DOCUMENTO POLITICO PER L’ASSEMBLEA NAZIONALE DELLA LEGA DEI SOCIALISTI del 21.04.2012

DI MANUEL SANTORO E MARIO MICHELE PASCALE.

Le crisi di sistema susseguitesi nei decenni a causa dell’evolversi di incontrollati cortocircuiti dei processi finanziari hanno prodotto un indebolimento globale delle società occidentali, dei loro modelli di sviluppo e di welfare, compromettendo le prospettive di lungo periodo dei tessuti produttivi.

I modelli dominanti di organizzazione economica, politica e sociale hanno percorso e percorrono le direttrici della disuguaglianza sociale nei popoli e tra i popoli, creando e successivamente difendendo a livello politico ed ideologico una disparità amorfa e sistemica figlia di una studiata filosofia hyper-monetaristica, costruendo intorno ad essa un consenso finalizzato alla salvaguardia e continuità dei poteri finanziari.

Esaminando l’ultima crisi del 2008 si riconosce immediatamente un intrinseco cambiamento di sistema che lentamente scivola nelle profondità dei processi economici e sociali modificandone i tratti nevralgici.

Tale cambiamento si esplicita sia attraverso i danni di struttura provocati da un susseguirsi di shock di mancanza di liquiditàa cui le politiche monetarie hanno e stanno continuando a far fronte curando la peste con un’aspirina, sia nelle modifiche dei regimi di fiscalità, di produttività e di economia reale, tesi a rastrellare la liquidità reale. Questo rastrellamento avviene attraverso una tassazione quantitativa e non qualitativa, ovvero tesa a colpire le masse con redditi medio bassi e non i patrimoni. Il tutto in ossequio a politiche neo-conservatrici di stampo liberista le quali tendono ad un graduale indebolimento delle protezioni sociali conquistate. E’ indubbio che l’impatto di questa crisi sul tessuto produttivo, sull’economia reale e sui comportamenti sociali sia l’effetto di una chirurgica ed autonoma autoregolamentazione del sistema finanziario e bancario multinazionale, le cui politiche egocentriche ed egoistiche vengono calate a livello nazionale attraverso l’ormai docile strumento della politica e l’avvallo di partiti grandi e piccoli, di destra e di sinistra ma accomunati da un aspetto moderato, neo-centrista e conservatore.

Siamo di fronte alla mancanza cronica, da parte dei soggetti politici e delle classi dirigenti, di proporsi e proporre un progetto politico di lungo periodo che coinvolga la società civile, tutta, ad un dialogo per il futuro. E’ evidente che il nodo principale da risolvere oggi, per noi, è l’incapacità della politica, di sinistra e di stampo socialista, di delineare un percorso di rottura rispetto a schermi pensati e messi in opera dalle forze conservatrici del pianeta. Forze che, in politica, riprendono pedissequamente i dettami della grande finanza e dei grandi istituti bancari, ormai globalizzati e transazionali nei processi, capaci di scavalcare le diverse regole nazionali e le deboli regole internazionali.

La politica, quindi, deve riacquisire dignità, coraggio e solidarietà per rompere le catene del degrado sociale ed umano del nostro presente e futuro, e proporre una alternativa che sia punto di incontro, da una parte, ed opportunità politica, dall’altra. Una alternativa che sia socialista, nel senso più nobile del termine, ed abbracci tutti coloro che hanno la determinazione di costruire una sinistra, la sinistra, di lotta e di governo in Italia ed in Europa.

Proprio in Europa bisogna cambiare registro. E’ paradossale, infatti, come a 13 anni dall’entrata dell’euro nelle nostre vite, i 10 Paesi che hanno mantenuto la moneta nazionale abbiano mostrato, negli anni, dati economici positivi rispetto ai 17 aderenti alla moneta europea. E’ altresì paradossale come l’introduzione dell’euro sia avvenuta tra Paesi tendenzialmente egoistici delle proprie priorità nazionali senza, quindi, un reale processo di sintesi dei processi economici e finanziari verso forme più europeizzanti e solidali di cooperazione sociale.

