone nel maggioritario corretto al proporzionale la soluzione (come il caffe’ con la Sambuca): forse il Mattarellum che tanto non funziona;
indicazioni sibilline come il miliardo per la CIG o rivedere il patto di stabilita’ interno;
che la principale emergenza e’ il lavoro: grazie dell’informazione, nessuno se ne era accorto.
Il caos istituzionale si riflette poi anche sui partiti dove vedi filosofi incartapecoriti teorizzare, un po’ come fanno i regimi totalitari democratici (Cina), una nuova forma di partito che dovrebbe soppiantare quelli esistenti. Grazie ancora, abbiamo Grillo per quello, ci basta ed avanza.
La vera informazione e’ che questi 10 saggi sono di fatto una sorta di costituente che nessuno ha eletto, ma qualcuno ha nominato. Pero’ questa cosa passa inosservata, come se fosse irrilevante in una democrazia, quando invece non lo e’, soprattutto quando si tenta di manipolare la forma delle istituzioni. Ma veramente con due Camere non si puo’ governare? Se si, come fanno in America dove, al di la’ del presidenzialismo che riguarda l’esecutivo, c’e’ una sorta di bicameralismo perfetto come in Italia? In Italia sono 20 anni che la parola “riforme” ha una correlazione del 100% con la Costituzione: se qualcosa non va, bisogna cambiare la Costituzione. Perche’ poi bisogna sempre cambiare la Costituzione? Perche’ la Costituzione e non le leggi ordinarie che sono subordinate alla Costituzione? Veramente l’Italia non funziona per colpa della Costituzione? E’ la Costituzione da cambiare o i politici e la politica economica? E’ il cavallo che non e’ vincente o il fantino incompetente?
La volontaria deviazione dell’attenzione dal caos istituzionale ad altre questioni che in alcuni casi rasentano la farsa e’ sotto gli occhi di tutti, ma vengono fatte passare per vittorie e segno di civilta’. Pensate ai debiti dalla pubblica amministrazione e la restituzione di 40 miliardi alle imprese: ammesso e non concesso che glieli ridiano questi soldi, essi rappresentano solo il 40% dei debiti che sono circa 100 miliardi. La realta’ e’ che l’Italia e’ in default bello e buono in quanto restituisce il 40% (per di piu’ finanziato con ulteriore emissione di BTP) mentre ristruttura il rimanente 60%.
La disinformazione generale porta poi a dire bestemmie del tipo: ma lo spread e’ sceso grazie a Monti che ci fa risparmiare. In primis lo spread e’ sceso grazie a Draghi (Monti ha forse contribuito in misura marginale), in secondo luogo i titoli vengono emessi a tasso fisso e le variazioni dei tassi si riflettono sui prezzi e non sugli interessi per il debito emesso, mentre si riflette sugli interessi solo sul debito di nuova emissione. Anche qui, la vera informazione sta sul fatto che, per via dello spread, abbiamo rifinanziato il debito riducendone la scadenza media (come se rifinanziate un mutuo da 20 anni a 15 anni) rinviando un problema di liquidita’ ad una data da stabilirsi.
I numeri dei prossimi tre anni sono lievitati a cifre da capogiro secondo quanto riportato da Bloomberg:
Nel 2013 dovremo rifinanziare 257 miliardi e pagarne 37 di interessi
Nel 2014 dovremo rifinanziarne 222 di milardi e pagarne 52 di interessi
Nel 2015 dovremo rifinanziare 186 milardi e pagarne 48 di interessi
Il problema in Italia in realta’ e’ chi Monti rappresentava e rappresenta: una classe dirigente che e’ completamente incapace o cerca semplicemente di conservare lo stato di fatto delle cose. Una classe politica che, a fronte di uscite che saranno sempre piu’ impellenti, fara’ ricorso a nuove tasse e nuovo debito. La mia non e’ fantasia, basta leggere, cercare, ascoltare. Fassina (PD) sostiene che per quest’anno ci vuole una manovra da 8 miliardi, e siamo ancora ad Aprile. Il Ministero delle Finanze dice che ne serve una da 20 miliardi tra il 2015 e il 2017 (gia’ pensano a tartassarvi nel futuro rispolverando i piani quinquennali), aggiungendo che che se non lasciano l’IMU ne servono 60 di miliardi, cioe’ una manovra Amato maggiorata del 20% tanto per tenere conto dell’inflazione. Fatevi una risata sul “se non lasciano l’IMU” perche’ le tasse in italia sono perpetue, e che serviranno 60 miliardi, con o senza IMU, ce ne accorgeremo.
