Bisogna pur riconoscere che nella consumazione dello strappo tra Finie Berlusconi vi sono state tre, serie, rigorose, intuizioni politiche.Innanzitutto, il Presidente della Camera aveva ben compreso come ilPdL non fosse riuscito ad essere che una pallida copia dell’orizzontedi destra riformatrice, antidogmatica, popolare senza scadere nelpopulismo, liberale, che aveva promesso d’essere. Quel progetto nonaveva sbocchi al proprio interno, dilaniato da troppe disputecorrentizie senza un vero peso specifico ideale da spendere nellacontesa, ma anche nel novero più ampio della compagine governativa,dove l’asse con la Lega sembrava incerto quanto, finalmente, esauritoin ogni suo tentativo di dar risposte concrete, e non sciatte nérazziste né routinarie, ai problemi di un federalismo equitativo edinamico, non approssimativo né censitario. L’altra intuizione diFini, subito conseguente a quella appena esposta, consisteva nellapugnace reazione che avrebbe determinato nei suoi ex-alleati:vendicativa, furibonda, con campagne contro il “traditore” di turno,il disfattista e la sua corte impregnata di “fighettismo” (fino allasimulazione di controversie insussistenti, come dimostra l’attualità).La terza intuizione dell’ennesima svolta finiana, però, è la piùconsistente e la più meritevole, ben al di là di tutti i passi falsiche, certo, possono aver interessato la parabola del Presidente (chepure ne ha fatti, a volte recuperando e sopravanzando il proprio puntodi partenza, a volte restando avvinto a contraddizioni irrisolte e ataluni errori politici e strategici). Far incontrare la componente piùavanzata del fu Movimento Sociale Italiano, ribellandosi aglischematismi consunti, e la altrettanto intrigante area di una destralibertaria, garantista, intransigente con gli eccessi statalisti, nonproclive a un’economia conservatrice, ma a un sistema produttivoduttile ed evoluto. La sfida, insomma, era (ed è, o dovrebbe essere)unire libertà e solidarietà, elaborazione sullo Stato sociale e tuteladei diritti di libertà, non solo le libertà economiche: il gruppo diFuturo e Libertà non è detto che basterà allo scopo; il traguardo èdistante, non facile, ma già lo si vede, dettato com’è da talunenecessità oggettive che confermano la speranza di creare unacoalizione dove stiano i liberali e la parte più incisivadell’esperienza della Destra in Italia, i socialisti non abbandonatisiné a sirene centriste né alle antiche suggestioni di FI-CdL-PdL (ForzaItalia-Casa delle Libertà-Popolo delle Libertà) e quel segmento dellacultura radicale che non ha rinunciato al tema dei diritti, ma che siè distaccato dall’originaria formazione -non sempre a ragione, ma concalcolo e/o opportunismo solo in casi che non pare riguardino la“pattuglia” neo-radicale ora vicina al FLI.Le prime due intuizioni hanno già avuto ricaduta pratica e inveramentosostanziale. La terza, quella che sarebbe stata maggiormenteauspicabile, è nelle carte di avvenire solo se sarà nelle corde di chivorrà attuarla.
Domenico Bilotti