L’Europa, oggi, è divisa in due blocchi: i pro-stabilità dei prezzi (i forti) ed i pro-crescita (i deboli). Divisione, questa, prodotta essenzialmente dagli effetti destabilizzanti sulla moneta unica che il modello neo-mercantilista di crescita della Germania produce a livello economico e sociale. E’ indubbio che la Germania abbia avuto sino ad oggi grandi vantaggi dalla moneta unica ed è altresì indubbio che il blocco dei salari e del mercato interno del Paese e, contemporaneamente, l’espansione dell’export, abbiano contribuito ad un vorticoso peggioramento dei dati economici dei Paesi deboli. La ricerca costante della stabilità dei prezzi da parte della Germania, infatti, cozza con la ricerca della crescita da parte dei Paesi deboli, inclusa l’Italia, i quali non hanno strumenti per contrastare l’invasione dell’export tedesco essendo legate dal vincolo comunitario della moneta unica.

L’elevato e competitivo export tedesco svilisce, così, la competitività delle aziende dei Paesi deboli. Questo causa una diminuzione della domanda interna a cui segue una diminuzione della produttività dei prodotti interni, un aumento considerevole della disoccupazione, una diminuzione dei redditi e, quindi, delle entrate fiscali e, a parità di uscite, un aumento del debito. Per fare fronte alle necessità di bilancio gli stati aumentano la tassazione, aumentando la tassazione impoveriscono i redditi che, a loro volta, non sono in grado di stimolare la domanda interna. Le necessità tedesche costringono i paesi deboli a vivere all’interno di un circolo vizioso fatto di costante impoverimento.

Risolvere il problema del debito non significa solo quanto ripagare. Significa soprattutto come ripagare. Se il debito pubblico dei Paesi deboli tende ad aumentare, al netto delle manovre correttive e con una assenza di crescita economica, allora il nocciolo del problema è risolvere il conflitto tra i due blocchi d’Europa. Conflitto destinato a protrarsi pericolosamente per anni, a meno che la politica non prenda coraggio e si assuma la responsabilità di evolversi verso forme sempre più integrate e condivise di azione.

Il Governo Monti è completamente coinvolto in questo scenario apocalittico, avendo l’Italia altri interessi rispetto alla Germania. Nello specifico, l’interesse della crescita economica, ora più che mai, risulta fondamentale dopo manovre di austerità e di compressione della domanda. Il Governo Monti è altresì complice non riuscendo a sviluppare politiche in linea con le necessità del paese e a svincolarsi dalla subalternità alle politiche di tassazione, compressione dello sviluppo e subalternità alla finanza.

CENNI SU ALCUNI ASPETTI DI STRUTTURA

Sono essenzialmente tre i filoni di analisi ed intervento su cui la politica dovrebbe cimentarsi, sia a livello nazionale che europeo ed internazionale, rimandando al mittente il dominio dei tecnocrati non eletti. La politica fiscale, le contromisure da adottare contro gli effetti della globalizzazione in atto e la politica monetaria.

La politica fiscale è, forse ancora per poco, ancora in mano alle politiche nazionali. E’ ancora il corpo politico, nel bene o nel male, a poter decidere sulle politiche di ridistribuzione del reddito. Più complesso, invece, è il tema che riguarda le contromisure da implementare in campo internazionale e in politica monetaria. Su questi fronti la politica ha già perso molte battaglie.

Nel primo caso, ci riferiamo al ruolo di organi sovrannazionali pseudo-politici totalmente da ripensare quali l’Organizzazione Mondiale del Commercio, la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale. Un importante cenno di reazione “comunitario”, invece, ci è stato dato nel 2003 alla Conferenza Ministeriale del OMC di Cancun in cui si è deciso l’accantonamento definitivo dell’Accordo Multilaterale sugli Investimenti, proposto dall’OCSE, a seguito della forte opposizione dei paesi in via di sviluppo e delle organizzazioni non governative. Accordo che stabiliva un nuovo paniere di leggi globali sugli investimenti, che garantiva alle multinazionali il diritto e la libertà incondizionata di comprare, vendere e compiere operazioni finanziarie ovunque, senza alcuna regolamentazione governativa e che non prendeva in considerazione i doveri degli investitori ma si preoccupava solo di estendere i loro diritti. Non vi era, inoltre, alcuna seria considerazione dei principi di protezione ambientale (Rio 1992) e di sicurezza sociale, che comparivano solo come dichiarazioni di principio non vincolanti. Questo evento è passo importante della storia dell’umanità in quanto ci porta a sperare nella fattibilità di una politica di coesione e solidarietà sociale, ambientale e sostenibile, in altre parole socialista, contro gli interessi dei poteri forti del pianeta, troppo spesso con la collusione della politica.

