La Capanna della donna mestruata e la Santa Ipocrisia Assorbente

La cronaca “internazionale” che ogni tanto spulcio, racconta che “E’ morta a causa di una frana che l’ha seppelita viva nella stalla dove era stata confinata a causa del suo periodo mestruale. Kumari Basnet, 16 anni, ha perso la vita in un villaggio del distretto di Jajarkot, nell’ovest del Nepal, dove era stata messa in isolamento secondo la tradizione indù del “chaupadi”. Per il “chaupadi“, durante il ciclo mestruale le ragazze non possono visitare luoghi sacri, nè entrare in casa, venendo così mandate a trascorrere quei giorni nei capanni dove è racchiuso il bestiame. Nelle zone del Nepal occidentale, dove viene rispettata la tradizione, le donne ‘in esilio’ sono state spesso vittime di aggressioni di animali selvatici e rapimenti.”

Allora mi è venuta la curiosità di sapere se questo macabro rituale di “purificazione ” si ripeta in altre zone del mondo e ho trovato che “Questo accadeva in numerose popolazioni native nordamericane, compresi i Santee Dakota e gli Ojibwa del Minnesota. Oltre a certe specifiche proibizioni, come quella di toccare o addirittura avvicinarsi alle armi dei guerrieri, le donne subivano un vero e proprio isolamento dalla società e dal villaggio ed erano costrette a soggiornare in una capanna ai limiti dell’insediamento. In questo luogo di isolamento, le donne avevano con sé un cucchiaio, un piatto ed un’accetta, gli unici mezzi con i quali potevano toccare cibo, prepararsi da mangiare e procurarsi legna per il fuoco o acqua per bere. Presso gli Ojibwa, il primo periodo mestruale di una ragazza era l’occasione per una festa ed un banchetto collettivo. Nel dipinto ‘La Capanna del Ciclo Mestruale’, Seth Eastman illustra una scesa caratteristica dell’accampamento ojibwa, presso le rive di un fiume. Il grande wigwam di cortecce in secondo piano è l’abitazione delle famiglie algonquian dei Grandi Laghi. Appoggiate alla capanna ci sono due canoe di corteccia e due pagaie di legno, mentre un recipiente di corteccia di betulla (mohock) si trova davanti all’ingresso. Tipico dei dipinti di Eastman, si notano degli uomini ozianti seduti a guardare l’orizzonte, mentre una laboriosa donna sistema della legna. La capanna dell’isolamento è in primo piano, parte di essa è volutamente mancante, per mostrare la presenza della ragazza all’interno. La piccola costruzione è anch’essa tipicamente ojibwa, con uno scheletro di sottili pali ricoperto da stuoie di erba di gatto. La postura della ragazza, con le gambe raccolte sotto il corpo su un lato, è quella descritta in un altro dipinto di Eastman, mentre una capanna simile, probabilmente per il medesimo scopo, compare nel dipinto ‘Accampamento Dakota’ “

Ma gli Indiani d’ America sappiamo come sono stati esiliati in massa, femmine e maschi, nelle Riserve.
Allora andiamo nella Roma antica: “La donna romana cominciava dalla nascita ad affrontare mille difficoltà per la sua sopravvivenza. In età traianea in una città le persone ammesse all’assistenza alimentare erano 179, di cui 145 maschi e solo 34 femmine. Il che dimostra quanto la condizione femminile fosse considerata al di sotto di quella maschile, sia pur sempre migliore di quella greca, dove era alla stregua di una schiava. La donna era considerata un essere inferiore, con pochissimi diritti e totalmente sottomessa prima al padre e ai fratelli, poi al marito.Quando vennero rapite le Sabine nel famoso ratto, le donne accettarono di andare spose solo a certi patti che i Romani accettarono:
  • le sabine non avrebbero mai dovuto lavorare per i loro mariti, salvo filare la lana;
  • per la strada gli uomini dovranno cedere loro il passo;
  • nulla di sconveniente sarà detto a loro o in loro presenza; nessun uomo potrà mostrarsi nudo davanti a loro;
  • i loro figli avranno una veste speciale (praetexta) e un ciondolo d’oro (bulla aurea).

I Romani promisero ma presto dimenticarono.”

