DI BENESSERE NON SI MUORE

Ancora una volta, è tutta la struttura socio/economica del Paese ad essere sotto tiro. N’avevamo già scritto, con la recondita speranza d’esserci sbagliati. Almeno, per quanto ci sta capitando, ne saremmo stati lieti; anche perché sbagliare è umano. Eppure quest’amara realtà ha da essere affrontata e, nei limiti del possibile, analizzata per identificarne le cause reali anche se rimedi non ne vediamo. Ora non è più possibile evitare di partecipare ai destini del Paese. L’Italia è una parte d’Europa e l’Europa dovrebbe essere la seconda forza economica del globo. Purtroppo, non è così. Risulta, infatti, che il Vecchio Continente tende a collassate su se stesso. L’andamento economico negativo n’è la manifestazione meno tollerabile. Dato che da noi non avrebbe valore un “braccio di forza” tra Governo e Parlamento, conviene tener duro ed arrivare alle elezioni politiche del prossimo anno. Due sono i parametri che hanno da trovarsi in sintonia: il costo del lavoro e la produttività. Se manca un effetto volano tra queste inscindibili realtà, la crisi è inevitabile. Noi ci siamo arrivati. Lo hanno compreso tutti, anche se le reazioni in negativo non sempre riusciamo a tollerarle. Possiamo intendere i motivi delle “tensioni”, ma nulla di più. Il nostro Paese, più di altri in UE, è vittima di una recessione speculativa senza precedenti e con effetti devastanti. Ora c’è da considerare l’essenzialità dei fatti. E’ inutile vivacizzare polemiche che non porterebbero a nulla. Possiamo, in ogni caso, riconoscere che certe strategie sono state sbagliate. I provvedimenti spartani ci hanno trovato impreparati. La nuova “austerità, ” non corroborata da una linea di programma comprensibile a tutti, ci ha spiazzato. Forse, è meglio rammentare che la nostra Costituzione sancisce il diritto al lavoro, ma non lo può garantire. Con questa premessa, non è difficile comprendere che se non esiste più un rapporto di domanda/offerta bilanciabile, il resto resta un dettato in sostanza non applicabile. Il presupposto “lavorare meno, ma lavorare tutti” poteva anche andar bene negli anni’80. Oggi sarebbe impossibile renderlo operativo. Quando è la stabilità economica a crollare, allora tutto appare più precario e le sicurezze lasciano il posto ai dubbi e all’incertezza. Il 2013 ci porterà altri problemi e la difficoltà d’intraprendere una via politica più consona con i tempi che stiamo vivendo. Non esiste, purtroppo, una ricetta “magica” per uscire dal lungo tunnel. Ma è anche vero che si dovrebbero coinvolgere, più gradualmente, i cittadini alle esigenze dello Stato. Imporre sacrifici e scelte di cui non si riesce a comprendere la priorità non ci sembra buona scienza. Forse, impostare una “frenata” ci costerebbe molto di più che avanzare nei provvedimenti impopolari. Di un fatto siamo certi: di benessere non si muore. Possibile che ci voglia tanto per rendersene conto?

Giorgio Brignola

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