L’azione socialista, infatti, porta a modelli localistici ed umanisti dell’economia e dei suoi processi. L’azione socialista ha il compito di sopprimere la prepotenza e l’arroganza del grande capitale economico, finanziario e bancario e, contemporaneamente, valorizzare la strutturazione di una economia a misura d’uomo.

Nel secondo caso, ci riferiamo all’analisi dei processi di politica monetaria da cui emerge la necessità, per la politica, di focalizzarsi sul ruolo delle banche centrali e commerciali. La leva monetaria è in mano alle banche centrali le quali influenzano gli atteggiamenti macroeconomici delle società tramite l’innalzamento o l’abbassamento dei tassi d’interesse oppure, nei casi di carenza di liquidità, tramite l’immissione di moneta nel sistema economico in cambio di debito pubblico. Uno spropositato aumento dell’offerta di moneta che viene prestata, e quindi messa in circolazione, attraverso il mercato primario/secondario in cambio di debito pubblico. Debito che, a crescita costante, non può che essere ripagato, con relativi tassi d’interesse sul capitale, da un mix più o meno equilibrato tra 1) taglio alla spesa, 2) aumento della tassazione, 3) vendita di bene pubblico, 4) nuovo debito. Tutte scelte ovviamente al ribasso per la collettività.

La struttura del sistema monetario, di certo, è un insieme di regole ed atteggiamenti in divenire, chiare al suo interno, la cui evoluzione ed espansione nel tempo ha inglobato un numero maggiore di Paesi e, quindi, di popoli causando la traslazione di modelli sociale e culturali verso forme più egoistiche ed oligarchiche.

Il modo aggressivo in cui tale struttura opera è sistemico, culturalmente assimilato, globalmente accettato e perseguito. La struttura del sistema monetario, oggi globalizzato, è lo strumento grazie al quale il grande capitale bancario e finanziario detta le sue regole.

DIREZIONE POLITICA

Nella storia dell’umanità si ricorderà come l’uomo, oggi, stia perdendo la sua lunga lotta per la libertà. Si specificherà come alcuni uomini siano riusciti a guidare l’evoluzione del capitalismo verso forme esasperate ed esasperanti di finanza schiavizzante. Si specificherà come questi uomini siano riusciti a coercizzare l’animo e la mente di centinaia di milioni di altri uomini imponendo loro una pacifica e consenziente schiavitù di massa improntata nel quotidiano ricatto della fame e dell’indigenza. Nella storia dell’umanità si ricorderà, inoltre, quello che sarà; come la struttura economica che ci sostiene va ed andrà modificandosi. Si ricorderà, infine, la pochezza e la latitanza del riscatto umano, faro di tutte le opposizioni, alla costante radicalizzazione di nuove forme di schiavitù.

Dall’analisi fatta nelle pagine precedenti è evidente come ci sia bisogno di una sinistra forte in Italia, in Europa, nel mondo. Una sinistra socialista che sia aperta, inclusiva, democratica, meritocratica ed accogliente di tutte quelle idee, idealità e programmi che sorgano nel nome della libertà, dell’eguaglianza e della giustizia sociale. Un socialismo radicalmente riformista: rivoluzionario. Un socialismo che sappia valorizzare e perseguire con saggezza un ancoraggio forte con i cittadini, con le comunità, con la società intera nei suoi mille rivoli. Un socialismo che sappia ricercare costantemente un rapporto privilegiato con la base, e dalla base, comprendere i problemi ed i bisogni reali della società. Un socialismo attento alle problematiche dell’economia e del lavoro e che ricerchi sempre l’unità sindacale, unica barriera di protezione per i lavoratori.