Poi ho scoperto che è esistito il Museo delle Mestruazioni, in America…: “Attualmente sopravvisuto solo on-line, il Museo della Mestruazione è esistito dall’agosto 1994 all’agosto del 1998, primo ed unico luogo al mondo dedicato esclusivamente alla cultura del ciclo mestruale. Il museo, nato per volere dello statunitense Harry Finley che lo ha creato nel seminterrato della sua casa nel Maryland, ha festeggiato 10 anni di attività nel 2006. Oggi lo si può visitare solo virtualmente, mentre Harry aspetta di trovare un luogo pubblico che lo ospiti. Il MUM accontenta proprio tutti: dalle appassionate di storia antica che troveranno notizie e curiosità risalenti all’antico Egitto alle assetate di advertising, che potranno fare un viaggio tra le prime campagne pubblicitarie sull’argomento, fino agli appassionati d’arte.Curiosando tra le tantissime sezioni del museo si scopre che la prima donna ad apparire in una pubblicità per un assorbente fu Lee Miller, la fotografa compagna di Man Ray, nel 1928. Si trovano i prototipi delle prime coppe contenitive e dei primi tamponi, insieme a tantissime altre curiosità su uno dei simboli più forti della femminilità, che forse meritava un museo, un luogo che fosse testimonianza di tutti i piccoli gesti, oggetti e riti a cui noi donne siamo abituate da millenni.”
Veramente senza tanto girare in tondo, mi giunse voce quando ero ragazza, e so che si insiste con questa diceria, che è bene che le donne durante le mestruazioni, non tocchino le piante perchè le fanno morire: “Molte religioni hanno tradizioni collegate alle mestruazioni. Queste consistono a volte in divieti di compiere certe azioni durante le mestruazioni (come per esempio l’avere rapporti sessuali secondo la religione ebraica ortodossa o l’Islam), o in pratiche che devono essere eseguite alla fine di ogni periodo mestruale (come il mikvah nella religione ebraica e il ghusl nell’Islam). Nell’induismo durante le mestruazioni le donne non possono effettuare il puja e diverse altre pratiche di culto.In varie parti del mondo anticamente sono esistite delle credenze secondo le quali la donna mestruata non dovesse toccare le piante, per non farle seccare: in Spagna, Grecia e nell’Italia meridionale non doveva guardare il grembo di altre donne, perché poteva renderle sterili (Sicilia), non poteva toccare il grano perché lo avrebbe reso non commestibile (Puglia), non poteva aiutare nella preparazione domestica di distillati, salse e marmellate (Calabria, Puglia Sicilia), in Francia e nell’Italia settentrionale (Piemonte e Valle d’Aosta) nella salatura dei cibi (e per la sua condizione detta “non salatrice”) ecc. poiché si pensava potesse causarne una non eccellente riuscita.”
E’ di stamattina un’ altra amena notizia letta sull’ Ansa: “ “Bufera alla prestigiosa American University di Washington: Adrienne Pine, professoressa di antropologia dell’ateneo, ha portato in classe il primo giorno di lezioni la bimba malata ed altrettanto serenamente l’ha attaccata al seno quando non smetteva di piangere.Continuando a spiegare la sua lezione. Inevitabile lo scandalo, che sta dividendo gli stessi 40 studenti che hanno assistito al fatto, scatenando dibattiti con comunicati della università e corsivi online della professoressa.Ansa”
Non sono nuova a curiosità “femminili” e a Donne Assorbenti. Ne scrissi a marzo del 2009: Sarà stato intorno ai primi anni ‘70 che mi colpì qualcuno che raccontava la Fine, per l’Occidente s’intende, quando le donne cinesi avessero tutte usato gli assorbenti. Ancora mi ricordo di quelle operazioni bacinella su pannolini di cotone contaminati dal sangue, prima da lavare con acqua fredda e sapone e poi da far riposare in acqua e varecchina. Tornava tutto bianco.
Feci a tempo anche a vedere, appesi ai fili, i pannolini delle mie sorelline gemelle nate ai primi di marzo, e la loro entrata in casa con una insolita neve romana. Arrotolai e piegai in una cesta infinite fasce: si chiamavano sorrisi e triangoli.
I sorrisi per queste alternanze mensili che vennero poi, allora furono pochi e perplessi. Di triangolare rimase il segnale di pericolo: l’assenza di sangue poteva essere sinonimo di nascita. Ci siamo sottoposte tutte a questa spesa con piacere, per non buttare il nostro tempo in sciacquettamenti e sospiri. Una tassa che ha assorbito una vita riproduttiva, da produttrice a consumatrice: un fai da te, paga e getta e per cortesia senza esibizione. Solo pochi decenni addietro e si mostrava in parecchi nostri paesi, la pezza della prova sverginamento post nozze. Proprio come fanno ancora tante milioni di donne cinesi ad attestare il ciclo mestruale come controllo governativo delle nascite. Girava voce in Italia che qualcuna si faceva ricostruire l’imene: roba da ricche, come oggi il designer vagina…Gli assorbenti sono con le ali: dicono che garantiscono una maggiore protezione. Non so se noi le abbiamo messe. Di certo abbiamo una gran capacità di assorbimento, per natura.Possiamo avvolgerci nella carta igienica e dormire tra due guanciali super assorbenti: asciutte e pulite. L’assorbente è invisibile, quasi quanto la violenza domestica e la nostra capacità di autodeterminazione, non solo nella scelta di cosa raccolga il ciclo vitale della donna ma di come esserci, esistere in rapporto all’incontro con l’altro da noi, che non può essere solo la denuncia, l’evadere con ali protettive….Una spilla da balia fa ancora da badante-chissà quante ancora oggi la usano- chè non si riapra la chiusura, tenga fermo il pannolino, contenga: riaprire almeno la libertà della memoria? O per Altre Menti: “Davvero utili e pratiche da usare. Naturali e amiche della nostra salute. Che possibilmente ci facciano risparmiare. A impatto zero, ovvero riutizzabili per lungo tempo e che non comportino un danno ambientale quando le si elimina”. E le cinesi? Pare ci sia ancora tempo. Ma i canti delle risaie si fanno sempre più vicini, come cosa mettere nella ciotola, quotidianamente: tra divieti, triangoli e sorrisi in una sfera globale dove tabù spettacolare è ancora il sangue e come l’assorba la donna. Di madre in figlia: Ci piace pensare che non siamo state inutili.
Mi chiedo allora che fine ha fatto il ’68, l’ emancipazione e se ci siamo ridotte a comunicare su internet. Un’ amica su Facebook, Maura Fiorito, mi ha risposto: “noi non abbiamo sbagliato, lentamente in silenzio ci hanno circondato , piano piano, lentamente ed i nostri sogni sono stati nascosti e non abbiamo capito la perfidia, perchè quando le idee sono giuste si pensa; “è logico che tutti le accettino” ma la cupidigia è stata più forte e più furba.”
Doriana Goracci

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