Italiani d’Argentina. Delusi, indignati e fiduciosi.

di Walter Ciccione

Dall'Argentina, paese nel quale risiede la più numerosa tra le comunità italiane all'estero, seguiamo con marcato interesse e preoccupazione le variazioni e le conseguenze del terremoto economico, finanziario e politico che colpisce l'Italia, paese inchiodato da uno smisurato debito pubblico che sfiora i duemila miliardi di euro, pari al 123 per cento del Pil, da una crescente recessione e dall'aumento della disoccupazione che per quanto riguarda i giovani, raggiunge addirittura il 36 per cento….
Per ripianare il pesante deficit che si é accumulato negli anni, il governo e stato costretto a prendere una serie di misure impopolari, che comprendono da piani di austerità, con valanghe di tagli, tra i quali, i più recenti “spending review”, singolare e inglese nome, che sembra avere lo scopo di nascondere ulteriori tagli alla spesa, espressione più comprensibile ma anche più indigeribile, che oltre a dure reazioni sindacali, generano timori di conflitti sociali.
Da quanto si può capire guardando da lontano, la situazione si presenta nel contesto di un dibattito politico ingarbugliato, che vede gran parte della cosiddetta “Casta” dei politici messa dalla pubblica opinione sul banco degli imputati, che manifesta il suo astio ricorrendo ad uno slogan coniato in Argentina durante la crisi del 2001, il controverso “que se vayan todos”, cioè “tutti via, tutti a casa”.
In definitiva si tratta della convergenza di una serie di fattori, che accumulandosi vanno creando le condizioni per una “tormenta perfetta”, davanti alla quale e per evitarla, il Presidente Napolitano ha lanciato un governo di tecnici presieduto da Mario Monti, navigato capitano esperto di mari burrascosi per affrontare la crisi, anche se non manca qualche malpensante che teme che di fronte ad una situazione tanto complessa, sia tentato di una “soluzione del tipo comandante Schettino e abbandonare la nave.”
SOTTO L’IMPERO DELLE EMOZIONI
Dicono che, come succede con gli anni, nemmeno le crisi vengono da sole e in questo caso, arrivano accompagnate da misure negative nei confronti degli italiani all’estero, alcune ragionevoli, altre marcatamente arbitrarie.
Sul particolare, sorvolando sui dettagli, ricordiamo in stretta sintesi: la cancellazione nel palinsesto della Rai International, gli spazi rivolti alle comunità all’estero; i tagli che hanno amputato i contributi sulla promozione della cultura e della lingua italiana all’estero, quelli destinati al rinnovo dei contrattisti nei consolati con le conseguenze del caso nell’attenzione ai connazionali, fino al peggio, l’estrema riduzione dei fondi destinati all’assistenza agli anziani connazionali bisognosi, presunti “italiani a tutti gli effetti”.
Per un settore della “Casta”, la scusa dell’emergenza, con lo strumento dello “spending review”, è servita per ridurre o togliere diritti che come collettività avevamo visti riconosciuti dopo decenni di attesa e di battaglie. In modo ostinato, sembrano impegnati contro Comites e Cgie e, come prendendoci in giro, hanno approvato un ennesimo rinvio delle elezioni per rinnovarli, prolungando la loro scadenza fino al 2014, quando i consiglieri avranno completato dieci anni di mandato, lasciandoli senza legittimità. Quindi, in modo quasi perverso, se la prendono con i nostri parlamentari, studiando dalla riduzione del loro numero, fino alla minaccia di cancellare direttamente la Circoscrizione Estero.
Un atteggiamento che viene complementato dall’indifferenza del media del Bel Paese, che, al di la di note di colore sugli stereotipi dell’emigrante con la valigia di cartone, ci ignorano così come avviene con l’opinione pubblica nei riguardi dei loro concittadini residenti all’estero.
AZIONE E REAZIONE
Tra i principi che regolano la fisica, una delle leggi stabilisce che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale, ma di senso contrario e, quanto abbiamo segnalato, provoca in noi un sentimento di delusione verso l’Italia, che negli ultimi tempi, oltre ad osteggiarci, sembra dimostrare un elevato grado di miopia geopolitica e strategica quando, di fronte ad un mondo globalizzato e interdipendente, circola a contromano, si allontana dalle sue comunità all’estero, dall’ “altra Italia”, costituita da circa cinque milioni di cittadini con passaporto oltre a 60 milioni di discendenti che rappresentano una risorsa pronta, disposta e in condizioni di facilitare l’accesso, come ponte di collegamento, con casi tutti i paesi del mondo.
Si tratta di atteggiamenti che, se ci lasciassimo trascinare dal nostro spirito latino, propenso a farci travolgere dalle emozioni, susciterebbero anche una impasse nella stagione dei rapporti armonici e affettivi che ci hanno sempre legato alla madrepatria.
I FATTI NOSTRI
Mentre si verifica questo atteggiamento dell’Italia nei confronti dell’ “altra Italia”, in seno alla nostra comunità si registrano una serie di condotte diverse, un ventaglio di atteggiamenti dei nostri dirigenti. Nel caso dei parlamentari, senza una reazione contundente, si limitano a fare comunicati e dichiarazioni o a presentare interpellanze nelle rispettive camere, provocandoci dei dubbi: Non possono, non sanno o no vogliono ricorrere ad altre misure?
Per quanto riguarda i dirigenti locali, manifestano posizioni anch’esse svariate: alcuni indignati che si limitano a chiedere cambiamenti, ma senza fare proposte. Altri, alzano la voce per protestare e per promuovere manifestazioni per le strade e in questo campo, la creatività locale, il “Made in Argentina” è generosa: “cacerolazos”, “piquetes”, diventati patrimonio di tutte le proteste nel mondo. Sappiamo però che proteste senza proposte difficilmente portano a buoni risultati. C’è poi la categoria dei “belli addormentati”, stanchi, apatici e sfiduciati.
Le nuove problematiche che ci si presentano, sembrano marcare la fine di un ciclo nelle tradizionali procedure e strumenti di azione della nostra collettività. Attraversiamo un tempo nel quale è necessario prospettare nuove strategie e attraverso una cruda e sincera autocritica, risolvere il dilemma shakespeariano dell’essere o non essere e perfino, prendendo quell’altra battuta, “Non pensare a quello che il Paese può fare per te, ma quello che tu puoi fare per il tuo Paese”.
Al riguardo è necessario risolvere un tema ancora in forse, quello di impostare un progetto di collettività o, come ha sottolineato Domenico Di Tullio dalle pagine della TRIBUNA ITALIANA, costituire una nuova cabina di regia, altrimenti non potremo fare altro che affrontare le conseguenze di questo stato di cose.
La storia insegna che prima o poi le crisi sono superate e, nel caso italiano, siamo convinti che il Paese, riprendendo l’impulso per ricuperare la mistica delle nostre caratteristiche – creatività, laboriosità, perseveranza – riuscirà come in altre occasioni a superare la prova.
Sempre, dopo la tempesta, è ricomparso quel sole, che ci auguriamo illumini i governi del Bel Paese per tornare a stabilire un rapporto armonico e affettivo con la nostra madrepatria.
WALTER CICCIONE

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