Due libri recenti, recensiti per politicamentecorretto

APPUNTI DI STORIA CALABRA. DUE TESTI RECENTI.

1-Piccole memorie di un quarantennio. Veloce, non sempre amico.

Il regista parigino (ma nizzardo per temi, ispirazione e vocazione) Jean Vigo sosteneva che quando si smettono di frequentare i bassifondi si perdono di vista i grandi traguardi. Probabilmente, il regista nizzardo aveva ragione. Questa osservazione vale per gli individui e la loro ricerca di bellezza, introspezione, libertà di coscienza; vale, ancor più, per le istituzioni culturali, giuridiche, religiose.
L’abituale rappresentazione della vita parrocchiale, per i laici, sta a metà tra il lento riproporsi di ritualità, abitudini, insoddisfazioni e il risentire, più o meno gravemente, di quanto avviene nei tessuti cittadini.
Al di là di questo sentimento di necessaria autocritica, che deve rivivificare le esperienze personali e spirituali, scavalcando le mille affiliazioni, appartenenze e convenzioni della piccola città, “Il mosaico di una comunità. Un viaggio nella parrocchia “Madonna di Pompei” di Catanzaro nei suoi 40 anni di storia”, dell’amico Luigi Guzzo, per i tipi de La Rondine (2012), è uno dei tanti generosi passi dell’autore per recuperare il filo di una certa memoria continuativa e durativa della città, svelandone il bello, i percorsi, le piccole comunità in corso di avvicendamento, crescita, apprendimento.
Quanto alla parrocchia di riferimento di cui parla Guzzo, è evidente lo spirito, nonché il desiderio, di riarticolarne la vicenda concreta e anche le iniziative, i momenti conviviali, gli spazi d’apertura inter-religiosa, ecumenica e inter-culturale, nella prospettiva del Concilio Vaticano II e del respiro innovatore che aveva impresso nelle vicende ecclesiastiche.
Ma la rassegna tiene molto sul diario, sull’album di famiglia di foto, di aneddoti e anche episodi inconsueti -curiosa la parte sulle nuove tecnologie, sulle riviste e gli spazi web che hanno interessato la parrocchia, interessanti le osservazioni sugli obiettivi delle varie realtà associative di quartiere.
Anche per questo il libro si legge bene e con merito, si legge cercando una memoria piccola, circoscritta nei tempi e nei luoghi, ma memoria di fatti, luoghi e persone che han saputo cambiare in meglio la vita della loro comunità. Fosse solo per questo, gli auguri sarebbero più che meritati.

2-Aprile le nostre menti… Appunti dal XII Secolo

La religiosità popolare cosentina somiglia più a un’antropologia del corpo e della liberazione che a una liturgia che risponde a comandi: basti pensare alla devozione per la Madonna del Pilerio, nelle cui celebrazioni si scarica per i vicoli della città lo spirito più autentico del rifiuto dell’oppressione, della ricerca di giustizia, della socializzazione fisica dell’esistere, anche avverso e attraverso le sofferenze. I Cosentini nei secoli hanno ritenuto che la Madonna del Pilerio caricasse su di sé, sulla propria persona più che sulla propria icona, i mali che altrimenti avrebbero continuato ad affliggere la città (i terremoti, le pestilenze). Non appaia strano, allora, che la provincia di Cosenza sia, complessivamente considerata, non solo luogo di nascita, ma specialmente territorio d’azione, di uno dei più interessanti e liberi teologi della storia ecclesiastica del XII secolo: Gioacchino da Fiore, tradizionalmente mal visto da alcune “sensibilità” che erano forti in quella cultura cristiana, da alcuni decenni al centro di un più meditato ripensamento e, si spera, di una possibile, definitiva, rivalutazione e rivisitazione (lo si augura ancor di più, ovviamente, dal punto di vista culturale, etico, politico, prima ancora che da quello esclusivamente religioso). Una pubblicazione recente, Approccio alla personalità ed al pensiero di Gioacchino da Fiore, di Maria Francesca Caravona, Pubblisfera Edizioni (2012), si pone nell’ottica di contribuire al dibattito in corso, anticipandone alcuni dei motivi, senza tralasciare ovviamente un resoconto, biografico e bibliografico, sulle vicende per cui sembra più stabile la storiografia. Gioacchino da Fiore anticipa moltissimi temi, che, per rivoli sotterranei delle teologie ufficiali, colpiscono ancora oggi per impegno riflessivo e d’analisi, nonché per brillantezza delle tesi esposte. Chi scrive guarda con enorme interesse al tema dei rapporti non solo con l’Ebraismo, in una visione etnico-religiosa anche oggi maggioritaria, quanto piuttosto col portato autentico e non da temere del patrimonio concettuale e culturale ebraico; nonché, trovandone diffusa consonanza in numerose parti del testo in commento, rivendica la necessità di un più sereno e partecipe approccio critico-ermeneutico all’Apocalisse. Furono anche personalità come l’Abate da Fiore a gettar le basi per una teoria giuridico-politica dell’antiautoritarismo e dell’antitotalitarismo, per una visione dialogica -e non solo diacronica- degli ordinamenti confessionali, per una vita di Chiesa al servizio degli uomini, non di poteri e idee del potere. Di queste tesi nel libro della Caravona v’è più che una traccia.

DOMENICO BILOTTI

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