I frettolosi annalisti dell’extraparlamentarismo italiano dedicano
poche, stringate, spesso inesatte, note in merito al Gruppo XII Ottobre
di Genova. Anticipatore di una stagione certo luttuosa, eppure non
estranea al contatto diretto con le istanze rivendicative della fine
degli anni Sessanta, quel gruppo è solitamente descritto come formato
da una combinazione poco coordinata di giovani esponenti dell’operaismo
e taluni delinquenti comuni, che mano a mano, come si dice con formula
abusata, “sposarono la causa”. Sembra il pessimo inizio di un romanzo
noir italiano da classifica dei best-seller, invece quella vicenda
racconta piuttosto emotivamente di quanto la condizione dell’
extralegalità marginale si trovi facilmente proiettata nell’
accettazione di una proposta politica radicale, che contribuisce ad
elaborare, in quanto contribuisce a farne lumeggiare i temi di
intervento e i settori di maggior degrado. Leggendo l’ultimo romanzo
di
Claudio Dionesalvi, “B.D.D. Romanzo degli Anni Zero” (Coessenza,
Cosenza, 2012), la connessione appare ancora più evidente: il contatto
diretto con l’alienazione che si respira nelle città meridionali non
può che portare a solidarizzare spontaneamente con la distruttiva (in)
esistenza dei minimi servizi sociali, esattamente come i compagni di
strada dei conflitti più materiali (dall’abitare al reddito, dalla
questione penitenziaria a quella dei “nuovi” diritti civili) finiscono
per essere i soggetti che da quelle ingiustizie giuridiche sono più
spesso vittimizzati, sacrificati, attaccati e offesi.
Conoscere l’autore del libro che si sta recensendo porta,
tendenzialmente, a due possibili atteggiamenti: se la conoscenza si
esaurisce in una bella cordialità, i toni del recensore saranno
misurati, allegri, elogiativi; se quella conoscenza si diffonde in un
rapporto di vera fratellanza, il rischio, gravante sul recensore che si
stima arguto, è quello di calcare sulle spigolature, sui non detti dei
rapporti d’amicizia, sulle crepe dello sfondo narrativo. In questo
caso, speranza vana. Tanto per cominciare, Claudio Dionesalvi scrive un
romanzo in cui la principale voce narrante segue il ritmo dei suoi
pensieri, ma li annota con una tale empatia, verso la comunità in cui è
possibile ascoltare quella voce, da far crollare facilmente ogni
pretesa diaristica o di mera fantasia, per portare alla pagina una
coralità fresca, “stonata”, quasi, appunto, come un coro da stadio. Il
libro non può che nascere da lì: dalla rete di relazioni umane che
una curva calcistica porta con sé, con le storie sbagliate, l’epica
delle piccole bravate fatte e l’epoca delle gravi bravate subite, l’
ossificazione di una cartilagine sociale che si nutre della bellezza,
della complicità, di una consapevole eresia verso la produzione della
morale sociale in una città di provincia.
Secondo colpo di genio: Claudio Dionesalvi è il primo “giallista”
italiano che indaga sul presunto omicidio di una persona giuridica così
peculiare come una società sportiva, simbolo della permanente
dialettica tra interessi dominali e passioni collettive. “Giallista”
perché nel libro ci sono enigmi, non “giallista” in quanto uno dei
tanti scrittori domenicali che ci raccontano fumosamente di strani
figuri di intellettuali perennemente ubriachi, che contemporaneamente
scoprono Sartre e il colpevole di un omicidio, mentre trangugiano litri
di vini pregiati e intessono relazioni equivoche con donne non
occasionalmente bellissime.
Terza impresa del funambolo cosentino: la storia di “B.D.D.” è la
storia di una comunità umana impressa nella terra delle confluenze,
nella città di Cosenza, nelle sue ondate insurrezionali come nel
reflusso dei propri poteri, nel sogno ingannevole di affermazioni
sportive per riscattare sconfitte umane e viceversa. Dionesalvi sa
scatenare un vero e proprio gioco di rimandi, dove risultano arabescati
tutti i personaggi cittadini davvero meritevoli dell’epos locale; al
tempo stesso, però, B.D.D., che non poteva nascere in nessun’altra
città al mondo, può vivere in qualunque angolo del pianeta, dove vi
siano ancora forme tipiche di azione critica, non tanto paradossalmente
di “resistenza e insubordinazione”.
E ultima nota, che riguarda i rapporti umani tra recensore e
scrittore: Dionesalvi dà vita a un alter-ego letterario molto più goffo
e molto meno teatrale dell’autore reale. È un ragazzo stonato,
innamorato di una donna bellissima, che si ciondola nei meandri delle
sue contraddizioni: fa ridere, impreca, entra in empatia con le facce e
i valori che lo fanno innamorare. Dove l’alter-ego balbetta, l’autore
sa farsi scudo dell’antico motto per cui è sempre una risata a
seppellire ciò che merita di essere seppellito.
Il testo, peraltro, che si presta a una lettura d’un fiato, perché fa
sgorgare con forza le mille interpolazioni, analessi e prolessi, che lo
nutrono, ha un’attitudine sperimentale che s’affratella alle
avanguardie di ogni epoca, perché cambia registri, fa raccontare gli
stessi fatti a persone diverse, fatti diversi a persone uguali,
illustra con la stessa cura le bevute domenicali e scenari “post” che
nella penna di Dick, decenni addietro, sembravano fantascienza, e ora
sembrano persino la speranza di un “dopo” che comunque sarà e potrà
trovare ancora qualcuno pronto a reagire.
Una domenica di oltre un decennio addietro, prima che venisse
consumato l’assassinio di fede su cui indagano il professore ultras e
la “sua sporca dozzina” (o forse la “sporca dozzina”, di cui il
professore ultras fa parte, come gli altri “undici sporchi”), il
recensore, durante una partita di calcio, mentre veniva intonato un
bellissimo coro locale, sentì che una mano gli batteva le spalle al
ritmo della canzone che risuonava in gradinata… dopo essersi voltato,
notò che l’improvvisato percussionista era proprio il futuro autore di
“B.D.D. Romanzo degli Anni Zero”, che squarciava sul viso infreddolito
una smorfia simile a un sorriso amichevole. Andando indietro a quella
domenica, probabilmente, Dionesalvi, questo suo gustosissimo ultimo
libro, già lo aveva in testa.
Domenico Bilotti