SULLA TERRITORIALIZZAZIONE DELLA SINISTRA. TRE MOTIVAZIONI E QUATTRO PUNTI PROGRAMMATICI.

La sinistra italiana deve riprendere forma su tre motivazioni principali. La prima motivazione giace nella necessità di ripensare un nuovomodello di sviluppo, alternativo, che rintracci nel benesseredell’essere umano e degli esseri viventi i suoi tratti fondamentali.Quando la struttura economica e sociale basata sulla proprietà privatadei beni di produzione diventa neo-capitalismo, la produzionelocalistica di beni e consumi si trasforma in produzione di massa conun aumento della concentrazione del potere economico in grandi societànazionali o multinazionali e con una espansione continua dei consumie della massa dei consumatori. Seppur questo enorme incremento dellecapacità di produzione, trasporto e smistamento di beni determinal’inizio di processi di omologazione sociali, culturali ecomportamentali, intaccando i costumi, le particolarità e letradizioni, il capitale continua a rigenerare se stesso,incrementandosi, attraverso sempre la fase della produzione. Ilneo-capitalismo muore, trasformandosi lentamente in qualcosa di piùpericoloso quando, staccandosi dalla fase produttiva, comprende dipoter alimentare se stesso a costi quasi azzerati. Il capitalismodiventa, così, un processo in cui il capitale genera se stesso senzafermate intermedie, autoalimentandosi. La seconda motivazione giace nella necessità di ristabilire uncontatto tra la voglia di inclusione politica da parte del cittadino ele idee di eguaglianza, di solidarietà umana e di giustizia sociale.Siamo ormai giunti all’incontro tra la voglia di sinistra e lamancanza di sinistra nel Paese, all’incontro tra una positività ed unanegatività, entrambi in crescendo, conditi da un parlamentarismoottuso lontano dalla gente e, quindi, lontano dai reali e tangibilicambiamenti dei microsistemi sociali. E’ sempre più necessariointraprendere una ristrutturazione della solidarietà politica evitandola istituzionalizzazione dei gruppi dirigenti ed ammettendo come iceti produttivi medio-piccoli siano totalmente inglobabili in undisegno radicalmente riformatore al fianco dei ceti più deboli. La terza motivazione giace nella necessità di ristabilire un contattodiretto con la gente nei territori, territorializzando laprogettualità di una nuova sinistra eco-socialista, che trattidirettamente, casa per casa, strada per strada, fabbrica per fabbrica,le reali problematiche delle collettività. Una sinistra per la poveragente che metta in soffitta i miti del passato come personali ricordie rigetti il perseverare di una politica annacquatamente riformista.Non vi è alternativa politica, oggi, senza un ricollegamento serio traun potenziale progetto di sinistra e quello che è rimasto del suopopolo. Compito arduo ma possibile solo in chiave strategica, senzaalcun tatticismo, poiché la sinistra ha smesso di affrontare con forzainteressi, resistenze, ostilità, corporativismo e parassitismo,scivolando così verso un forte moderatismo sulla risoluzione deiproblemi reali dei ceti deboli e verso una radicalizzazione delparlamentarismo, anche locale, come pratica politica. Dovremo evitare unificazioni di vertici, di interessi di potere, diapparati ma puntare ad un lavoro di ripresa di un movimento popolare.Un movimento dei molti della sinistra contro cartelli a finielettoralistici con un seguito tra i molti. Oggi un movimento, unpartito la cui esistenza risiede nei suoi fini elettorali non ha alcunsenso nella società e non permette un ripensamento dei processisociali in quanto estranea, da tali processi, la gran parte dellecittadinanze. Una progettualità di alternativa a sinistra ha il compito di evitarepratiche spartitorie con il centrismo moderato. Il centro-sinistra èoggi, come lo è stato in passato, un compromesso politico e nonsociale. E’ troppo poco rappresentativo del movimento invisibile deimeno abbienti, delle forza lavoro e delle forze della media-piccolaimprenditoria per riuscire ad emergere come alternativa politica peruna esistenza diversa. L’azione politica basata su questi tre punti porta al superamento delcapitalismo del XXI secolo. Partendo dai popoli, dalle insenaturepositive delle società. La sinistra italiana deve riprendere forma su quattro puntiprogrammatici principali.