Pianeta America: 15%. Gli USA del primo mandato di Obama

HOUSTON, Texas – Nel giorno in cui gli ispanici d’origine messicana festeggiano la ricorrenza del cinque di maggio l’allegria dei party, delle libagioni, delle bande mariachi riesce a fare passare al secondo posto solo momentaneamente le apprensioni e le paure legate ad un periodo di depressione economica che continua a protrarsi nel tempo e che non mostra ancora chiari e solidi segni di ripresa. Mentre in Europa ed in Italia si discute e si urla sul problema dei poveri vecchi e nuovi in America, secondo le ultime stime, un po’ più del quindici percento della popolazione si trova al di sotto del livello di povertà.

Le problematiche poste da questa situazione, frutto dell’economia globalizzata, sono le stesse. Anche gli Stati Uniti non stanno crescendo come si sperava e non stanno investendo di più nella direzione giusta. Sui due lati dell’Atlantico, per l’ossessione paranoica d’evitare il default, ci si dedica a tempo pieno all’identificazione dei possibili settori nei quali effettuare tagli “salvifici” della spesa pubblica, atti ad alleviare il macigno del debito.

Una cosa e’ certa: in un periodo di recessione o, meglio, di depressione economica le spese che non dovrebbero tagliarsi, se veramente si vuol ritornare a crescere, sono quelle dedicate all’istruzione dalla quale poi parte quell’innovazione e quel recupero verso cui tutti puntano e che tutti, almeno nelle dichiarazioni, auspicano. Questo e’ quanto nel Belpaese, tanto i tecnici del governo Monti che i super-tecnici ultimamente arruolati di rincalzo, dovrebbero tener presente e meraviglia che, in un esecutivo con a capo un “Professore”, queste proposte trovino spazio e vengano accettate a cuor leggero.

Negli USA, intanto, gli insegnanti allarmati per lo stesso motivo dei loro colleghi italiani, fanno notare alla politica che in un periodo critico come quello attuale fare abbattere la scure dei tagli su programmi scolastici e di ricerca che contengono il seme della ripresa e’ semplicemente suicida. Nell’economia del mercato globalizzato questi, sono gli unici in grado di combattere l’agguerrita concorrenza straniera dei paesi emergenti e che, in controtendenza, non fanno altro che investire nella formazione universitaria e scientifica delle nuove generazioni. Cinesi ed Indiani, che ora si trovano ad essere protagonisti in interi settori strategici come quello dell’informatica, hanno fatto intelligentemente investimenti a lungo termine e, chi e’ già preoccupato adesso dell'aggressività della loro concorrenza, farà bene a stare attento ancora di più per ciò che ci riserba il futuro dietro l’angolo di questa difficile congiuntura.

Per Obama, che cerca disperatamente di restare in sella anche dopo le presidenziali di Novembre, rimane il problema di fare in modo che verso la fine del suo primo mandato gli Americani abbiano la sensazione netta che si sia verificato qualcosa di consistente nel recupero economico ed, in questo momento, il suo nemico peggiore non e’ tanto Mitt Romney quanto l’alto livello di disoccupazione che e’ presente ancora nel paese dopo un timido accenno di miglioramento.

Gli alti e bassi nelle stime delle indagini statistiche s’alternano e dalla speranza si ripiomba nel pessimismo. Il problema e’ quello non solo di creare nuovi posti di lavoro ma anche di fare levitare ad un livello decente ed accettabile il minimo salariale che dovrebbe essere portato almeno a dieci dollari l’ora. Questa eventualità e’ considerata necessaria e logica non solo se si vuol fare risalire a livelli vivibili d’esistenza molta gente che lavora ma, anche, per incentivare i consumi sui quali si basa poi la crescita economica che e’ invocata ovunque. Sembra lapalissiano ma, quando gli imprenditori italiani si suicidano o quelli americani chiudono bottega, e se possono la vanno ad aprire in Cina, c'è qualcuno che s'è posto mai la domanda di chi dovrebbe comprare i loro prodotti se poi i propri connazionali non hanno soldi in tasca da poter spendere?

L’industria, la produzione di beni di consumo presuppone che consumatori che vogliano e possano comprare questi beni ci siano. Al momento in cui, pero’, si riducono gli stipendi fino all’osso, quando la massa della gente deve rinunciare a tutto, dovendo lottare persino per la stessa sopravvivenza, il circolo virtuoso capace di portare al recupero ed all’uscita della depressione non solo s'è inceppato ma s'è addirittura obliterato impedendo che la ripresa si verifichi anche per il futuro. Questo e’ quanto si discute in ambienti accademici in America e quanto i tecnici che tagliano e tartassano dovrebbero ricordare in Italia ed in Europa.

Infrastrutture, istruzione, ricerca e creazione di posti di lavoro che, a sentire specialmente gli analisti del settore e gli studiosi dei problemi economici, dovrebbero essere le priorità assolute negli Stati Uniti, sono pure da tempo nel mirino del presidente uscente che era partito con la promessa di realizzare un cambiamento rispetto ai danni che erano stati arrecati dall’amministrazione precedente.

Adesso, nel breve termine, si dovrà vedere se gli e’ rimasto abbastanza tempo, mentre i suoi avversari cercano di togliergli anche i meriti che ha avuto come quello d’eliminare Bin Laden, per riuscire a puntare nella direzione giusta. Obama dovrà far capire agli Americani disoccupati a quelli che stanno peggio ed a quel 15% di poveri che ha messo in moto l’auspicata svolta nel recupero economico del paese e che e’ logico che la porti avanti nel corso del secondo mandato al quale aspira.

RO PUCCI

05 / 05 / 2012

I-AM, HOUSTON, TEXAS

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