Quest’anno un 25 aprile più stretto

Quest’anno la commemorazione romana del 25 aprile sarà un fatto quasi interno dell’ANPI. I quotidiani anticipano: le istituzioni pubbliche, Regione, Provincia e Roma Capitale non saranno presenti all’Altare della Patria ed a Porta San Paolo dove popolo e forze armate si batterono contro i tedeschi. Negli anni scorsi con fischi e lancio di verdure varie una parte dei presenti aveva contestato il sindaco di Roma e la presidente della Regione Lazio. Una circostanza questa che l’Anpi intende evitare il 25 aprile 2012. “Evitiamo le contestazioni che ci sono state negli anni passati” avrebbe dichiarato- stando al Corriere della Sera- Mario Bottazzi. “Crediamo che le celebrazioni non siano gradite a Alemanno e Polverini” avrebbe aggiunto Ernesto Nassi.
Il tono e la sostanza delle dichiarazioni colpisce particolarmente per l’intenzione di escludere più che di includere. C’è da domandarsi se la decisione alla base delle dichiarazioni, che sarebbe stata presa a maggioranza, sia il modo più efficace per dare continuità a quei valori di democrazia e giustizia sociale per la cui instaurazione si sono battuti in armi o sono morti migliaia di uomini e donne.
Il 25 aprile è una pietra angolare nella edificazione delle nostre democratiche istituzioni. Coloro che pro tempore le rappresentano hanno non solo il diritto ma anche il dovere di partecipare alla giornata commemorativa (dovere costantemente evaso dal presidente del Consiglio Berlusconi). La sola presenza di una persona che, indossando la fascia tricolore o accompagnato da un gonfalone segnala così che la sua presenza è in rappresentanza dei cittadini e non a titolo personale, svolge presso le nuove generazioni una funzione educativa alla democrazia molto più di mille discorsi. Non a caso il sindaco di Milano sarà alla commemorazione nella sua città e non a caso lo era stato negli anni precedenti, accompagnata dal padre partigiano, il suo predecessore, la signora Moratti, pur consapevole delle probabili contestazioni poi verificatesi .
Troppo semplicistico a questo punto dire che comunque “chiunque si riconosce in questi valori può venire al corteo che è aperto agli antifascisti ed ai democratici”.I valori rappresentati dal 25 aprile sono diventati con la Costituzione i valori alla base del patto di convivenza di tutta la società italiana. Il 25 aprile è patrimonio di tutti gli italiani. Nel tempo coloro che non vi si riconoscevano sono diventati, via via, una fisiologica insignificante minoranza. Oggi possiamo dire che unanime è il riconoscimento dell’origine della nostra libertà nella scelta dell’insurrezione e del moto popolare di rivolta. Un 25 aprile più stretto è un precedente che sa di vecchio, che non deve diventare regola, un 25 aprile senza le istituzioni è una memoria non totalmente condivisa ed un passo indietro.
Un passo indietro che fa più stretto il 25 aprile consiste anche nel voler riscrivere, per un utilizzo nel presente, la storia della Resistenza che fu invece pensiero ed azione di diversi protagonisti collettivi i cui apporti sono alla base del fecondo pluralismo d’idee confluito poi nella nostra Costituzione come ben evidenziato nella nota edizione della stessa commentata da Bobbio per gli alunni delle scuole. Il senatore a vita Oscar Luigi Scalfaro che fu magistrato attivo a cavallo del 25 settembre 1945 e, nell’ultimo periodo della sua vita, impegnato sostenitore della difesa della nostra Costituzione dai rischi di manomissioni, in un suo discorso,citatissimo in internet, affermava “nel presente occorrerebbe essere come nella Resistenza quando eravamo insieme comunisti, liberali, cattolici e monarchici….” Non avendo nell’oggi simpatia per i socialisti il senatore decise semplicemente di rimuoverli dalle vicende della Resistenza. Singolare rimozione di un magistrato che non aveva trovato sconveniente, diversamente da Benedetto Croce, giurare fedeltà al regime fascista ed essere attivo funzionario dello stato nella Repubblica Sociale nello stesso periodo in cui le Brigate Matteotti, insieme alle altre formazioni partigiane, operavano in armi sul territorio nazionale e molti di quelli che per lui non sono esistiti da Bruno Buozzi, a Pertini, a Riccardo Lombardi, da Aniasi ad Achille Lordi, da Fernando Santi a Eugenio Colorni , da Piero Boni a Giuliano Vassalli, socialisti,combattevano e morivano da socialisti per la libertà di tutti gli italiani.
Rino Giuliani vicepresidente dell’Istituto Fernando Santi
(santinews)

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