* Partiamo da un ragionamento di sistema. E’ necessario premettere cheun’economia nazionale immersa in un meccanismo economico globalizzato,essenzialmente di stampo liberista, rischia, durante crisi di sistemacome l’ultima, di vedersi proiettata verso una nuova organizzazionesociale e politica, non prevedibile, caratterizzata essenzialmente dalprosciugamento di diritti e di benessere collettivo. Il primo punto è il diritto alla casa. E’ necessario affrontare ilproblema casa in modo del tutto rivoluzionario partendo dall’idea cheogni singolo individuo, ogni singola famiglia ha il diritto ad avereun tetto, un riparo, un rifugio, una casa e che essa deve esserefornita in ultima istanza dallo Stato. L’approccio al rispetto diquesto diritto ci deve portare tendenzialmente all’azzeramento dellapercentuale relativa ai senza tetto oggi in Italia. Per chi ha un reddito, il problema principale è nello squilibrio traofferta e domanda abitativa. Non c’è, in Italia, una offerta abitativacapace di assorbire una domanda di abitazioni a prezzi moderati.Abbiamo un invenduto rilevante mentre l’emergenza abitativa cresce peri prezzi troppo elevati, per gli effetti che la crisi sta avendo suiredditi e sulla capacità delle famiglie di pagare affitti e mutuibancari, e per l’abbandono da parte dello Stato di una politica diedilizia economica e popolare. Da una stima condotta da Federcasasembra che le famiglie in attesa di una casa siano circa 583-milamentre gli alloggi invenduti si aggirino intorno alle 300-mila unità.Certamente lo Stato dovrebbe riprendere una sua centralità propositivaavviando da subito, nel caso questi numeri venissero confermati, lacostruzione di abitazioni a prezzi popolari per soddisfare una domandadi circa 280-mila famiglie e, contemporaneamente, avviare politiche diassorbimento dell’invenduto che vadano a soddisfare le esigenze dellefamiglie in attesa di una abitazione. Nel suo complesso, lo Stato deveessere garante del benessere dei suoi stessi cittadini e, quindi,avviarsi verso un cambiamento di tipo culturale prima che politico chevede nell’abitazione un diritto. Il secondo punto è il salario minimo garantito. Nel 2011 l’Italia si èritrovata con più di 8 milioni di poveri, i quali rappresentano quasiil 14% dell’intera popolazione e l’11% delle famiglie. Quasi 3milioni di famiglie, composte da due persone, è al di sotto dellasoglia di povertà (pari a 1.011,03 euro mensili). Aumenta la povertàdi coppie con un figlio, pari al 10,4%; delle famiglie con cinque opiù componenti, pari al 28,5%. Le famiglie a rischio povertà sono il7,6% mentre al Sud la situazione si aggrava visto che una famiglia suquattro è considerata povera. In una situazione simile lo Stato e leistituzioni dovrebbero avere le capacità operative di intervenirecelermente con misure atte a calmierare gli effetti nefasti dellacrisi, soprattutto con l’istituzione di un reddito minimo. E’ vero chetutti i Paesi europei prevedono qualche forma di reddito minimo tranneItalia, Grecia e Bulgaria. Indirizziamo, però, i nostri ragionamentiverso uno dei Paesi più all’avanguardia sul reddito minimo, laNorvegia, la quale offre ai suoi cittadini un reddito di esistenza,senza limiti, che garantisce un importo mensile di circa 500 euro. Se noi supponessimo, secondo la proposta di ‘Intelligence Precaria’,di erogare 600 euro mensili per garantire a tutti un reddito di basepari a 7.200 euro all’anno, a tutti indipendentemente dall’età e dallostatus, la collettività dovrebbe sopportare un costo annuo di quasi 18miliardi di euro. Ma tenendo conto che, a oggi, si stima che il costoattuale del welfare sia di 15,5 miliardi di euro annui, il costo extrada sopportare si aggirerebbe intorno ai 5 miliardi di euro annui. 