“E’ grave la decisione di rinviare di altri due anni il rinnovo di COMITES e CGIE. In Parlamento il Governo si apra al dialogo”

Non è facile trovare parole giuste per commentare la notizia diffusa dal Ministero degli Esteri sull’ulteriore rinvio di due anni del rinnovo dei COMITES e del CGIE, deciso con decreto dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro Terzi. La prima cosa che viene da dire è che ci troviamo di fronte ad un atto di inaudita gravità.

Si tratta del terzo rinvio nel giro di tre anni. Per quanto ci riguarda, riaffermiamo che siamo pienamente consapevoli delle pesanti difficoltà di ordine finanziario che il Paese attraversa e, quindi, dei condizionamenti che pesano sull’Amministrazione nel momento in cui si tratta di reperire i fondi necessari. Tuttavia non possiamo accettare una decisone basata su motivazioni in parte false e in parte pretestuose. E’ falso, infatti, che ci sia stata consultazione con gli organismi di rappresentanza e, tanto meno, consenso da parte di questi ultimi. Le prese di posizione contrarie al rinvio assunte in più occasioni da COMITES e CGIE semmai avrebbero dovuto consigliare il contrario di quello che si è deciso. E’ falso ancora che vi siano risultanze di dibattiti parlamentari orientati in questo senso, poiché l’orientamento degli eletti all’estero di diverso schieramento è invece largamente contrario al rinvio.

E’ pretestuoso che per votare si debba attendere la riforma di questi organismi, per altro molto contrastata nella versione giacente alla Camera, tanto più che il Governo, appena qualche mese fa, ha accolto un ordine del giorno che lo impegnava a svolgere le elezioni entro il prossimo autunno. Oltre che un pretesto, è quasi una minaccia portata alla loro sopravvivenza l’affermazione di perseguire la “razionalizzazione” della spesa relativa al funzionamento di questi organismi, il cui finanziamento è stato già ridotto a meno della metà di quello storicamente consolidato. E’ ancora pretestuoso che si debba procedere al rinvio per adottare nuove modalità di espressione di voto, perché sarebbe bastato aprire con chiarezza in sede parlamentare il confronto su queste ipotesi per arrivare a soluzioni di largo consenso.

Non si può risparmiare sulla democrazia, non si può svuotare il ruolo di organismi incardinati nella legge, che per altro in questo momento possono avere una funzione di grande aiuto per gli interessi internazioni dell’Italia.

Ci auguriamo che in occasione della conversione del decreto in legge, il Governo e il Ministro Terzi dimostrino quella apertura e quella disponibilità al dialogo con i parlamentari e con gli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero che sono del tutto mancati nell’assumere una decisione così delicata.

Bucchino, Farina, Fedi, Garavini, Narducci, Porta

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