Il discorso di Gesù sul divorzio è paradossale

“Io invece vi dico: chiunque ripudia la sua moglie, all’infuori del caso d’impudicizia la espone all’adulterio; e se uno sposa una donna ripudiata commette adulterio”. Così Gesù al versetto 5, 32 del vangelo di Matteo. E al 19,6: “Quello che Dio ha congiunto l’uomo non separi”. Peccato che gli apostoli non abbiano chiesto al Maestro: “Ma se è Dio a congiungere, come mai tanti matrimoni si rivelano sbagliati?”. Ma non è questo il problema che volevo affrontare. Nel Catechismo della Chiesa cattolica si legge: “Può avvenire che uno dei coniugi sia vittima innocente del divorzio pronunciato dalla legge civile; questi allora non contravviene alla norma morale”. E’ lecito quindi chiedersi: “E’ giusto che la persona innocente abbandonata, magari con figli, se trova una brava persona con la quale formare una nuova famiglia, vi rinunci per non essere considerata adultera? E’ giusto che la si condanni alla astinenza da ogni rapporto sessuale per tutta la vita? Infine: alla persona innocente che forma una nuova famiglia, è giusto negare l’Eucaristia?” Io credo che Gesù risponderebbe: “No, non è giusto”. Il discorso sul divorzio, infatti, è paradossale, così come lo è il discorso riguardo alla vendetta: “Se uno ti colpisce alla guancia destra, volgigli anche la sinistra” (Mt 5,39). E qui è Gesù stesso a dimostrare il paradosso. Infatti, al servo del sommo sacerdote che gli ha dato uno schiaffo, non porge l’altra guancia, ma gli dice seccamente: “Se ho parlato male, dimostralo. E se ho parlato bene, perché mi percuoti?” (Gv 18,23).
Elisa Merlo

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