In Italia, la sinistra deve avere un punto di riferimento socialista forte, al momento mancante. Un punto di riferimento capace di soppiantare il cattocomunismo alleato dei poteri forti. E’ in questo quadro che la Lega dei Socialisti può giocare un ruolo importante di attrazione, coesione e sintesi di tutte le anime del socialismo italiano fuori dal solco neo-liberista, e, di conseguenza, proporsi come soggetto politico autonomo, socialista, al servizio dei deboli del mondo.

E’, oggi, necessario nel nostro Paese un polo marcatamente socialista, alternativo, che supplisca all’attuale azione degli eredi ufficiali del socialismo, molto più a loro agio con le parole d’ordine del centro moderato o della destra e con le loro pratiche politiche, che con la nostra tradizione.

La Lega dei Socialisti ha tante strade davanti a se; l’evolversi degli eventi renderà chiaro il percorso più proficuo da intraprendere. Non è da escludere la forma partito, nel nome “Socialista”, che si prenda, anche con forza, la bandiera e la storia di 120 anni di battaglie per la libertà e la giustizia sociale.

Alcuni punti, però, il soggetto politico Lega dei Socialisti dovrà affrontare. Punti programmatici squisitamente di struttura da proporre per una convergenza a sinistra:

1) La creazione di denaro, elettronico o cartaceo, e la sua emissione, tramite prestito, nel ciclo economico deve avvenire attraverso istituti a partecipazione pubblica. Se tale compito è affidato, come oggi, alle rispettive banche centrali, esse devono essere a partecipazione pubblica (100%). In questo modo, la differenza tra il valore nominale della moneta stampata ed emessa ed il valore prestato andrebbe a beneficio della collettività. Compito della politica sarebbe quello di una corretta ridistribuzione dei vantaggi nella società.

2) Ne seguirebbe, un ripensamento del ruolo antisociale del tasso di interesse nell’economia moderna, soprattutto alla prima emissione di moneta. Oggi, infatti, il prestito di moneta attuato dalle banche centrali in cambio di debito tramite il mercato primario e secondario viene aggravato da un tasso d’interesse che, in realtà, non è ripagabile in quanto mai emesso. Simile discorso vale per le banche commerciali, le quali, svolgendo una funzione di deposito (con tassi di debito verso i clienti-prestatori) ed una funzione creditizia (con tassi di credito con cui presta moneta), fanno profitto/perdita sulla differenza tra le due funzioni. Da valutare sarebbe l’utilità prettamente sociale, e non privatistica, dell’istituto bancario la quale (utilità) renderebbe la ricerca del profitto un controsenso.

3) Solo a valle di modifiche di struttura di tipo monetario come riportato nei punti 1) e 2), nuove politiche di espansione della spesa pubblica massimizzerebbero il ritorno per la collettività, in quanto scevri dal cappio del metodo del debito. Premettendo che le politiche di espansione della spesa pubblica sono, per principio, auspicabili e necessarie per la qualità dell’esistenza della collettività, è altresì evidente che un suo incremento aumenterebbe il debito il quale può essere bilanciato tramite a) lo stimolo derivante sulla crescita economica oppure b) finanziato con un mix più o meno equilibrato tra taglio alla spesa, aumento della tassazione, vendita di bene pubblico, nuovo debito.

4) Nell’ottica di evitare il più possibile l’indirizzo indicato dal punto 3b) ed incamminarci lungo il punto 3a), un ripensamento dell’idea fondante del ruolo di organismi internazionali, come l’OMC, andrebbe rivisto affiancando al libero scambio di merci e servizi quello dei diritti. “Libero scambio di merci e servizi a parità di diritti del lavoro e dei lavoratori”. In altre parole, il libero scambio di merci e servizi deve prevedere la parità di condizioni lavorative tra i vari stati membri. Questo approccio eviterebbe l’accentuarsi dei processi di cinesizzazione in atto nei Paesi con diritti sul lavoro più evoluti, ed permetterebbe una equa competizione internazionale con l’annullamento de facto dei processi di delocalizzazione. Di fatto, andremmo verso un aumento rilevante della crescita economica, in Italia ed in Europa.