Ma tutti questi soldi a cosa servono? Le tasse e la spesa pubblica sono due facce della stessa medaglia. Se non riduco la spesa le tasse restano uguali o aumentano. Se non riduco le tasse perche’ la spesa resta uguale e ugualmente ripartita, che riforme ho fatto? Nessuna. Ed ecco che il capro espiatorio diventa la Costituzione
Ma tagliare la spesa per tagliare le tasse e rivisitare il sistema fiscale in Italia e’ un miraggio. A sinistra associano “spesa” alla sola voce “stato sociale” e quindi immodificabile per definizione, mentre eventuali risparmi da tagli di spese indicate come possibili (vedi F35) verrebbero immediatamente girati a qualcun’altro con gli interessi. A destra non fa tanta differenza perche’ spesa pubblica in Italia significa anche finanziamento pubblico a fondo perduto ad una serie di lobbies imprenditoriali (abbiamo rottamato anche gli spazzolini da denti in Italia) che ha consentito il proliferare di industrie inefficenti che hanno drenato l’economia da risorse. Della riduzione delle tasse ne hanno parlato, 5 minuti in campagna elettorale, poi finito lo spettacolo, i musicanti ci tornano a suonare. Perche’? Perche’ lo staus quo e’ ormai insostenibile senza ulteriori salassi. Se la pressione fiscale e’ sopra il 50% significa che la popolazione intera e’ narcotizzata, ci facciamo tutti, siamo tutti tossicodipendenti, tossicodipendenza dallo Stato. E’ tossicodipendente chi non capisce la domanda “si ridurrebbe la pensione di 32000 euro al mese?”. E’ tossicodipendente chi dice che 2 miliardi di euro l’anno spesi per la politica sono ragionevoli. Amato e Dini sono chiaramente da comunita’ di recupero non da nomina alla Presidenza dello Stato. Ma e’ tossicodipendente anche il sindacato che vive in simbiosi con l’impresa non piu’ efficente che viene finanziata in ogni modo: lo Stato, o chi per lui, compra quello che produce oppure si fa una rottamazione; cosi’ la droga Stato passa prima nell’impresa e poi sui lavoratori. Ovviamente a chi non ancora tossicodipendente si toglie l’ossigeno con le tasse al punto da metterli in condizioni di richiedere anch’essi una dose di Stato, ed ecco che tutti, chi piu’ chi meno, ci facciamo di Stato.
Per far ripartire l’economia il peso del fisco andrebbe ridotto con la spesa, rivedendo sia il sistema fiscale sia quello redistributivo. Al sistema fiscale non basta togliere i cerotti messi dai vecchi governi, il fisco va razionalizzato, va reso semplice quanto certo e facilmente accertabile. La razionalizzazione della spesa dovrebbe avvenire con tagli e redistribuzione a favore della scuola, sanita’ e dello sviluppo di infrastrutture che dovevano essere gia’ in piedi piu’ di un decennio fa. Come dice la Costituzione, lo Stato deve essere sociale (non assistenziale) e deve esserlo in un’economia libera di cui ne e’ promotore. In Italia invece la libera economia l’hanno soppressa investendo sulla conservazione, sulle inefficienze, sulle logiche di rendite di posizione. Siamo un paese che non investe in niente da 30 anni. Non investiamo piu’ neanche sulla scuola e un paese che non investe sulla scuola e’ un paese che non investe sulle future generazioni e quindi sul futuro del paese. E’ come il padre di famiglia che piuttosto che sfamare i propri figli pensa alla propria pancia lasciando i figli affamati, ignoranti, impoveriti e condannati ad un tenore di vita inferiore a quello proprio. Quale figlio avrebbe rispetto di questi genitori? Quale popolo puo’ avere rispetto per questi governanti?
E noi, invece di licenziare questi padreterni, siamo qui a vederli come speranza per il paese. Violante, uno dei saggi, D’Alema che sembra ricucire gli strappi interni del PD come uno al capo del partito, Prodi, Bersani, Rodota’, Amato. Tutti papabili come Presidente della Repubblica e nessuno sembra ricordarsi che questa gente e’ dagli anni ‘90 che parla di riforme. La Bicamerale del ‘97 con gli accordi sottobanco e le spartizioni di torta che prendevano le forme di crostate sono storia, confessata da Violante ai cittadini con un intervento alla camera qualche anno dopo. Quando ripenso all’estate 2011 ripenso ad Einaudi e la sua strumentalizzazione, ma ripenso anche al FATE PRESTO scritto a caratteri cubitali, tanto di effetto che ancora oggi qualcuno lo usa per dare enfasi all’urgenza.
Oggi, Aprile 2013, se l’urgenza la si vuole risolvere con chi e’ dal ’97 che parla di urgenza, con Berlusconi o con Grillo, allora ogni volta che sento qualcuno che dice di fare presto o che non c’e’ piu’ tempo, mi viene in mente Troisi in Non ci resta che piangere: “mo’ me lo segno”.
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