IL PREZZO DEL MALESSERE

Lo scorso anno, il Prodotto Interno Lordo (PIL) si era attestato ad un -2%. Valore di tutto rispetto che non ci siamo sentiti di trascurare. Nel primo semestre del 2012 il costo della vita ha evidenziato un incremento del 3,5%, rispetto allo stesso semestre del 2011. Da queste premesse, anche per il 2013 non ci saranno prezzi calmierati. La crisi, per scriverla tutta, continuerà alla faccia di una politica perversa che sotto la voce “patto di stabilità” cela una serie di provvedimenti ancor più restrittivi dei quali, volenti o meno, dovremo farci carico. Il periodo di preoccupante flessione economica perdurerà. Nessuno avrà l’ardire di proporre un qualche rilancio dei nostri cicli produttivi. Non ci sono segnali, purtroppo, che ci possono far sperare. Il Bel Paese resterà tra gli ultimi dell’UE; con tutto quello che una posizione in coda potrebbe determinare. Come per gli altri atti socio/politici, anche quest’indubbia crisi dovrà, alla fine, ridimensionarsi. Ma quando? A nostro parere, manca ancora una sorta di spirito rinnovatore capace di rivedere gli aspetti meno compromessi di un sistema che, in ogni caso, ha da essere cambiato. Per dare ossigeno all’economia non ci si può basare sulle proiezioni a lungo termine. Per richiamare investimenti è indispensabile offrire delle garanzie d’utile che non possiamo permetterci. La macchina dello Stato si è inceppata e questa situazione ha determinato quel processo involutivo nato già da alcuni anni, ma che si è fatto intollerabile alla fine dello scorso anno. Tutto quello che, poi, è accaduto risulta essere la conseguenza di un’economia mal gestita e che non ha tenuto sufficientemente conto dei debiti contratti con l’Unione Europea. Anche l’attuale “pseudo” crisi di Governo la dice lunga sulle incertezze che accompagneranno il 2013. Con o senza il Professore in campo come politico. La crisi nazionale, nel suo complesso, ha origini nel secolo scorso. Quando Economia e Politica si scontrano, gli effetti sono imprevedibili e, spesso, drammatici. Senza nulla valor togliere alle azioni di Monti e dei suoi Ministri, dei quali non rammentiamo neppure i nomi, una sua discesa in campo non apparirebbe “opportuna”. Quello che è chiaro per tutti è che bisogna risparmiare, ma anche investire con competenza. I “tagli”, sempre più traumatici, non ci daranno motivo di velato ottimismo. Capire il destino d’Italia non è facile. Ancor più lo è il nostro ipotetico ruolo in un’Europa nella quale l’area Euro è in progressiva espansione. Sarebbe troppo facile pensare che il prossimo Esecutivo “politico” ci consenta d’uscire dalla depressione. Non basterà una Legislatura, sempre che riesca a durare i canonici cinque anni, per capovolgere lo status del Paese. Il prodotto nazionale lordo (PIL) potrebbe registrare un segno timidamente positivo non prima di due o tre anni. Il difficile, in ogni modo, sarà continuare a mantenerlo in questa posizione. Forse, un Esecutivo di “Salute Pubblica”, aperto, potrebbe recuperare, almeno, parte, del terreno perduto. Però, un esecutivo simile sarà di difficile attuazione. I Partiti non tengono all’Italia quanto, invece, dovrebbero. Ci sono ancora dei privilegi da tutelare. La sensazione è proprio questa: gestire le “rinunce” del Popolo italiano. Condizione assai perigliosa che nessuno, alla luce dei fatti, sembra volersi assumersi.

Giorgio Brignola

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