QUALE CONSENSO?

Lo avevamo scritto da subito. Il Governo Monti avrebbe avuto vita dura. E così è stato. Sono bastati poco più di sette mesi per farci comprendere, senza polemiche, che la vita nella penisola sarebbe stata più dura e senza vie d’uscita. Le riforme ci sono state, ma la mancanza di un franco dialogo politico ha reso vano ogni ragionevole compromesso. Tra le carte in gioco oggi si sente la mancanza d’equità. Per ora, il Professore può ancora contare su una certa fiducia del nostro potere legislativo. Ma il disagio non è più minimizzabile e con un prodotto interno lordo (PIL) ancora sotto la soglia del -1,5% c’è poco da sperare nei sei mesi che ci separano dal fine anno. L’Italia sta pagando a caro prezzo il ciclo di trasformazione che dovrebbe farle superare il deficit economico. Prima la Grecia, poi la Spagna e, alla fine, potrebbe essere il turno dell’Italia. Sul fronte sociale il fermento non sfugge più neppure all’osservatore meno accorto. Il Parlamento si sta muovendo, almeno questa è l’impressione, per varare una riforma elettorale prima di fine anno. Certo è che la “nuova” legge non solo potrà essere l’inizio della svolta, ma dovrà essere “gradita” al Popolo italiano che di sceneggiate ne ha visto troppe e neppure tanto originali. Con le promesse ( ma ci sono state veramente?) non si risolvono i problemi del Paese. Meglio essere chiari da subito; anche per evitare interpretazioni di comodo che ci si rivolterebbero contro. Per la verità, i “poteri forti”, che remerebbero contro, proprio non siamo stati in grado di inquadrarli. Se si dovesse votare prima della primavera 2013, il rischio d’implosione potrebbe vanificare i pesanti sacrifici che la Squadra Tecnica ha imposto al Popolo italiano fidando nella “non” sfiducia di un Parlamento demotivato e privo d’iniziative. Le idee non sono neppure chiare nell’Esecutivo che dei politici hanno un estremo bisogno per evitare d’uscire dalla porta di servizio. Questa si sarebbe una possibile sciagura nazionale. E’ proprio questo timore che ci ha allertato per tentare di chiarire quale sarà la linea di Monti nel secondo semestre di questo travagliato 2012. Per ora, non ci sono premesse che possano farci intravedere una posizione meno traballante per la nostra economia. Le elezioni amministrative di primavera non hanno per nulla chiarito le strategie di una politica private da presupposti realmente innovatori. Il “silenzio” non resta che l’unica scelta per evitare “compromessi” sempre meno accettabili. Basta uscire dal guscio nazionale per comprendere come siamo messi male. Meglio che la Legislatura, anche se solo formale, termini alla sua natura scadenza ed utilizzare i mesi che rimangono per studiare le possibilità di nuovi consensi che, oggi, proprio non vedono, né siamo in grado d’ipotizzare. Il 2013, sarà l’anno del rinnovamento. Ci sarà un nuovo Capo dello Stato ed un nuovo Esecutivo che dovrà assumersi l’impegno, ovviamente non solo politico, di dare fiducia al Paese nello spirito del cambiamento. La tesi di “tutti contro tutto” potrà piacere a livello discorsivo, ma la realtà nazionale non è, certamente, quella. Insomma, non è tanto una questione di “maggioranza” o di “opposizione” che ci preoccupa. Siamo alla ricerca di volti nuovi con idee differenti per uscire dal tunnel della crisi. L’importante è, però, iniziare a comprendere qualche segno, pur se marginale, di progressivo miglioramento. Finita la “cura” Monti, la Penisola sarà più spartana, ma, almeno, scevra da quel complesso di concause che l’hanno portato sull’orlo della rovina.

Giorgio Brignola

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