5miliardi, pari al gettito ricavabile da un’ imposta ordinaria, dicerto non pesante, sul patrimonio, incluso quello mobiliare, conaliquota progressiva al di sopra di un milione 200 mila euro. Il terzo punto è il diritto alla salute, pubblica e gratuita. Latutela alla salute come “diritto fondamentale dell’individuo einteresse della collettività” è sancito dall’Articolo 32 della nostraCostituzione e tale principio deve essere osservato e promosso conl’azione costante delle istituzione affinché rientri l’effettivo eprogressivo scollamento, tutt’ora in corso, tra norme scritte e normeapplicate. L’Italia dovrebbe iniziare a essere uno Stato moderno edefficiente soprattutto con la modernità e l’efficienza del suo sistemasanitario e con la funzionalità dei suoi servizi essenziali. Ildiritto alla salute è di tutti i cittadini. Oggi, però, testimoniamouno smarrimento politico sul come rendere questo diritto fondamentaleuna realtà, viste le sue disfunzioni e i suoi costi. L’egoismo e gliinteressi personali, oltre all’inadeguatezza delle strutture, sonocancri del sistema sanitario nazionale. Il pensiero neo-liberistasponsorizza un sostanziale programma di privatizzazione degli entipubblici, sostenendo che i problemi della sanità italiana si possonorisolvere solamente con la privatizzazione di molti settori delservizio sanitario. Questo, però, implicherebbe una sanità in baliadelle leggi di mercato andando contro i più deboli e i più poveri. In Europa, poi, spendiamo molto meno rispetto ad altri paesi.L’Italia, infatti, spende circa 115 miliardi di euro per la sanità,pari al 7,2 per cento del P.I.L. Non vorrei che si usasse la tesidell’alto costo della spesa sanitaria pubblica per smantellarla eavviare un processo di privatizzazione del tutto a scapito dei piùdeboli. Il sistema sanitario deve essere pubblico e le risorse vannoricercate nelle inefficienze del sistema paese. Dal sommerso,all’evasione, dalla corruzione alla concussione. Basti pensare chesolo il sommerso vale tra i 529 e i 540 miliardi di euro. Sarebbeauspicabile una radicale riforma del sistema sanitario nazionale, insenso pubblico, responsabile e razionale, e con la fine immediatadella lottizzazione delle Unità Sanitarie Locali da parte dei partiti. Il quarto punto è il diritto allo studio, pubblico e gratuito. Ildiritto allo studio è tra i diritti fondamentali che consentel’attuazione di altri diritti della persona. Avere la possibilitàdell’istruzione permette alla collettività di essere consapevole nellescelte da fare, in modo del tutto autonomo. Naturalmente, il dirittoallo studio non deve avere vincoli calati dall’alto in quanto non èuna merce a pagamento ma un diritto che solo una scuola pubblicaefficiente, gratuita ed aperta a tutti, può perseguire. Reputo che cisi debba muovere verso la valorizzazione del pubblico attraversol’intervento dello Stato. Lo Stato abbia cura del pubblico. I privati,e solo i privati, delle istituzioni private. Naturalmente, la lineadi demarcazione tra intervento pubblico e privato deve essere chiara enetta. Solo la scuola pubblica può aprire la nostra società aicambiamenti, senza recinti identitari separati, nel solco dellacoesione sociale e verso un approccio multiculturale e multirazziale. * Buona parte dei quattro punti programmatici sono ripresidall’intervista rilasciata ad Euronews.org –Manuel Santorohttp://manuelsantoro.com/

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