LE CHIESE E I SUD: UNA PROPOSTA PER FARE BRECCIA

Il volume “Per un approccio alle teologie del contesto”, a cura di Antonino Mantineo, per i tipi di Rubbettino (Soveria Mannelli, 2012), pur concepito anche per una specifica fruizione universitaria, tanto accademica quanto studentesca e giovanile, tocca temi che possono mantenere la loro freschezza in contesti trasversali alle sole appartenenze specialistiche.

Non è possibile fornirne una recensione analitica, anche perché, nel testo, oltre ai contributi di Mantineo, Silvestre, Guzzo, Caravona e Silipo, è presente pure una nota del sottoscritto, che si dichiara coerente all’impalcatura tematica del lavoro, affrontandola da una prospettiva giuridica e sociale definita nel titolo (“Ermeneutica post-conciliare, diritti umani e giustizia sociale. Alcune suggestioni a partire dall’esperienza brasiliana”, pp. 193- 210).

Così, tornare a ragionare sul lavoro significa, più appropriatamente, rilanciare le esigenze e le proposte che lo avevano messo in opera, senza l’esercizio enfatico dell’autorecensione. Il genere risulterebbe parossistico sempre, salvo che intenzionalmente effettuato a scopo di destrutturazione, arte in cui eccellevano le neo-avanguardie come il Gruppo 63 e, con tecniche diverse, alcuni degli autonomi, studiosi e ricercatori, della Rivista Alfabeta, di un quindicennio -e che quindicennio!- successiva.

Il volume si propone come ripubblicazione integrata, aggiornata, modificata e, persino, rammodernata di un saggio del Silvestre sulla teologia della liberazione, scritto alla metà degli anni Novanta, quando, da un lato, iniziavano a celebrarsi le esequie di comodo per l’inesauribile vena teorico-ricostruttiva delle teologie latino-americane, mentre, dall’altro, il religioso tornava nella sua terra, dopo anni di studio ed esperienza diretta delle miserie, delle sofferenze e delle sperequazioni, nell’intero sub-continente sud-americano e in Brasile, in particolar modo.

Quel lavoro preconizzava -e in questa stesura approfondisce con successo- questioni centrali della vita di tutti i giorni: l’inquadramento, anche a fini canonistici, del debito e del credito; la sopravvivenza di classi sociali post-coloniali in contesti asseritamente de-colonizzati; la qualità di una produzione documentale magisteriale che ha bisogno, però, dell’interpretazione, dell’attualizzazione e, nella diffusione, della contestualizzazione.

Lo sfondo, neanche troppo celato -anzi, in almeno due, tra gli scritti aggiuntivi degli autori menzionati, scopertamente rivendicato-, è quello di una valutazione teologica e giuridica, serena e non parziaria, dell’esperienza delle comunità ecclesiali di base in Sud America e delle teologie ed ecclesiologie che le sostenevano. Ancor prima, i contributi si rivolgono, tutti dichiaratamente tutti, alla Chiesa del post-Concilio, poiché quell’evento non può esser rimosso o misconosciuto, nella fase in cui le categorie della sua interpretazione sembrano annoiare solo pochi suoi specialisti e, ciononostante, i traguardi che designava, dall’equità all’ecumenismo, dalla pace alla libertà, giacciono tutti, a percezione di massa, largamente inattuati. Simile mancata attuazione riguarda certamente l’ambito dei fenomeni sociali (come il diritto), e nondimeno la valutazione dell’impatto delle scienze naturali (come la medicina o le nuove frontiere bioetiche), nonché le riforme normative pur intervenute nell’ultimo cinquantennio di storia ecclesiastica (la nuova codificazione, le più recenti prospettive su ecumenismo e inter-religiosità, la dottrina sociale, le questioni processuali, così spesso “caso speciale” di incompiutezze ben più generali).

Il bilancio può esser parso allarmante, può sembrare stia suonando una disfatta: il libro si rivela, nemmeno avendolo come proprio scopo espresso, un buon viatico per smentire la tentazione cupa dello smantellamento totale.

Innanzitutto, valuta le esperienze magisteriali di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II a trecentosessanta gradi, con linearità, buona volontà e anche una filologia attenta alle sfide in atto, dimostrando di saper anticipare, nella sua concreta struttura redazionale, i temi che già stanno suscitando l’attenzione degli studiosi, dopo la “rinuncia” di Benedetto XVI.

In seconda battuta, non fa scandalismo di vicende poco chiare e che toccano le più drammatiche sofferenze personali di vittime e innocenti, dai sistemi creditizi alle indagini criminologiche su abusi commessi da ministri di culto, fino alle colorite spy-stories che il linguaggio giornalistico cuce addosso alle vicende curiali.

Terzo: vengono presentate delle risposte stringate, non autosufficienti, ma dialogiche, sui temi a disposizione. Non condanna le possibilità presentate dai nuovi studi sulla sussidiarietà e sulla presenza dell’associazionismo cattolico, non disprezza le alternative offerte nel dibattito relativo al diritto canonico vigente, difende una metodologia dell’evangelizzazione che non recida ogni legame con la valutazione delle questioni sociali che presentano i diversi territori. Soprattutto, rivivifica l’utilità del dialogo ecumenico ed inter-religioso, senza bisogno, con ciò solo, di sottovalutare il contributo del giurista, del laico, dell’ateo, come del fedele non incardinato nelle posizioni oggi prevalenti nel sistema non solo confessionale italiano ed europeo.

Domenico Bilotti

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