Insegniamo ai nostri giovani a scrivere, ricominciamo ad insegnar loro a leggere. Non hanno capito che la Tv è una trappola.

di Pietro Ratto

La Tv serve a far scendere gli operai dai tetti, dopo giorni e giorni di protesta, con l’illusione di spiegare finalmente a milioni di ascoltatori le loro ragioni, ma, soprattutto, irrimediabilmente ammaliati dalla segreta speranza di diventare improvvisamente qualcuno, di ottenere la fama ed il successo abbandonando per sempre la fabbrica. Serve a far sembrare imbecille chi finalmente è riuscito a finire sotto i riflettori, e per la foga di dire tutto ciò che si è sempre tenuto dentro, si mette improvvisamente a balbettare poche e confuse ovvietà, attanagliato dall’ansia di riuscire a narrare le lotte, le ingiustizie, le rinunce di una vita, nei due minuti a lui concessi prima della pubblicità.

Ricominciamo ad aprire i libri, soprattutto quelli vecchi, pubblicati quando si respirava maggiore libertà, quando le case editrici non esercitavano ancora quella censura che ha dovuto ingoiare chiunque si sia trovato a scoprire o a narrare qualcosa di grande, sì, ma non gradito ai Mangiafuoco chi stringono i fili del teatrino mediatico. Quei libri stampati quando le case editrici cercavano ancora talenti, scoprivano idee. Proviamo a leggerli in classe, quei libri. Come facevano un tempo le mamme coi bimbi, leggiamoli noi, ad alta voce, provando a invogliare qualcuno a cercarli e a sfogliarli, a sfuggire a quella solita, tremenda preoccupazione – sistematicamente tradita da domande come “Ma di quante pagine è?” – che siamo avvezzi a percepire nei giovani tutte le volte che consigliamo loro di leggere un testo, tra i banchi di scuola. Cerchiamo a ogni costo il coraggio di abbattere quel vortice di pigrizia che li trascina sul divano, che li costringe a preferire la passività ed il facile incanto di rapide immagini e di esplosivi effetti speciali, alla spontanea, intellettualmente attiva, criticamente impegnativa lettura di un libro.
I romanzi, i saggi, scritti in tempi di libertà, rivelano mille e mille voci diverse, regalano milioni di idee differenti. Quei libri, sfornati da editori ancora indipendenti, diversi tra loro, potranno ridare alle nostre tavolozze tutti quei colori ormai scomparsi, ormai cancellati dalle cinque o sei tinte di moda, dozzinali e squadrate, che non ammettono più sfumature. Che non permettono più di dipingere la realtà, ma sono adatti soltanto a tratteggiare quella finzione inculcata nelle teste dei giovani dai Mangiafuoco e dalla loro Tv.

Insegniamo ai nostri giovani il coraggio di parlare, di riuscire a dire cosa davvero pensano. Insegniamo loro a saperlo dire con calma e precisione, con rispetto e intelligenza. Calma, precisione, rispetto, intelligenza, sono bandite dal teatrino mediatico di Mangiafuoco. Necessitano di quella serietà, di quell’autenticità che solo carta e penna sanno dare. Ritorniamo a far scrivere i ragazzi. Solo così sapranno farsi le proprie ragioni, senza nessuno che li costringa ad esprimersi tra una pubblicità e l’altra, evitando il rischio di quella banalizzazione assicurata in tutte le occasioni in cui ciò che d’importante si riesce a dire si trova a sgomitare tra la reclame di un prosciutto e una puntata del nuovo Reality Show. Facciamolo presente, ai nostri giovani. La vera protesta è quella che si scrive. La vera protesta è quella che si legge.

Insegniamo ai nostri ragazzi a leggere e scrivere. Anche servendosi delle nuove tecnologie, certo. Niente sa essere più completo, più ricco di informazioni e di idee di Internet, per lo meno finché Mangiafuoco non deciderà di oscurare definitivamente anche quello o stabilirà di filtrarne irrimediabilmente i contenuti, naturalmente “per la nostra sicurezza”. Ma spieghiamo loro la differenza tra il mezzo e il fine. Tra la tecnologia e la felicità. Internet può essere un pozzo di verità incontrollabili e di informazioni inafferrabili da parte del potere costituito. Non può ridursi, dunque, al pettegolezzo di un gigantesco bar telematico, in cui si entra solo per passare il tempo snocciolando banalità, consolidando dipendenze. Non va ridotto a una narcisistica vetrina elettronica per guardoni alienati.

Insegniamo di nuovo ai nostri giovani a leggere ed a scrivere.
Nessuna rivoluzione è più grande di quella che riconsegna dignità alla scuola, permettendole di tornare a insegnare agli uomini ad essere autentici, onesti e concentrati.
Nulla è più rivoluzionario di una Scuola che insegna ad essere liberi.

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