Quando lo Stato processa se stesso

Loredana Biffo

Anche a Torino, come in molte altre città italiane, il movimento delle Agende Rosse ha presenziato davanti al Palazzo di Giustizia Bruno Caccia, per sostenere i magistrati siciliani che a Palermo davano corso al dibattimento con i 12 imputati eccellenti, protagonisti della trattativa Stato-mafia.
Un processo “blindato”, con la stampa e il pubblico fuori dalla porta, questo per richiesta dell'avvocato di un imputato; nonostante questo processo meritasse una rilevanza totale, e un'informazione adeguata.
Questo è un processo che ha davanti a sé una strada tutta in salita, a partire dall'istanza di ricusazione nei confronti del giudice Morosini da parte dell'imputato Giuseppe De Donno, al ricorso alla Consulta avviato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, un pesante macigno lanciato sulla strada della verità e della giustizia, dice Salvatore Borsellino.
Un processo preceduto da incredibili attacchi ai magistrati che hanno portato avanti le indagini, vere e proprie intimidazioni ai pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia e ultimamente anche al giovane Roberto Tartaglia.
Questo è uno Stato che non ha il coraggio, o la volontà di processare se stesso, cosa inevitabile se si ponesse l'obiettivo di sconfiggere la mafia. Come non sospettare che difronte a tanta ritrosia a far luce sui fatti, non ci sia la volontà di mantenere nell'oscurità, i rapporti tra alcuni rappresentanti delle istituzioni e la mafia.
Come dimenticare che questo dannato Paese, si avvale indegnamente del segreto di Stato sulle stragi di stato.
Questo è il problema fondamentale della politica, del vuoto che questa ha creato in un Paese che ha una storia secolare di mafia, più antica del Paese stesso. Non si è mai fatta verità sui fatti.
Va compreso che la mafia è un “sistema di potere” che non ha come fine solo l'arricchimento, che è in sé un “mezzo”, bensì ha come fine il “potere”, e per raggiungerlo e mantenerlo, ha l'esigenza di interagire con i poteri istituzionali.
Là dove i suoi rapporti con lo Stato, sono insiti nel Dna della mafia, per poterne ricavare l'impunità.
E' esattamente questo il punto da attaccare; perchè senza questa interrelazione con lo Stato, la mafia non potrebbe sopravvivere, non godrebbe dell'impunità garantita dal potere istituzionale.
La vera anomalia italiana, non è la mafia, ma la sua classe dirigente, che è la causa dell'impunità mafiosa. Questo è dimostrato dal fatto che l'Italia è l'unico paese con una storia drammatica di stragismo. E questo non per incapacità della magistratura, ma per incapacità manifesta della classe dirigente che fa da “tappo”, incidendo sulla magistratura e sulle indagini.
Questa forma di relazione tra la classe dirigente e la mafia, ha favorito l'accoglienza dei mafiosi nel nord Italia, perchè ha dato vita ad un intreccio tra potere criminale e classe imprenditrice del nord.
Purtroppo allo stato attuale non serve colpire solo la struttura criminale, è necessario recidere il legame tra la classe dirigente e il ceto criminale, se non vi è ricambio di soggetti, non serve intervenire unicamente sulla mafia.
Un fatto importante sono gli accordi elettorali, che attualmente non sono punibili, non ci sono strumenti penali sufficienti per colpirli. Sono necessarie norme antiriciclaggio, e attacchi alla struttura finanziaria. Non è sufficiente la ricerca di latitanti, che sono la struttura militare della mafia, se poi nessun politico si dimette quando è indagato, grazie ad un circuito politico che non li espelle.
Il potere politico, ha l'importante funzione di impedire che i conflitti, interessi, bisogni e aspirazioni degli individui dei gruppi lacerino il tessuto della convivenza civile. Che vi sia la percezione da parte di questi, che la mafia si sostituisca allo Stato quando si tratta di dare sostegno alla povertà.
Il gioco politico ha molte possibili varianti, esso è un genere che comprende molte specie. I modi possibili sono tanti quanti sono i regimi politici. Il gioco politico è democratico finchè certe regole non vengono alterate o applicate in modo anomalo, quindi si comincia a giocare ad un altro gioco: quello che piace alla mafia.

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