5) Infine, dovrebbe essere compito di una forza socialista e della sinistra intera ricercare e sviluppare, nei territori, una economia a misura d’uomo che valorizzi il prodotto locale rifuggendo da un consumo di massa in mano ai grandi gruppi multinazionali.

ASPETTI DI ORGANIZZAZIONE

La Lega dei Socialisti non può e non deve essere più movimento di opinione ristretto a quadri ed intellettuali. Essa deve ricercare sia la contaminazione con la società, che trovare forme di diramazione e radicamento nei territori. Laddove possibile gli uomini e le donne della Lega dovranno entrare nelle dinamiche politiche locali ed ivi far crescere il germe del socialismo. Ambiente, qualità della vita, lotta alle lobby, ai potentati, diritti individuali e collettivi, dovranno essere i terreni privilegiati sui quali costruire il socialismo.

Il nuovo progetto di legge elettorale, ostativo delle rappresentanze e, di fatto, assassino dei piccolo partiti, lascia aperto lo spiraglio delle amministrazioni locali. Gli uomini e le donne della Lega dovranno ritagliarsi spazi autonomi ed essere presenti.

Il modus operandi delle singole Leghe dovrà trovare, sia a livello nazionale che locale, una cifra comune. A tale scopo, nel rispetto delle singole autonomie, è auspicabile che gli organi di governo dell’organizzazione discutano e prendano decisioni a scadenze regolari. Per fare questo è necessario un direttivo snello che abbia un luogo fisso dove riunirsi. Con questo vi è la necessità degli strumenti minimi di identità (bandiere, manifesti, striscioni, tessere) e degli strumenti minimi operativi (arredi, computer, telefoni, locali etc.). Queste due necessità, unite agli strumenti minimi di comunicazione sono conditio sine qua non per la prosecuzione dell’attività politica. Le mozioni, infatti, se non sono sostenute da idonea attività, se non sono comunicate urbi et orbi, se le operazioni non sono seguite con costanza ed impegno quotidiano, sono inutili. L’attività politica se basata sul solo volontariato, se perennemente in balia della mancanza di fondi e condotta dal tinello di casa rischia, per quanto sorretta da nobili idee e grandiose intenzioni, di ridursi a pratica onanistica. Non vi è politica senza organizzazione, non vi è organizzazione senza aver prima risolto il problema del found raising, ovvero della copertura economica.

ASPETTI DI COMUNICAZIONE

La comunicazione della Lega è stata esposta, fino ad oggi, proprio alle contraddizioni di cui si è parlato in precedenza. Più volte si è tentato di allestire un’azione coerente e di reperire risorse. Più di una volta si è fallito per mancanza di collegialità nell’assunzione delle responsabilità economiche. Per quanto possibile Marianne tv ha svolto la sua azione, incassando anche ottimi risultato sia a livello di contatti che di ricezione critica, stimolando riflessioni e dialoghi, anche aspri, ma sempre significativi. Questo è avvenuto grazie al lavoro volontario e al sacrifico dei compagni che si sono cimentati nell’impresa. E’ difficile, però, senza una sede, senza idonei strumenti tecnici, senza continuità nell’azione editoriale, fare di meglio. La Lega ha bisogno di una web tv al 100% delle sue potenzialità e non di sito web che brilla ad intermittenza. Per dare professionalità e continuità all’azione occorrono risorse economiche.

Lo stesso dicasi per le incombenze generali dell’ufficio stampa. La redazione di testi da sottoporre agli organi di informazione deve essere costante, pena la nullità degli sforzi, così come costante deve essere la tessitura di una rete di relazioni, senza la quale si è sempre degli estranei. Portare avanti queste incombenze senza una sedia dove sedersi, senza un computer, senza un telefono per pressare i giornalisti, senza la possibilità di dare regolarità alla propria azione è praticamente impossibile.

