Un posto per l’anima

Di Carlo Di Stanislao

Uscito dieci anni fa con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC), “Il posto de l’anima”, di Riccardo Milani, è un film duro e sincero, con cui il nostro cinema, dopo molti anni, torna in fabbrica, in Abruzzo, a Campolaro, dove uno stabilimento della multinazionale nordamericana Carair, produttrice di pneumatici, ha deciso di chiudere.
Gli operai non si arrendono e si organizzano: fabbrica occupata, nasce un sito Internet. Il caso passa dalle TV locali al TG regionale e poi nazionale.
Un gruppo di delegati sindacali si reca nella sede centrale USA per proporre un piano di ristrutturazione. Inutilmente. La New Economy vince.
Intanto si seguono le vicende di tre operai che, ciascuno a suo modo, cercano una soluzione personale. Scritto con Domenico Starnone, è il terzo lungometraggio del romano Riccardo Milani: non sempre misurato nell'enfasi e un po' troppo incline ai simboli ecologici, ma anche scrupoloso nel descrivere una realtà complessa, raccontata con stoica amarezza e schiettezza pudica, in cui la classe operaia e le sue contraddizioni, appaiono in bilico tra passato e futuro, tra impegno civile e sentimenti privati, tra il Nord e il Sud del mondo.
Il merito è anche della direzione degli attori tra cui spiccano Silvio Orlando, il vivace Santamaria, Paolo Cortellesi e il veterano Michele Placido.
Il film, che il 15 giugno alle ore 16.00, nella sala conferenze del Castello Piccolomini di Celano, chiude la rassegna “Il grande cinema nella Provincia dell’Aquila”, realizzata dalla Biblioteca Provinciale e dall’ l’Istituto Cinematografico “La Lanterna Magica”, scommette su una serie di elementi che si aprono a diverse letture: le incomprensioni relazionali, (il rapporto un po’ desueto se non ai confini fra Orlando e la Cortellesi); il ruolo di un Placido che torna a parlare meridionale come non si faceva da anni (l’ultima volta è stato forse in “Fontamara” dei primi anni ’80); la crisi industriale e l’inquinamento; le morti bianche in fabbrica e la voglia di rifarsi una vita al nord; l’ecologia pura e la caccia fotografica all’orso d’Abruzzo; civiltà ed avvicinamenti socio-antropologici, con perfino l’immagine di Toro seduto (sì, il Grande-capo) accostato ad una vecchina dei borghi abruzzesi, con la canzone riarrangiata degli Indiani, che fa da sfondo e da filo conduttore ad una storia intrisa di molti elementi e tuttavia lieve e molto ben narrata.
Storie e drammi raccontati su uno sfondo di attualità che non scade mai nell’ ingenuità o nel luogo comune.
Il film di Milani (conservato in arginale da 35 mm presso la Cineteca de L’Aquila), fa venire voglia di rivedere a ritroso il nostro cinema “operaista”; ad esempio l’Elio Petri di “La classe operaia va in paradiso” o prima ancora “I compagni” di Monicelli (sulla condizione operaia ai primi del secolo scorso) o la commedia “Romanzo popolare”, con un giovanissimo Placido accanto a Tognazzi e la Muti.
Un particolare elogio va all’ l’Istituto Cinematografico “La Lanterna Magica”, che, nonostante le difficoltà logistiche (legate al sisma del 2009) ed economiche (mancato finanziamento regionale dal 2006), continua a realizzare incontri e rassegne di pregio, collaborando con varie istituzioni (ASL per Cinema e Psichiatria, Carispaq per Frammenti di Donna, Università per CineMedicine, Provincia per vari forum rivolti ai giovani) e diversi festival di considerevole prestigio (a Roseto, Vasto, Teramo, Scanno, Sulmona, ecc.).
Importanti lavori di recupero e restauro, poi, sono stati portati a termine con il contributo della Sovrintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici de L’Abruzzo e quello della Direzione Nazionale Cinema; consentendo di conservare e digitalizzare molti capolavori ici contenuti nella Cineteca , istituita nel 2001 e terza, per importanza, in Italia, con oltre 1.800 titoli e un gran numero di film unici.

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