Lo ha stabilito la corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n° 14197/12, depositata il 7 agosto, decidendo sulla legittimità dell'utilizzo di investigatori privati per accertare fatti illeciti del dipendente, ribadendo nella decisione i confini leciti della “curiosità” del datore di lavoro sospettoso o giustamente insospettito. Nel caso in questione la suprema corte, confermando il verdetto della Corte d'appello, ha dichiarato legittimo un licenziamento disciplinare disposto da un'azienda decidendo sul ricorso respinto di un dipendente d'albergo siciliano con il vizio della mano lesta.
Secondo gli ermellini, evidenzia Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, al riguardo il dipendente può essere fatto seguire e controllare a distanza da un investigatore privato, ma solo se c'è il sospetto che stia commettendo reati. Il poliziotto privato invece non può spingersi o essere spinto a verificare l'esatto adempimento dell'obbligazione lavorativa, cioè a fare l'esame a distanza di come il dipendente svolge le sue mansioni. Non solo. La perquisizione personale cioè corporale del lavoratore sospetto infedele è lecita, ma non invece quella sulla sua auto o nella sua abitazione. Richiamando una precedente decisione della stessa corte (la sentenza n. 9167/2003) la Cassazione ha ricordato che “le disposizioni (artt. 2 e 3, L. n. 300/70) che delimitano, a tutela della libertà e dignità del lavoratore, in coerenza con disposizioni e principi costituzionali, la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei propri interessi, e cioè per scopi di tutela del patrimonio aziendale (art. 2) e di vigilanza dell'attività lavorativa (art. 3), ma non precludono il potere del datore di lavoro di ricorrere a personale esterno ma non guardie giurate per verificare l'onestà del dipendente rispetto all'utilizzo dei beni aziendali, ma senza approfittare del monitoraggio per quantificare o valutare la prestazione di lavoro. E anche nell'ambito dei controlli leciti, il lavoratore “mano lesta” può essere perquisito, ma la legittima curiosità non può arrivare nemmeno all'auto utilizzata dal dipendente. Che, dal canto suo, esce comunque da questo processo soccombente: la Cassazione ha stabilito che il licenziamento, nel caso specifico, era più che giustificato.