La comunicazione (al pari dell’organizzazione) è un fatto che implica continuità e professionalità. Non si va i battaglia senza armi. Le armi della Lega sono l’organizzazione, il radicamento territoriale e la comunicazione.

CENNI SUL FINANZIAMENTO

La Lega ha bisogno di denaro. Lo scopo collettivo e la natura democratica del sodalizio impongono che le necessità economiche vengano coperte dalla totalità degli aderenti. Questo non vuol dire che la Lega non debba accettare donazioni volontarie una tantum, ma che non può vivere solo ed esclusivamente sulle spalle di pochi iscritti. Sarebbe un errore politico, democratico ed economico. Ogni socio deve farsi carico della sopravvivenza della struttura; le spese vanno ripartite tra la totalità dei tesserati. Accanto ad una tessera annuale, il cui costo dovrà essere poco più che simbolico, onde favorire nuove adesioni, gli aderenti dovranno sobbarcarsi una quota mensile che andrà equamente divisa tra Leghe locali e Lega nazionale.

Si raccomanda una quota di euro 10,00 per il tesseramento ed una quota di euro 15,00 mensili.

Accanto a questa base andranno allestite forme creative di autofinanziamento e found raising sia della Lega nazionale che delle leghe locali.

Manuel SANTORO
Mario Michele PASCALE

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Appendice 1: UN ESEMPIO DA CUI PARTIRE

La totale impotenza dei rappresentanti delle varie cittadinanze europee nel decidere le politiche monetarie più utili per la collettività ci pone il problema di come la politica abbia permesso a forze estranee all’alveo politico il proprio esilio. I seguenti punti costituiscono il fulcro sul quale l’azione socialista è più bisognosa.

PUNTO N.1

Il Principio dell’indipendenza della Banca Centrale Europea (BCE), e delle Banche Centrali nazionali (BCN), nello svolgimento della politica monetaria comunitaria, viene garantito dal seguente Articolo:

Articolo 107 (TRATTATO DI MAASTRICHT – Trattato sull’Unione Europea Gazzetta ufficiale n. C 191 del 29 luglio 1992)

Nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente trattato e dallo Statuto del SEBC (Sistema europeo di banche centrali), né la BCE né una Banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai Governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i Governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle Banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti.

PUNTO N.2

Diritto esclusivo da parte della BCE di emissione di banconote nella zona Euro. Questo significa che la BCE (solo) percepisce il profitto tra il valore nominale della moneta stampata, e poi prestata, ed il suo valore tipografico. Profitto che aumenta in quanto la BCE percepisce interessi sul valore nominale (e non tipografico) quando presta banconote in cambio di Titoli di Stato. Sia dal mercato primario che secondario. Questo è l’Articolo:

Articolo 105 A (TRATTATO DI MAASTRICHT Trattato sull’Unione Europea Gazzetta ufficiale n. C 191 del 29 luglio 1992)

1. La BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità. La BCE e le Banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla BCE e dalle Banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nella Comunità.

2. Gli Stati membri possono coniare monete metalliche con l’approvazione delle BCE per quanto riguarda il volume del conio.

PUNTO N.3

La Banca Centrale Europea viene diretta dai Governatori delle Banche Centrali nazionali e da un Comitato esecutivo. Le Banche Centrali nazionali sono anche esse indipendenti anche se pochissimo si riesce a sapere sulle partecipazioni (pubbliche o private) di queste banche tranne che in alcuni casi (vedi Banca d’Italia le cui quote di partecipazione al suo capitale sono per il 94,33% di proprietà di banche e assicurazioni private).

Però, almeno, possiamo riportare quanto segue:

“La Deutsche Bundesbank fu, tra l’altro, la prima delle banche centrali a cui fu riconosciuta piena autonomia, per quel che riguarda sia gli strumenti che gli obiettivi, tanto da far parlare di “modello Bundesbank” in contrapposizione al “modello neozelandese”, nel quale gli obiettivi (ad esempio il controllo dell’inflazione) sono fissati dal governo.”

