In alcuni casi il lavoro straordinario ha superato anche le duemilaquattrocento ore. Nelle regioni sottoposte a piani di rientro come la Puglia la situazione è perfino più drammatica
Il caso è stato sollevato da ex dipendenti dell’Azienda Ospedaliera Bolognini di Seriate in provincia di Bergamo dopo il rifiuto alla corresponsione economica delle ore di lavoro straordinario da parte della direzione aziendale.
Le procedure di ricorso erano iniziate nel marzo 2009 dopo che per anni i medici avevano prestato servizio presso i reparti di Pediatria e Patologia Neonatale accumulando ore di lavoro straordinario al di là di quanto contrattualmente previsto. In alcuni casi superando anche le duemilaquattrocento ore di lavoro straordinario ricevendo poi il diniego alla corresponsione economica da parte della direzione aziendale.
Per tali motivi i dipendenti avevano adito il Giudice del Lavoro del Tribunale Civile di Bergamo. In fase di conciliazione l’azienda aveva risposto per iscritto “di non accogliere le pretese dei lavoratori in quanto destituite di ogni e qualsiasi fondamento in fatto e in diritto”.
Il ricorso è partito di conseguenza. Ora, però, è intervenuta la sentenza favorevole di primo.
Nella sentenza si legge “ Lo straordinario effettuato dal dirigente medico per coprire le carenze di organico, e non legato al raggiungimento degli obiettivi concordati è sanzionato con il riconoscimento del compenso orario “
In buona sostanza la eccessiva quantità di ore utilizzate è verosimilmente servita all'azienda per sopperire a carenze di organico e non per raggiungere gli obiettivi concordati con i medici per aumentare qualitativamente i servizi, come il contratto nazionale prescrive.Tuttavia è stato riconosciuto il diritto al pagamento solo delle ore maturate negli ultimi 5 anni di incarico, decadendo dopo tale periodo il diritto alla retribuzione.
Per tali ragioni, Giovanni D'Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”mette in luce la situazione insostenibile di molti operatori della sanità italiana che, per garantire l’erogazione delle prestazioni necessarie ai cittadini, sono costretti a lavorare ben oltre l'orario di lavoro contrattuale. Come non mai questa sentenza mette a nudo i veri problemi del Paese proprio mentre si parla di ulteriori tagli alla sanità. Tale politica riduce i servizi e le prestazioni ai cittadini, obbligando i medici ad operare aumentando i rischi clinici. Il caso di Bergamo purtroppo non è isolato. Nelle regioni sottoposte a piani di rientro la situazione è perfino più drammatica”.Anche per questo l’ufficio legale dello “Sportello dei Diritti “suggerisce di aprire i contenziosi tempestivamente.
Lecce, 12 giugno 2012
Giovanni D’AGATA