La Banca Centrale della Nuova Zelanda non ha partecipazione privata. Secondo quanto riportato sul sito web della Banca, essa non ha azionisti ed appartiene, quindi, al 100% al Governo della Nuova Zelanda.

Stessa cosa dicasi per la banca Centrale della Norvegia: “Norges Bank is a separate legal entity owned by the state” (La Banca Centrale norvegese è una entità legale separata appartenente alla Stato).

Tornando alla BCE ed alla sua composizione:

Articolo 106 (TRATTATO DI MAASTRICHT Trattato sull’Unione Europea Gazzetta ufficiale n. C 191 del 29 luglio 1992)

Gli organi decisionali della BCE sono il Consiglio direttivo e il Comitato esecutivo.

Articolo 109 A (TRATTATO DI MAASTRICHT Trattato sull’Unione Europea Gazzetta ufficiale n. C 191 del 29 luglio 1992)

1. Il Consiglio direttivo della BCE comprende i membri del Comitato esecutivo della BCE nonché i Governatori delle Banche centrali nazionali.

2. a) Il Comitato esecutivo comprende il Presidente, il Vicepresidente e quattro altri membri.

b) Il Presidente, il Vicepresidente e gli altri membri del Comitato esecutivo sono nominati, tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario, di comune accordo dai Governi degli Stati membri a livello di Capi di Stato o di Governo, su raccomandazione del Consiglio e previa consultazione del Parlamento europeo e del Consiglio direttivo della BCE.

PUNTO N.4

Il capitale della BCE, che ammonta a 10.760.652.402,58 euro (dal 29 dicembre 2010), è sottoscritto dalle banche centrali nazionali (BCN) di tutti gli Stati membri dell’UE (appartenenti all’Euro (70%) e non (30%) vedi tabelle sotto).

Le quote di partecipazione delle BCN al capitale della BCE sono calcolate secondo uno schema che riflette il peso percentuale del rispettivo Stato membro nella popolazione totale e nel prodotto interno lordo dell’UE, due determinanti che incidono in pari misura. Sulla base dei dati forniti dalla Commissione europea, la BCE adegua i coefficienti di ponderazione con cadenza quinquennale e ogni volta che un nuovo paese entra a far parte dell’UE.

I profitti e le perdite netti della BCE sono distribuiti tra le BCN dei paesi dell’area dell’euro conformemente all’articolo 33 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea.

Questo significa che, nel caso dell’Italia la cui Banca Centrale è, come già detto, per il 94,33% di proprietà di banche e assicurazioni private (Intesa Sanpaolo S.p.A., UniCredito Italiano S.p.A., Assicurazioni Generali S.p.A., ecc.*), i profitti derivanti 1) dalla differenza tra il valore nominale della moneta stampata (e prestata) ed il valore tipografico e 2) dagli interessi sui prestiti (in valore nominale), vanno a beneficio di tali azionisti.

PUNTO N.5

In particolare, quindi, i profitti e le perdite seguono la seguente procedura:

Articolo 33 (PROTOCOLLO SULLO STATUTO DEL SISTEMA EUROPEO DI BANCHE CENTRALI E DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA)

Ripartizione dei profitti e delle perdite netti della BCE

33.1. Il profitto netto della BCE deve essere trasferito nell’ordine seguente:

a) un importo stabilito dal Consiglio direttivo, che non può superare il 20% del profitto netto, viene trasferito al fondo di riserva generale entro un limite pari al 100% del capitale;

b) il rimanente profitto (≥ 80%) netto viene distribuito ai detentori di quote della BCE in proporzione alle quote sottoscritte.

33.2. Qualora la BCE subisca una perdita, essa viene coperta dal fondo di riserva generale della BCE, e se necessario, previa decisione del consiglio direttivo, dal reddito monetario dell’esercizio finanziario pertinente in proporzione e nei limiti degli importi ripartiti tra le banche centrali nazionali conformemente all’articolo 32, paragrafo 5.


Manuel Santoro

Partito Socialista Italiano e Direttivo nazionale della Lega dei Socialisti

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